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Channel: THE MATRIX OF SYMBOLISM (FUORI DI MATRIX)
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Siddharta il destino e l'inconoscibile (Dio)

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Foto web;http://images.slideplayer.it/3/948193/slides/slide_12.jpg

Il mondo dell’illusione/delusione si basa su tre errati modi di considerare la realtà. Se si rimane emozionalmente legati a questi modi di pensare, allora tutte le cose del mondo esistono ma solo per esser negate.

Per prima viene la tesi di chi dice che tutta l’umana vicenda è prodotta esclusivamente dal destino o dalla fatalità; in secondo luogo, c’è chi sostiene con fermezza che ogni cosa è creata da Dio e controllata dal Suo volere; infine, altri ritengono che ogni fenomeno accada a caso senza che vi sia alcuna causa o condizione a determinarlo.

Se tutto fosse stato deciso una volta sola dal destino, se le azioni, le buone come le cattive, fossero predeterminate e a ciascuno, da sempre, fosse stata assegnata la sua parte di prosperità o di disgrazia; in tal caso, nulla esisterebbe che non fosse stato preordinato. Allora tutti i progetti e le buone intenzioni coltivate dagli uomini in funzione dello sviluppo e del progresso sarebbero null’altro che vanità di vanità e il genere umano rimarrebbe senza alcuna speranza.

Alla stessa inevitabile conclusione si giunge percorrendo sino in fondo le altre due strade, giacché, se ogni cosa, in ultima istanza, fosse nelle mani di un Dio inconoscibile, o del cieco caso, quale speranza potrebbe esserci per gli uomini al di là di una rassegnata sottomissione? Non c’è da meravigliarsi che la gente, prestando fede a queste concezioni del mondo, finisca col perdere la speranza e col trascurare i buoni propositi di agire con saggezza ed evitare il male.

Infatti, questi tre modi di concepire la realtà sono ugualmente errati: ogni fenomeno è soltanto una successione di apparenze che derivano dall’accumulo di determinate cause e condizioni.Siddharta detto il Buddha
Canone Pàli


Le Bolle; Ubi Nos - Ecclesiam a Jesu - La Massoneria e L'ultimo Pontefice Pio IX - 15 maggio 1871

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Ubi nos è un'enciclica dell'ultimo Pontefice dello Stato Pontificio Pio IX, pubblicata il 15 maggio 1871, scritta due giorni dopo la pubblicazione delle Legge delle Guarentigie, con la quale il Regno di Italia, dopo aver sottratto i vari domini ai legittimi Sovrani di Italia antecedenti al 1861 (il "Regno di Italia" infatti lo si può intendere come una prosecuzione del Regno di Sardegna, imposto con frode ed imbroglio, nonché sotto l'usurpazione di una invasione armata), dopo la cosiddetta "presa di Roma", cercava di assicurare delle garanzie al Pontefice cercando di regolare, appunto in maniera unilaterale, i rapporti fra Chiesa e Stato in Italia.

Il Papa ricorda la sua situazione personale e quella del suo pontificato, « ridotti sotto un potere ostile ». Ribadisce il fermo proposito di mantenere « salvi e integri » i diritti della Santa Sede e non riconosce assolutamente la Legge delle Guarentigie:
« perché non garantisce il libero ed effettivo esercizio del potere papale, che è conferito direttamente da Dio stesso; »
« e perché ritiene assurdo che un potere e una autorità di origine divina possa ridursi ad una semplice concessione del potere laico ».


Pio IX (Stato Pontificio), denunciava in maniera lucida, attraverso l'Enciclica, anche la situazione che stava vivendo l'Italia, sull'occupazione della Chiesa e il perché del rifiuto della "Legge delle Guarentigie" proposta in maniera unilaterale dal camuffato nuovo "Regno di Italia". In realtà si trattava di una oppressione da ogni parte di Italia e di un Regno nato illegittimamente, con lacrime e sangue, frode ed imbroglio, che avrà ridotto già da qualche anno il meridione d'Italia in miseria e povertà (il Regno Delle Due Sicilie infatti è sempre stata terra ricca, ed è da allora che sono nati i famosi stereotipi ai danni del meridione).




Attraverso l'enciclica "Ubi nos" veniva ribadito che il potere spirituale non poteva essere considerato disgiuntamente da quello temporale:



"Nel riflettere e considerare tali questioni, come è Nostro dovere, Noi siamo costretti a confermare nuovamente e a dichiarare con insistenza ciò che più di una volta esponemmo a Voi, del tutto consenzienti con Noi, ossia che il potere temporale della Santa Sede è stato concesso al Romano Pontefice per singolare volontà della Divina Provvidenza e che esso è necessario affinché lo stesso Pontefice Romano, mai soggetto a nessun Principe o a un Potere civile, possa esercitare la suprema potestà di pascere e governare in piena libertà tutto il gregge del Signore con l’autorità conferitagli dallo stesso Cristo Signore su tutta la Chiesa e perché possa provvedere al maggior bene della stessa Chiesa ed agli indigenti."
Pio IX




Sembra abbastanza chiaro che esattamente lì è caduta la Chiesa, o almeno, quel tipo di Chiesa (adesso sarebbe auspicabile chiedersi cosa faccia e cosa rappresenti in realtà)


Hanno praticamente preso i dogmi della Chiesa, per imporre il loro "ordine"..




Hanno preso tutto:
Cavour (noto massone e pedofilo): SIGNORI! – Vittorio Emanuele II ha assunto il titolo di Re d’Italia, attestando così in faccia al mondo la ricomposta unità nazionale, sospiro di tanti secoli, frutto di tanti magnanimi sforzi e sacrifizi. La legge che ha consacrato questo grande fatto già fu salutata dagli applausi concordi di tutti gli Italiani, i quali riconoscono in essa la guarentigia di riconquistati diritti, e l’arra delle maggiori speranze. Rimane ora che il Governo del Re soddisfaccia agl’impegni assunti primamente da me, quando fu in quest’aula discussa l’anzidetta legge e rinnovata dal presidente del Consiglio dinanzi alla Camera elettiva, ed a quella si dia compimento con la proposta di altra legge intesa a porre negli atti pubblici la intitolazione del Re in armonia col nuovo diritto pubblico del Regno. A ciò provvede lo schema di legge che, avutane dal Re la facoltà, ho l’onore di rassegnare alle vostre deliberazioni La formola proposta in questo unico articolo intende esprimere nella sua prima parte che la monarchia italiana prende luogo accanto alle altre, vi rivendica gli stessi diritti e proclama al par di loro la propria e indipendente sovranità sua in tutti gli atti dimananti dalla sua autorità. È noto infatti come la formula per la grazia di Dio sia stata introdotta dalle prime origini delle monarchie moderne, ma usata da quei principi soltanto che non sottostavano ad alcun vassallaggio, esercitando un potere non tanto personale quanto sociale. Consacrata dalle tradizioni, essa fu la formola non pure adottata dai più potenti sovrani d’Europa, ma ovunque altresì la potestà sovrana fosse esercitata col concorso della volontà nazionale. Noi non presumiamo di ripudiare tutta l’eredità del passato, nè di separarci dalle consuetudini più generalmente seguite dalle altre genti civili, nè disdice il comporci agli esempi di quelle contrade in cui si operarono grandi e durevoli mutamenti, conservate pur tuttavia le traccie delle antiche istituzioni.


Vi era una propria battaglia ai tempi tra la Chiesa contro le società segrete..


"Verranno gli ingannatori che, secondo i loro desideri, cammineranno nella via dell’empietà"





Praticamente il "Regno di Italia", in maniera illegittima e fraudolenta, avrà ridisegnato l'Italia facendola a loro uso e consumo; e magari già questo fosse vero per intero, poiché Vittorio Emanuele II, il cosiddetto "padre della patria", il "re galantuomo", altro non era che un gran criminale massone, scomunicato in passato più volte dalla Chiesa Cattolica, che ha di fatto consegnato l'Italia alle massonerie europee in quel lontano 1861/1870. Quante fandonie e menzogne ci hanno raccontato, per consolidare il loro potere!

Da un certo punto di vista, si può affermare dunque che l'Italia non è nostra e ci stanno usando continuamente, a noi e alle nostre terre.




Ed ecco finalmente l'Enciclica per intero
È una lettura lunga, un documento ufficiale dell'epoca, lettura che merita di essere affrontata per intero anche dai non Cattolici (e a voi i dovuti filtramenti). "Governo Subalpino" sta per l'allora Regno di Sardegna (Piemonte) con a capo appunto il suddetto Re Vittorio Emanuele II. Buona lettura!


"ENCICLICA

“UBI NOS” DEL SOMMO PONTEFICE PIO IX

“SULLA CONDIZIONE DELLA CHIESA ROMANA DOPO L’OCCUPAZIONE E SUL RIFIUTO DALLA LEGGE DELLE GUARENTIGIE””

AI VENERABILI FRATELLI, PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE

PACE E COMUNIONE

PIO PP. IX

SERVO DEI SERVI DI DIO

VENERABILI FRATELLI, SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

Quando, per arcano volere divino, fummo ridotti sotto un potere ostile, e vedemmo la triste e amara sorte di questa Nostra Urbe e il civile Principato della Sede Apostolica oppresso dall’invasione armata, proprio allora, con una lettera a Voi inviata il primo novembre dell’anno scorso, dichiarammo a Voi e, per mezzo Vostro, a tutto il mondo cattolico, quale fosse la situazione Nostra e di questa Urbe e a quali eccessi di sfrenata licenza fossimo esposti. Per dovere del Nostro supremo ufficio, al cospetto di Dio e degli uomini, abbiamo dichiarato di voler salvi ed integri i diritti della Sede Apostolica, e abbiamo incitato Voi e tutti i diletti Figli affidati alle vostre cure a placare con fervide preci la divina Maestà. Da quel momento i mali e le sventure che già erano preannunciate a Noi e a questa Urbe da quei primi nefasti tentativi d’usurpazione si rovesciarono sulla dignità e autorità apostolica, sulla santità della Religione e dei costumi, e perciò anche sui dilettissimi Nostri sudditi. Anzi, Venerabili Fratelli, aggravandosi ogni giorno la situazione, siamo costretti a dire, con le parole di San Bernardo:
"Gli inizi delle sventure sono questi, e ne temiamo di ancor più gravi" . L’iniquità infatti persevera nel seguire la sua strada e sviluppa i suoi piani, né si affanna d’altro che di stendere un velo sulle sue nefaste imprese che non possono restare nascoste, e si sforza di sottrarre le ultime spoglie alla giustizia oppressa, alla onestà e alla religione.
Tra queste angustie che colmano i nostri giorni di amarezza, soprattutto quando pensiamo a quali pericoli e a quali insidie sono sottoposti, giorno per giorno, i fedeli e la virtù del nostro popolo, non possiamo onorare o ricordare senza un profondo senso di gratitudine gli eccelsi meriti vostri, Venerabili Fratelli, e dei diletti fedeli avvinti dal vostro amore. Infatti, in ogni plaga della terra i fedeli di Cristo, rispondendo con ammirevole premura alle Nostre esortazioni, hanno seguito Voi come maestri e modelli, e da quel giorno infausto in cui fu espugnata questa Urbe, indissero assidue e ferventi preghiere e sia con pubbliche e ripetute suppliche, sia con sacri pellegrinaggi, sia con ininterrotta affluenza nelle Chiese e con la partecipazione ai Sacramenti, sia con altre opere di ispirazione cristiana, ritennero proprio dovere accostarsi assiduamente al trono della divina clemenza. Né invero queste appassionate invocazioni possono mancare di copiosissimi frutti presso Dio. Anzi, i molti beni già ottenuti da esse ne promettono altri, da Noi attesi con fiducia e speranza. Vediamo infatti la fermezza della fede e l’ardore della carità che si diffondono ogni giorno più ampiamente; scorgiamo negli animi dei fedeli, in favore di questa Sede e del supremo Pastore quella sollecitudine (risvegliata dall’offesa dell’attacco subito) che Dio solo poté ispirare, e avvertiamo tanta solidarietà di menti e di volontà che mai più, e più veracemente che in questi giorni, dai primordi della Chiesa fino a questi tempi, si potrà affermare che il cuore e l’anima di una moltitudine di credenti sono una sola realtà (At 4,32). Di fronte a una tale prova di virtù, non possiamo tacere che nei Nostri affettuosissimi figli, cittadini di ogni ordine e grado di questa Urbe, venne in piena luce un devoto, rispettoso amore verso di Noi, e insieme la fermezza pari all’impresa, e la grandezza d’animo non solo degna ma emula dei loro antenati. Pertanto rendiamo grazie e gloria immortale a Dio misericordioso in nome di Voi tutti, Venerabili Fratelli, e dei Nostri diletti figli, fedeli di quel Cristo che tanto ha operato e opera in Voi e nella Sua Chiesa, e ha fatto sì che, mentre sovrabbonda l’iniquità, sovrabbondi anche la grazia della fede, dell’amore e della confessione. "Quale è dunque la Nostra speranza, il Nostro gaudio e la corona di gloria?
Non è forse la vostra presenza davanti a Dio? Il figlio sapiente è gloria del Padre. Vi benefichi dunque Dio, e si ricorderà del fedele servizio, della pia compassione, della consolazione e dell’onore che alla Sposa di suo Figlio in tempo avverso e nei giorni del suo dolore avete mostrato e mostrate" .
Frattanto il Governo Subalpino, mentre per un verso si affretta a raccontare al mondo fandonie sull’Urbe , per l’altro, allo scopo di gettar polvere negli occhi dei cattolici e di sopire le loro ansie, ha studiato e sviluppato alcune inconsistenti immunità e alcuni privilegi volgarmente detti guarentigie, che intende concedere a Noi in sostituzione di quel potere temporale di cui Ci ha spogliato con una lunga serie d’inganni e con armi parricide. Su queste immunità e garanzie, Venerabili Fratelli, abbiamo già espresso il Nostro giudizio, rilevando la loro oltraggiosa doppiezza nella lettera del 2 marzo scorso, inviata al Nostro Venerabile Fratello Costantino Patrizi, Cardinale della Santa Romana Chiesa, decano del Sacro Collegio e Nostro Vicario nell’Urbe: lettera che subito fu pubblicata a stampa.
Ma poiché è tipico del Governo Subalpino coniugare l’ostinata e turpe ipocrisia con l’impudente disprezzo verso la Nostra dignità e autorità Pontificia, nei fatti dimostra di non tenere in alcun conto le Nostre proteste, richieste, censure; perciò, senza dare alcun peso al giudizio da Noi espresso circa le predette garanzie, non desiste dal sollecitare e promuovere il dibattito e l’esame di esse presso i supremi Ordini del Regno, come se si trattasse di cosa seria. In quel dibattito emerse in piena luce sia la verità del Nostro giudizio circa la natura e l’indole di quelle garanzie, sia il vano tentativo dei nemici di occultarne la malizia e la frode. Certo, Venerabili Fratelli, è incredibile che tanti errori, apertamente incompatibili con la fede cattolica e perfino con gli stessi fondamenti del diritto naturale, e tante bestemmie che in quella occasione furono pronunciate, abbiano potuto pronunciarsi in questa Italia che si è sempre gloriata e si gloria del culto della religione cattolica e della Sede Apostolica del Romano Pontefice. E in realtà, proteggendo Iddio la Sua Chiesa, del tutto diversi sono i sentimenti che nutre la maggior parte degli Italiani: essi con Noi lamentano e deplorano questa inaudita forma di sacrilegio e Ci hanno dimostrato, con le loro meritevoli prove e con impegni di devozione ogni giorno più evidenti, di essere solidali, in unione di spirito e di sentimenti, con gli altri Fedeli della terra. Perciò oggi di nuovo Noi Vi rivolgiamo le Nostre parole, Venerabili Fratelli, e sebbene i Fedeli a Voi affidati o con le loro lettere o con severe proteste abbiano chiaramente significato con quanta amarezza subiscano la situazione che Ci affligge, e quanto siano lontani dal farsi ingannare da quei raggiri che si nascondono sotto il nome di garanzie; tuttavia riteniamo sia dovere del Nostro ufficio Apostolico dichiarare solennemente a tutto il mondo, per mezzo Vostro, che non solo le cosiddette garanzie malamente fabbricate dal Governo Subalpino, ma anche titoli, onori, immunità, privilegi e qualunque altra offerta fatta sotto il nome di garanzie o di guarentigie non hanno alcuna validità quando dichiarano sicuro e libero l’uso del potere a Noi affidato da Dio e di voler proteggere la necessaria libertà della Chiesa.
Stando così le cose, come più volte dichiarammo e denunciammo, Noi, per non violare la fede, non possiamo aderire con giuramento ad alcuna conciliazione forzata che in qualche modo annulli o limiti i Nostri diritti, che sono diritti di Dio e della Sede Apostolica; così ora, per dovere del Nostro ufficio, Noi dichiariamo che mai potremo in alcun modo ammettere o accettare quelle garanzie, ossia guarantigie, escogitate dal Governo Subalpino, qualunque sia il loro dispositivo, né altri patti, qualunque sia il loro contenuto e comunque siano stati ratificati, in quanto essi ci furono proposti con il pretesto di rafforzare la Nostra sacra e libera potestà in luogo e in sostituzione del Principato civile di cui la divina Provvidenza volle dotata e rafforzata la Santa Sede Apostolica, come Ci è confermato sia da titoli legittimi e indiscussi, sia dal possesso di undici secoli ed oltre. Infatti ad ognuno deve risultare chiaro che necessariamente, qualora il Romano Pontefice fosse soggetto al potere di un altro Principe, né fosse dotato di più ampio e supremo potere nell’ordine politico, non potrebbe per ciò che riguarda la sua persona e gli atti del ministero Apostolico, sottrarsi all’arbitrio del Principe dominante, il quale potrebbe anche diventare eretico o persecutore della Chiesa, o trovarsi in guerra o in stato di guerra contro altri Principi. Certamente questa stessa concessione di garanzie di cui parliamo non è forse, di per sé, evidentissima prova che a Noi fu data una divina autorità di promulgare leggi concernenti l’ordine morale e religioso; che a Noi, designati in tutto il mondo come interpreti del diritto naturale e divino, verrebbero imposte delle leggi, e per di più leggi che si riferiscono al governo della Chiesa universale, il cui diritto di conservazione e di esecuzione non sarebbe altro che la volontà prescritta e stabilita dal potere laico? Per ciò che riguarda il rapporto tra Chiesa e Società civile, ben sapete, Venerabili Fratelli, che Noi ricevemmo direttamente da Dio, in persona del Beatissimo Pietro, tutte le prerogative e tutta la legittima autorità necessaria al governo della Chiesa universale, e che anzi quelle prerogative e quei diritti, e quindi anche la stessa libertà della Chiesa, derivano dal sangue di Gesù Cristo e devono essere stimati secondo l’infinito valore del Suo sangue divino.
Pertanto Noi saremmo immeritevoli (e ciò non accada) del divino sangue del Nostro Redentore se questi Nostri diritti, che ora soprattutto si vorrebbero così sviliti e deturpati, dipendessero dai Principi della terra. I Principi Cristiani infatti, sono figli, non padroni della Chiesa. Ad essi propriamente si rivolgeva Anselmo, quel lume di santità e di dottrina, Arcivescovo di Canterbury: "Non dovete credere che la Chiesa di Dio vi sia stata data per servire a un padrone, ma piuttosto per servire come avvocato e difensore; in questo mondo nulla Dio ama di più che la libertà della sua Chiesa". E aggiungendo altre esortazioni per essi, in altro momento scriveva: "Non dovete pensare mai che diminuisca la dignità della vostra grandezza se amate e difendete la libertà della Chiesa, Sposa di Dio e Madre vostra; non crediate di umiliarvi se la esaltate; non temete di indebolirvi se la rafforzate. Guardatevi attorno, gli esempi sono evidenti. Abbiate presenti i Principi che la combattono e la opprimono: che giovamento ne traggono? A qual esito pervengono? È abbastanza chiaro, non c’è bisogno di dirlo. Sicuramente, coloro che la glorificano, con essa ed in essa saranno glorificati" .
Dunque, Venerabili Fratelli, dopo tutto ciò che vi abbiamo detto, a nessuno per certo può sfuggire che l’offesa recata a questa Santa Sede, in questi tempi crudeli, ricade su tutta la Comunità Cristiana.
Ad ogni Cristiano dunque, come diceva San Bernardo, è rivolta l’offesa che colpisce gli Apostoli, appunto i gloriosi Principi della terra; e siccome la Chiesa Romana si dà pensiero di tutte le Chiese, come diceva il predetto Sant’Anselmo, chiunque ad essa sottrae ciò che è suo, deve essere giudicato colpevole di sacrilegio non solo verso di essa ma verso tutte le Chiese . Né certo alcuno può dubitare che la tutela dei diritti di questa Sede Apostolica non sia strettamente congiunta e collegata con le supreme ragioni e i vantaggi della Chiesa universale e con la libertà del vostro ministero Episcopale.
Nel riflettere e considerare tali questioni, come è Nostro dovere, Noi siamo costretti a confermare nuovamente e a dichiarare con insistenza ciò che più di una volta esponemmo a Voi, del tutto consenzienti con Noi, ossia che il potere temporale della Santa Sede è stato concesso al Romano Pontefice per singolare volontà della Divina Provvidenza e che esso è necessario affinché lo stesso Pontefice Romano, mai soggetto a nessun Principe o a un Potere civile, possa esercitare la suprema potestà di pascere e governare in piena libertà tutto il gregge del Signore con l’autorità conferitagli dallo stesso Cristo Signore su tutta la Chiesa e perché possa provvedere al maggior bene della stessa Chiesa ed agli indigenti. Voi certamente comprendete tutto ciò, Venerabili Fratelli, e con Voi i Fedeli a Voi affidati, e giustamente Voi tutti siete in ansia per la causa della religione, della giustizia e della pace che sono i fondamenti di tutti i beni, e date lustro alla Chiesa di Dio con un degno spettacolo di fede, di amore, di costanza, di virtù e, fedelmente intenti alla sua difesa, tramandate un nuovo e ammirevole esempio, degno dei suoi annali e della memoria delle future generazioni. Poiché il Dio della misericordia è autore di questi beni, a Lui sollevando gli occhi, i cuori e la speranza Nostra, Lo supplichiamo con insistenza perché confermi, rafforzi, accresca i sentimenti Vostri e dei Fedeli, la pietà comune, l’amore e lo zelo. Con ogni premura esortiamo Voi e i popoli affidati alla Vostra vigilanza affinché ogni giorno, con tanta più fermezza e rigoglio quanto più minacciosamente si agitano i nemici, invochiate con Noi il Signore perché si degni di maturare i giorni della sua benevolenza. Provveda Iddio perché i Principi della terra che hanno particolare interesse ad evitare che il caso di usurpazione di cui siamo vittime diventi regola a danno di ogni ordine e potere, si uniscano in un perfetto accordo di animi e di volontà e, placate le discordie, sedate le turbolenze delle ribellioni, disperse le esiziali opinioni delle sette, svolgano un’opera comune affinché siano restituiti a questa Santa Sede i suoi diritti, e con essi la piena libertà al Capo visibile della Chiesa e la desiderata pace al consorzio civile. E con altrettanto ardore, Venerabili Fratelli, con le suppliche Vostre e dei Fedeli, chiedete alla divina clemenza che converta alla penitenza i cuori degli empi, rimuovendo la cecità delle menti prima che sopraggiunga il grande e terribile giorno del Signore o, col reprimere i loro infami propositi, dimostri quanto ottusi e stolti sono coloro che tentano di rovesciare la pietra posata da Cristo e di violare i divini privilegi. In queste preghiere si fondino più saldamente le Nostre speranze in Dio. "Davvero pensate che Dio potrebbe distogliere l’orecchio dalla sua carissima Sposa quando invoca aiuto contro coloro che la fanno soffrire? Come non riconoscerebbe un osso delle sue ossa, la carne della sua carne, anzi in certo modo, in verità, lo spirito del suo spirito? È certamente giunta l’ora della malizia, il potere delle tenebre. D’altronde è l’ultima ora, e il potere presto scompare. Cristo, potenza e sapienza di Dio, è con Noi, partecipa con Noi. Abbiate fiducia, Egli vince il mondo". Frattanto ascoltiamo con animo aperto e con salda fede la voce dell’eterna verità che dice: "Combatti per la giustizia, per la tua anima, e fino alla morte lotta per la giustizia: Dio sconfiggerà per te i tuoi nemici" (Sir 4,28)
Infine, con tutto il cuore invocando doni fecondi di celesti grazie per Voi, Venerabili Fratelli, per tutti gli Ecclesiastici e per i fedeli Laici affidati alla cura di ciascuno di Voi, come pegno del Nostro grande e intimo affetto verso Voi e i Fedeli, amorosamente impartiamo a Voi e agli stessi diletti Figli l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 15 maggio 1871, nel venticinquesimo anno del Nostro Pontificato.

PIO PP. IX"


La Bolla Ubi Nos
http://www.sanpiox.it/public/images/stories/PDF/Testi/Encicliche/Pio_IX-Ubi_nos.pdf



Una delle diverse bolle di scomunica alla massoneria e carboneriahttp://www.sanpiox.it/public/images/stories/PDF/Testi/Encicliche/Pio_VII-Ecclesiam_Jesu.pdf

Respicientes ea - Enciclica di Pio IX

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ENCICLICA
«RESPICIENTES EA OMNIA»
LETTERA ENCICLICA
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI
PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI
AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE
PACE E COMUNIONE.

«Protesta energicamente contro la presa di Roma e la dichiarazione
di considerare la Santa Sede Apostolica
come prigioniera di fatto.
Commina la scomunica maggiore ai fautori e cooperatori
delle invasioni dello Stato della Chiesa»

PIO PP. IX

VENERABILI FRATELLI
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

Con questa famosa Enciclica si apre la «questione romana» dopo la caduta del potere temporale del Papato. Il documento riassume la millenaria difesa dei diritti della Chiesa sui territori che ne hanno, pur nelle alterne vicende, costituito il patrimonio territoriale al quale non intende, ed afferma di non potere, rinunziare. Il Pontefice non poteva giudicare altrimenti la spoliazione che la Chiesa subiva, ma il popolo italiano, pur nell’angoscia di molti cattolici, non poteva concepire l’unità senza il territorio dello Stato della Chiesa e la sua capitale. L’enciclica, pur non risparmiando severi giudizi ispirati alla tragicità del momento storico per la Chiesa, giunge però a una conclusione sapientemente politica; come indubbiamente è stata meditatamente decisa la condotta del Pontefice di fronte all’occupazione di Roma. Pio IX ha compreso la ineluttabilità dell’evento e di ciò bisogna fargli merito. Se avesse pensato trattarsi di un’avventura di guerra come tante ne aveva viste nei secoli la capitale della Cristianità, avrebbe potuto allontanarsi da Roma e in una sede provvisoria attendere gli eventi. Tanti Papi avevano dovuto lasciare Roma di fronte agli invasori e alle ribellioni per poi ritornarvi. Ma Pio IX intuì nel suo acuto senso politico che se il 20 settembre 1870 egli si fosse allontanato da Roma, non avrebbe forse più potuto rientrarvi. E ai consigli che gli venivano da tante parti, di lasciare la Città Eterna e di rifugiarsi in una nuova sede, rispose con un fermo rifiuto.

La pubblicazione di questa storica enciclica non mancò di elementi romanzeschi. Essa non fu subito resa pubblica: venne inviata direttamente ai vescovi e apparve nel suo testo sul quotidiano L’unità cattolica di Torino, che per ordine del governo venne sequestrato. Il giornale si difese affermando di avere trascritto l’enciclica da una pubblicazione diffusa da uno stampatore svizzero. Altri giornali italiani la riprodussero e ad essi venne esteso il sequestro. Poiché da parte vaticana non si elevarono immediate proteste, qualcuno perfino sospettò che l’enciclica fosse apocrifa. Vennero poi altre pubblicazioni sui giornali di Napoli che furono lasciati diffondere liberamente, anche perché contro il sequestro si era protestato da parte di deputati liberali, quale Pasquale Stanislao Mancini, contrari per principio ad ogni limitazione della libertà di stampa. Il Vaticano diramò poi il 25 novembre una nota diplomatica nella quale si prendeva argomento dal sequestro dell’enciclica per dimostrare lo stato di soggezione in cui si trovava la Chiesa.

Considerando tutto ciò che il governo subalpino da molti anni va senza interruzione perpetrando per rovesciare il Principato civile concesso a questa Sede Apostolica per particolare volontà di Dio, affinché i successori del beato Pietro potessero nell’esercizio della loro giurisdizione spirituale godere la necessaria e sicura pienezza di libertà; per forza, o Venerabili Fratelli, siamo turbati da grande intimo dolore per così audace cospirazione contro la Chiesa di Dio e questa Santa Sede: e in questi tempi così funesti nei quali quel governo, seguendo i consigli rovinosi delle sette, ha compiuto contro ogni diritto, con la forza delle armi, la sacrilega invasione già da gran tempo premeditata di questa Nostra alma Città e delle altre città che Ci erano rimaste dopo la precedente usurpazione; mentre Noi rispettiamo i misteriosi voleri di Dio umilmente prostrati dinanzi a Lui, siamo costretti a servirCi delle parole del profeta: "Io piango e il mio occhio versa lacrime, perché molto si è allontanato da me il Consolatore abbattendo l’anima mia; i miei figli sono perduti poiché il nemico ha vinto" (Jer. thr. I, 16).

Già da gran tempo, Venerabili Fratelli, fu da Noi assai chiaramente esposta e palesata al mondo cattolico la storia di questa nefasta guerra, il che abbiamo fatto con parecchie Allocuzioni, Encicliche, Brevi, mandati, intenti diversi; e cioè il 1° Gennaio 1850, il 22 Gennaio e il 26 Luglio 1855, il 18 e 26 Giugno e il 26 Settembre 1859, il 19 Gennaio 1860; con Lettera Apostolica del 26 Marzo 1860; nonché con Allocuzioni del 28 Settembre 1860, del 18 Marzo e del 30 Settembre 1861, del 20 Settembre, del 17 Ottobre e del 16 Novembre 1867. La serie di questi documenti fa conoscere e conferma le gravissime ingiurie arrecate dal governo subalpino alla suprema autorità Nostra di questa Santa Sede, anche prima dell’occupazione del dominio ecclesiastico incominciata negli scorsi anni; ingiurie arrecate sia emanando leggi contro il diritto naturale divino ed ecclesiastico, sia assoggettando i sacerdoti, le Compagnie religiose e i Vescovi stessi a indegni maltrattamenti; sia venendo meno alla fede che implicavano le solenni convenzioni strette con la Sede Apostolica e negando risolutamente la loro inviolabilità persino nel tempo in cui quel governo dichiarava di voler iniziare nuove trattative con Noi. Dai medesimi documenti appare chiaro, Venerabili Fratelli, e apparirà chiaro a tutta la posterità, con quali artifici e con quante astute e indegne macchinazioni quel governo sia giunto a opprimere i giusti e santi diritti di questa Apostolica Sede e nello stesso tempo si conoscerà quanta premura Ci siamo data per reprimere per quanto era in Noi la sua audacia che aumentava di giorno in giorno e per difendere la causa della Chiesa. Sapete bene che nell’anno 1859 molte città importanti dell’Emilia, a mezzo di scritti clandestini, cospiratori, armi e denaro furono spinte dal potere subalpino alla ribellione; e che non molto tempo dopo, indetti i comizi popolari e captati i voti, si finse un plebiscito e con questo inganno le Nostre province di quella regione furono strappate al Nostro paterno dominio, mentre i buoni si opponevano invano. È anche risaputo che nell’anno seguente il medesimo governo, per fare sua preda le altre province di questa Santa Sede poste nel Piceno, nell’Umbria e nel patrimonio di San Pietro, adducendo falsi pretesti circondò con improvviso impeto e con grande esercito i Nostri soldati e la schiera volontaria della Gioventù Cattolica, che spinta da sentimento religioso e da pietà verso il Padre comune era volata da tutto il mondo a Nostra difesa; e che con sanguinosa battaglia schiacciò queste milizie che non sospettavano così improvvisa eruzione e che tuttavia lottarono intrepidamente per la Religione. Tutti conoscono la sfacciata ipocrisia e l’impudenza di quel governo che per diminuire la brutta impressione di questa sacrilega usurpazione non esitò a proclamare di aver invaso quelle province per ristabilirvi i principi dell’ordine morale; mentre invece in realtà promosse ovunque la diffusione e il culto di tutte le false dottrine ovunque allentò le briglie ai desideri e all’empietà, castigando inoltre ingiustamente i sacri Vescovi e gli Ecclesiastici di ogni grado che imprigionò e lasciò pubblicamente insultare, mentre permetteva che andassero impuniti i persecutori e coloro che non rispettavano neppure la dignità del Pontificato nella Nostra persona. Inoltre è noto che Noi, come era Nostro dovere, non solo Ci siamo sempre opposti ai ripetuti consigli e suggerimenti che Ci venivano dati perché tradissimo vergognosamente il Nostro dovere, sia abbandonando e consegnando ad altri i diritti e i possessi della Chiesa, sia concludendo una infame conciliazione con gli usurpatori; ma che anche abbiamo contrapposto a queste inique, temerarie e delittuose azioni, perpetrate contro ogni diritto umano e divino, solenni proteste di fronte a Dio e agli uomini; che abbiamo dichiarato i loro autori e fautori soggetti alle censure ecclesiastiche e che ove ce n’è stato bisogno li abbiamo con tali censure ripetutamente puniti. Infine è risaputo che quel governo, nonostante tutto, ha persistito nella sua ribelle attività e ha cercato continuamente di provocare l’insurrezione nelle altre Nostre province e soprattutto in Roma, con l’introdurvi dei sobillatori e con artifici di ogni genere.

Ma poiché questi tentativi non riuscivano secondo l’aspettativa, per l’incrollabile fede dei Nostri soldati e l’amore e la devozione dei Nostri popoli che Ci venivano manifestati in modo splendido e costante, finalmente si scatenò contro di Noi quella violenta tempesta dell’anno 1867 quando nell’autunno furono mandate contro i Nostri territori e contro questa città coorti di sciagurati ardenti di delittuoso furore e aiutate da quel governo (e parecchi di questi già da prima stavano nascosti in Roma) e dalla loro violenza, dalle loro armi feroci ci sarebbe stato da temere ogni atroce crudeltà per Noi e per i Nostri direttissimi sudditi, come appariva chiaramente, se Dio misericordioso, con il valore delle Nostre milizie e il valido aiuto delle legioni mandateCi dalla nobile Nazione Francese, non avesse reso vani i loro assalti (1).

In tante battaglie, in così grande susseguirsi di pericoli e di crudeli tribolazioni, la Divina Provvidenza Ci apportava grandissimo conforto con la vostra grande, affettuosa pietà, Venerabili Fratelli, e con quella dei Vostri fedeli, verso Noi e questa Apostolica Sede; pietà che avete dimostrata sempre con grandi opere e prove di cattolica carità. E benché la gravissima crisi nella quale Ci troviamo Ci abbia appena lasciato un po’ di tregua, tuttavia con l’aiuto di Dio non abbiamo mai differita nessuna delle cure dirette a proteggere la prosperità temporale dei Nostri sudditi; e quale tranquillità e sicurezza pubblica vi fossero presso di Noi, quale fosse la condizione di tutte le attività intellettuali e artistiche, quali fossero la fede in Noi e la volontà dei Nostri popoli, hanno potuto sapere molto bene tutte le Nazioni dalle quali affluirono a gara in ogni tempo innumerevoli forestieri in questa città, specialmente in occasione delle numerose celebrazioni e delle solenni manifestazioni sacre che abbiamo compiuto.

Stando così le cose e godendo il Nostro popolo una tranquilla pace, il re subalpino e il suo governo, colta l’occasione di una grande guerra scoppiata fra due potentissime Nazioni d’Europa, con una delle quali avevano pattuito che avrebbero mantenuto inviolato lo stato presente del dominio ecclesiastico e che non lo avrebbero lasciato turbare da uomini di partito, decretarono immediatamente di invadere le altre terre del Nostro dominio e persino la Nostra Sede e di assoggettarle al loro potere. E quali cause si accampavano per questa invasione nemica? Certamente tutti conoscono le cose che sono trattate in una lettera del re dell’8 Settembre scorso diretta a Noi e trasmessaCi dal suo ambasciatore presso di Noi, lettera nella quale con lungo e subdolo giro di parole e di pensieri, ostentandosi figlio rispettoso e buon cattolico e sostenendo la causa dell’ordine pubblico e della salvezza del Pontificato stesso e della Nostra persona, Ci domandava di non prendere il rovesciamento del Nostro potere temporale come un atto di ostilità e di ritirarsi spontaneamente da tale potere fidandoCi delle futili garanzie che egli Ci faceva con le quali, diceva, i desideri dei popoli italiani verrebbero conciliati con il supremo diritto e la libertà dell’autorità spirituale del Romano Pontefice. Noi, naturalmente, Ci siamo molto meravigliati vedendo come la violenza che stavamo per subire di momento in momento si volesse coprire e dissimulare, e Ci addolorammo intimamente della triste sorte del re che, spinto da cattivi consigli, ogni giorno infligge nuove ferite alla Chiesa e, avendo più rispetto per gli uomini che per Dio, non pensa che vi è in Cielo il Re dei Re e il Signore dei Signori, il quale "non escluderà nessuno, non temerà la grandezza di nessuno, poiché egli fece il piccolo e il grande e tormenti più forti sovrastano ai più forti" (Sap. VI, 8-9). Per quel che riguarda poi le richieste che Ci sono state rivolte, crediamo di non dover esitare, obbedendo alle leggi del dovere e della coscienza, a seguire gli esempi dei Nostri Predecessori, e soprattutto di Pio VII di felice memoria, del quale bisogna qui che esprimiamo e facciamo Nostri i sentimenti d’animo invitto da lui dimostrati in una circostanza assolutamente simile a questa: "Ricordammo, con Sant’Ambrogio, che il Santo uomo Naboth possessore della sua vigna, avendogli il Re domandato di cedergli la sua vigna dove sradicate le viti avrebbe seminato dei volgari ortaggi, rispose: non cederò mai ad altri l’eredità dei miei padri. Di conseguenza giudicammo che a Noi fosse assai meno lecito cedere tanto antica e sacra eredità (cioè il dominio temporale di questa Santa Sede posseduto per tanta serie di secoli dai Romani Pontefici Nostri Predecessori per palese volere della Divina Provvidenza), o tacitamente acconsentire che chiunque si impadronisse della capitale del Mondo cattolico, dove sconvolta e distrutta la santissima forma di governo che fu da Gesù Cristo lasciata alla sua Santa Chiesa e regolata dai sacri canoni fondati sullo spirito di Dio, sostituirebbe a questa un codice contrario assolutamente, non solo ai sacri canoni, ma anche ai precetti evangelici e introdurrebbe, secondo il solito, quel nuovo ordine di cose che tende apertamente ad associare ed a confondere con la Chiesa cattolica tutte le superstizioni e le sette. Naboth difese le sue viti anche col suo sangue. Potevamo Noi, qualunque cosa stesse per accaderCi, esimersi dal difendere i diritti e possessi della Santa Romana Chiesa, dal momento che per mantenerli secondo tutte le Nostre possibilità fummo vincolati da un sacro solenne giuramento? O dal difendere la libertà della Sede Apostolica, che è così legata alla libertà e utilità di tutta la Chiesa? Ancorché mancassero altri argomenti, le cose che ora accadono dimostrano fin troppo efficacemente quanta realmente sia la convenienza e la necessità di questo Principato temporale che garantisce al capo supremo della Chiesa il sicuro e libero esercizio di quel potere spirituale che per volontà divina gli fu dato su tutto il mondo" (Lett. Apost. 10 Giugno 1809).

Seguendo dunque questo modo di sentire, che abbiamo costantemente manifestato in parecchie Nostre allocuzioni, rispondendo al re, disapprovammo le sue ingiuste pretese in modo tuttavia da mostrare il Nostro acerbo dolore insieme al Nostro paterno affetto che non può fare a meno di preoccuparsi neppure per i figli che imitano il ribelle Assalonne. Questa lettera non era ancora stata portata al re, quando nel frattempo dal suo esercito furono occupate le città finora intatte e tranquille del Nostro Stato Pontificio, mentre venivano facilmente sconfitte le milizie ausiliarie dove tentavano di opporre resistenza; e poco dopo sorse quel funesto giorno che fu il 20 Settembre scorso; giorno nel quale vedemmo questa Città, sede principale degli Apostoli, centro della Religione Cattolica e rifugio di molte genti, assediata da molte migliaia di armati; e mentre si faceva breccia nelle sue mura e si spargeva il terrore con continuo getto di proiettili, fummo addolorati di vederla espugnata per comando di colui che poco prima tanto nobilmente aveva dichiarato di essere animato da affetto filiale per Noi e da fedele sentimento religioso.

Che cosa può essere più funesto di quel giorno per Noi e per tutte le anime buone? Di quel giorno nel quale, entrate le milizie in Roma che era piena di una moltitudine di stranieri sediziosi, vedemmo immediatamente sconvolto e rovesciato l’ordine pubblico, vedemmo insultata empiamente nella Nostra umile persona la dignità e santità del Sommo Pontificato, vedemmo le fedelissime coorti dei Nostri soldati insultate in tutti i modi, vedemmo dominare dappertutto sfrenata insolente libertà, là dove poco prima splendeva l’affetto dei figli desiderosi di confortare la tristezza del Padre comune? Da quel giorno poi si susseguirono sotto i Nostri occhi tali cose, che non si possono ricordare senza la giusta indignazione di tutti i buoni: perfidi libri zeppi di menzogne e di empie malvagità cominciarono a essere proposti come acquisto conveniente e a poco a poco ad essere divulgati; moltissimi giornali furono sparsi di giorno in giorno, miranti a corrompere le menti e i buoni costumi, a disprezzare e calunniare la Religione e infiammare l’opinione pubblica contro di Noi e questa Apostolica Sede; si pubblicarono illustrazioni vergognose e indegne e altre opere del genere con le quali le cose e le persone sacre erano derise e esposte al pubblico scherno; furono decretate onoranze e monumenti a coloro che avevano pagato per legittima condanna il fio dei più gravi delitti (2) i ministri della Chiesa contro i quali è più ardente l’odio erano insultati e alcuni anche feriti a tradimento; alcune case religiose furono sottoposte a ingiuste perquisizioni; fu violato il Nostro Palazzo Quirinale e da questo, dove aveva sede, uno fra i Cardinali di Santa Romana Chiesa fu costretto a forza ad andarsene immediatamente e agli altri ecclesiastici Nostri familiari fu proibito di frequentare il Quirinale e furono molestati in tutti i modi; si fecero leggi e decreti che offendono manifestamente e calpestano la libertà, l’immunità, le proprietà e i diritti della Chiesa di Dio; e questi gravissimi mali dobbiamo dire con grande dolore che aumenteranno ancora se Dio benigno non lo impedirà, mentre Noi, impossibilitati dalla Nostra condizione a portare alcun rimedio, ogni giorno più dolorosamente dobbiamo renderCi conto della prigionia nella quale Ci troviamo e della mancanza di quella piena libertà che con la menzogna si fa credere al mondo che Ci è stata lasciata per esercitare il Nostro Apostolico Ministero e che il governo invasore va raccontando di aver voluto convalidare con le cosiddette necessarie guarentigie.

E non possiamo qui passare sotto silenzio quell’enorme delitto che certamente vi è noto, o Venerabili Fratelli. Infatti, come se i possessi e i diritti della Sede Apostolica, sacri e inviolabili per tanti titoli e sempre riconosciuti per tanti secoli, potessero essere contestati e rimessi in discussione; e come se le censure gravissime, nelle quali immediatamente e senza nessuna nuova dichiarazione incorrono i violatori di tali diritti e possessi, potessero perdere la loro efficacia per la ribellione e la tracotanza popolare; per abbellire la sacrilega spoliazione che abbiamo sofferta con ogni disprezzo del diritto naturale e umano, si escogitò quell’apparato e quella finzione di plebiscito (3) usata nelle province strappate a Noi; e coloro che di solito si rallegrano delle perfidie non arrossiscono in questa occasione di ostentare per tutte le città d’Italia come per una manifestazione trionfale la ribellione e il disprezzo delle censure ecclesiastiche, andando contro i fraterni sentimenti della maggior parte degli italiani, la devozione, la pietà e la fede dei quali verso Noi e la Santa Chiesa vengono oppresse in tutti i modi perché non possano liberamente espandersi.

Noi frattanto, che da Dio siamo stati posti a guidare e a governare tutta la Casa d’Israele e siamo stati creati supremi protettori della Religione, della giustizia e difensori dei diritti della Chiesa, per non essere rimproverati di fronte a Dio e alla Chiesa di essere stati zitti e di avere così tacitamente assentito a tanto sciagurato sconvolgimento, rinnoviamo e riconfermiamo quanto abbiamo altrove solennemente dichiarato nelle Allocuzioni, nelle Encicliche e nei Brevi qui sopra citati e nella recente protesta che per comando Nostro e in Nostro nome il Cardinale incaricato degli affari pubblici ha mandato proprio il 20 Settembre agli ambasciatori, ministri e incaricati di affari delle Nazioni estere costituite presso di Noi; e di nuovo con la massima solennità dichiariamo a voi, Venerabili Fratelli, che la Nostra idea, la Nostra intenzione e la Nostra volontà è di conservare integri e inviolabili tutti i domini e i diritti di questa Santa Sede e di trasmetterli ai Nostri successori; che qualunque usurpazione, compiuta sia ora che prima, è ingiusta, violenta, vana e nulla e che tutte le azioni dei ribelli e degli invasori, sia quelle compiete finora, sia quelle che eventualmente si compiranno in futuro per consolidare tale usurpazione, fin da ora sono da Noi condannate, annullate, cassate e abrogate.

Dichiariamo inoltre, protestando innanzi a Dio e a tutto il mondo cattolico, che siamo tenuti in una prigionia tale che non possiamo esercitare sicuramente, tranquillamente e liberamente la Nostra suprema Autorità pastorale. Finalmente, uniformandosi al motto di San Paolo: "Che cosa ha a che fare la giustizia con l’ingiustizia? Qual società vi può essere tra la luce e le tenebre? Quale accordo tra Cristo e Belial? " (II Cor. VI, 14-15), apertamente dichiariamo che Noi, memori del Nostro dovere e del solenne giuramento che Ci vincola, non acconsentiamo e non acconsentiremo mai a nessuna conciliazione che distrugga o diminuisca in qualche modo i diritti Nostri, e quindi di Dio e della Santa Sede; come pure Ci dichiariamo pronti, con l’aiuto della Grazia Divina, vecchi come siamo, a bere fino al fondo, per la Chiesa di Cristo, il calice che egli stesso si degnò di bere per lei, a non aderire mai alle inique richieste che Ci si propongono e a non assecondarle mai. Diceva infatti il Nostro Predecessore Pio VII: "Far violenza a questo Supremo Impero della Sede Apostolica, separarne il potere temporale da quello spirituale, dissociare le funzioni di pastore e di principe, staccarle, distruggerle, non è altro che voler calpestare e rovinare l’opera di Dio, che danneggiare il più possibile la religione, che privarla della più efficace difesa, così che il suo sommo rettore pastore e Vicario di Dio non possa portare ai cattolici sparsi per tutta la terra e invocanti da lui aiuto e forza quei soccorsi che si esigono dalla sua spirituale potestà, la quale non deve essere intralciata da nessuno".

Ma poiché i Nostri ammonimenti, domande e proteste, sono riusciti vani, Noi con l’autorità di Dio Onnipotente, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo a voi, Venerabili Fratelli, e per mezzo vostro a tutta la Chiesa, che tutti coloro che si distinguono per qualche dignità, anche degna di particolare menzione, che abbiano perpetrato l’invasione, l’usurpazione o l’occupazione di qualunque provincia del Nostro dominio e di quest’alma Città, e così pure i loro mandanti, fautori, collaboratori, consiglieri, seguaci o chiunque altro procuri con qualunque pretesto, in qualsiasi modo, o operi per se stesso l’esecuzione delle suddette scelleratezze, incorrono nella scomunica maggiore e nelle altre censure e pene ecclesiastiche inflitte dai Sacri Canoni, dalle Costituzioni Apostoliche e dai decreti dei Concili generali, soprattutto di quello di Trento, nella forma e nel tenore espressi nella sotto ricordata Nostra Lettera Apostolica del 26 Marzo 1860.

Poiché non dimentichiamo che occupiamo in terra il posto di Colui che venne a ricuperare e a salvare ciò che era perduto, niente desideriamo più che accogliere con paterno affetto i figli che avevano deviato e che ritornano a Noi; perciò, levando le mani al Cielo con umile cuore, mentre rimettiamo a Dio e gli raccomandiamo la giusta causa che è sua piuttosto che Nostra, lo preghiamo e lo supplichiamo per la sua profonda misericordia di assistere e di aiutare efficacemente Noi e la Sua Chiesa e pietoso e benevolo di fare in modo che i nemici della Chiesa pensino all’eterno danno che si vanno preparando, cerchino di placare prima del giorno della vendetta la sua formidabile giustizia e cambiando idea confortino il pianto della Santa Madre Chiesa e la Nostra tristezza.

Per poter conseguire dalla Divina Clemenza tanto notevole beneficio, vi esortiamo molto insistentemente, o Venerabili Fratelli, a congiungere unitamente ai fedeli a voi affidati le vostre fervide preghiere ai Nostri voti; e rivolgendoci tutti insieme al trono di Grazia e di misericordia facciamo intercedere l’Immacolata Vergine Maria Madre di Dio e i Beati Apostoli Pietro e Paolo. "La Chiesa di Dio dall’origine fino a questi tempi più volte fu torturata e pia volte salvata. Sua è questa voce: spesso mi assalirono fin dalla giovinezza; non poterono nulla su di me. I peccatori fabbricarono sul mio dorso e prolungarono le loro malvagità. E neppure ora il Signore trascurerà lo sforzo dei peccatori più che la sorte dei giusti. Non è indebolita la mano di Dio e non è divenuta impotente a salvare. Anche in questa circostanza senza dubbio libererà la Sua sposa, Egli che la riscattò col Suo sangue, la dotò col Suo Spirito, la ornò di doni celesti e nello stesso tempo la arricchì di doni terreni".

Frattanto, invocando i più abbondanti benefizi delle Celesti Grazie per voi, Venerabili Fratelli, e per tutti i fedeli ecclesiastici e laici affidati alla vostra vigilanza, come pegno del Nostro particolare affetto per voi, caldamente impartiamo dal più profondo del cuore l’Apostolica Benedizione a voi e ai Nostri diletti figli.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 1° novembre 1870, anno XXV del Nostro Pontificato.PIO PP. IX.




NOTE(1) Si allude all’impresa garibaldina per la liberazione di Roma, finita tragicamente nella giornata di Mentana, il 3 Novembre 1867.

(2) L’allusione alle onoranze rese a coloro che avevano pagato per legittima condanna "il fio dei più gravi delitti" si riferisce al ricordo marmoreo decretato a Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, autori di un attentato dinamitardo avvenuto il 22 Ottobre 1867 nella caserma Serristori.

(3) Il plebiscito romano diede questi risultati: votanti 167.548; votarono SI, per l’annessione di Roma all’Italia: 133.681; votarono NO: 1507. Dalla sproporzione dei suffragi, è evidente la falsificazione ad opera del governo subalpino.http://www.fulvionapoli.it/pionono/respicientes_ea_omnia.htm

Il Cardinal Rampolla era massone?

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Fonte: http://www.radiospada.org/



Ci felicitiamo di riportare questo dottissimo articolo ad opera del Superiore dell’Istituto Mater Boni Consilii Don Francesco Ricossa. L’articolo apparve tra le pagine della rivista Sodalitium n°60, organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium. [RS]
-don Francesco Ricossa-
[fonte: Sodalitium n°60, pp. 5-37]


Indice:
-Infiltrazioni massoniche nella Chiesa
-Quando una presunta affiliazione massonica è invece una calunniosa leggenda
-Primo argomento: il veto di esclusiva dell’Imperatore durante il Conclave del 1903 contro il Cardinal Rampolla
-Secondo e terzo argomento: le testimonianze di un prete e di un Vescovo francesi, raccolte da Félix Lacointa
-Quarto argomento: la rivista The Equinox dimostrerebbe come Rampolla facesse parte dell’Ordo Templi Orientis (O.T.O.) del mago Aleister Crowley (la “Gran Bestia 666”)
-Quinto argomento: il dossier di Mons. Jouin citato dal Marchese della Franquerie
-Sesto e ultimo argomento: la politica del cardinal Rampolla del Tindaro, e della sua “scuola”
-Il vero torto della “scuola del card. Rampolla”
-Note
Mariano Rampolla del Tindaro (18431913) era nunzio pontificio in Spagna quando Leone XIII lo creò cardinale e lo nominò suo Segretario di Stato (1887); il cardinal Rampolla svolse questo delicato incarico fino alla morte di Leone XIII, avvenuta nel 1903. Nel conclave apertosi con la morte del Pontefice, l’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe pose il suo veto, tramite il cardinale arcivescovo di Cracovia, Puzyna, all’elezione del Cardinal Rampolla al Soglio pontificio. Sotto il pontificato di San Pio X, non più segretario di Stato (lo sostituì il cardinale Merry del Val), Rampolla continuò ad esercitare le sue funzioni nelle varie congregazioni romane delle quali faceva parte (tra l’altro come segretario della congregazione del Sant’Uffizio). Era considerato un possibile successore di San Pio X, ma morì, meno di un anno prima del Santo Pontefice. Fu eletto invece, col nome di Benedetto XV, Mons. Della Chiesa, che del cardinal Rampolla era stato allievo e collaboratore prediletto (1). Negli ambienti detti “tradizionalisti” (2) è opinione comune, considerata quasi certezza storica indubitabile, che il cardinal Rampolla fosse, in realtà, affiliato alla massoneria. In questo articolo mi chiedo se questa opinione è fondata, e su quali argomenti e documenti si possa eventualmente appoggiare, per poi mostrare quale fu, a mio parere, il vero torto della “scuola” del cardinal Rampolla, soprattutto durante e dopo il pontificato di San Pio X. Quest’articolo è in perfetta continuità con quanto Sodalitium già scrisse in altre occasioni (es. n. 19/1989 ed. francese, pp. 30-44; n. 49/1999, editoriale), a riprova che la nostra rivista segue con coerenza e serietà una linea d’equilibrio in una materia tanto importante quanto delicata come quella delle infiltrazioni massoniche nella Chiesa.
Infiltrazioni massoniche nella Chiesa
Non è certo irriverente porsi una simile domanda a proposito di un Principe della Chiesa, quale fu, senza dubbio, il cardinal Rampolla. In un numero passato di Sodalitium ho già avuto modo di rievocare gli avvenimenti che giunsero a influire su svariati conclavi del XVI secolo, quando l’eresia valdesiana influenzò più o meno numerosi cardinali (tra i più noti, il cardinale Pole ed il cardinale Morone) che per pochi voti non vennero eletti al papato. Fu proprio in questa circostanza che Papa Paolo IV (che aveva incarcerato il cardinal Morone per eresia e che prevedeva un possibile suo proscioglimento sotto un pontificato successivo, come, in effetti, accadde) promulgò nel 1559 la famosa Bolla Cum ex apostolatus (cf Sodalitium, n. 14) con l’intento di sbarrare la strada in un futuro conclave al cardinale Morone o ad altri sospetti di eresia. La caratteristica interessante dell’eresia di Juan Valdès, marrano spagnolo, è che essa postulava la necessità del “nicomedismo”, di restare cioè all’interno della Chiesa nascondendo il più possibile le proprie posizioni, e dall’interno operarne la riforma. Il modernismo, quattro secoli dopo, adotterà lo stesso modus operandi. Dopo la fondazione della massoneria moderna (Londra, 1717), non mancarono i prelati, e anche gli alti prelati, che si affiliarono alla sètta, malgrado la condanna e la scomunica fulminata dai Sommi Pontefici Clemente XII (lett. ap. In eminenti, 1738) e Benedetto XIV (cost. Providas, 1751). In seguito, la stampa cattolica non ha mai mancato di denunciare ciò che il sacerdote Emmanuel Barbier chiamerà, col titolo fortunato di un suo libro lodato dall’episcopato cattolico, le “infiltrazioni massoniche nella Chiesa”. Mi limito a rammentare alcuni scritti e fatti documentati, tra i più noti. Nel 1859, Jacques Cretinau-Joly (18031875) diede alle stampe, con un Breve di felicitazione di Pio IX, la sua opera L’Eglise Romaine en face de la Révolution. Il libro è il frutto di numerose ricerche archivistiche sollecitate all’autore dagli stessi Sommi Pontefici Gregorio XVI e Pio IX. In esso vengono tra l’altro pubblicati dei documenti dell’Alta Vendita nei quali era esposto un progetto di infiltrazione del clero cattolico da parte della massoneria, per giungere a guadagnare alla propria causa persino la Sede di Pietro: “Noi dobbiamo giungere (…) al trionfo dell’idea rivoluzionaria per mezzo di un Papa”. “Quello che noi dobbiamo domandare, quello che dobbiamo cercare ed aspettare, come gli Ebrei aspettano il Messia, è un Papa secondo i nostri bisogni”. Per predicare una “rivoluzione in tiara e cappa” bisogna gettare le “reti nel fondo delle sacrestie, dei seminari e dei conventi”. Nel 1904, Mons. Enrico Delassus (18361921) pubblicò il volume Le problème de l’heure présente, col plauso di molti Vescovi e dello stesso cardinale segretario di Stato di Papa Pio X, Merry del Val. In questo libro, l’Autore riprendeva il tema del Cretinau-Joly (tomo I, capitoli XXII-XXIV) definendo questo tentativo d’infiltrazione persino sulla Sede di Pietro “il supremo attentato” alla Chiesa. Nel 1910, il sacerdote Emmanuel Barbier (1851-1925) pubblicava, con l’incoraggiamento di sei tra arcivescovi e vescovi francesi il suo “Infiltrations maçonniques dans l’Eglise”. Sono gli anni dell’eresia modernista condannata da San Pio X, ed il Barbier riporta tra l’altro dei passaggi inquietanti del libro, messo all’indice nel 1906, di Antonio Fogazzaro, Il Santo. Questo Santo dei modernisti, che prende il nome di Benedetto, si propone una rivoluzione generale della Chiesa dal suo interno. “Ecco – così parla Giovanni Selva, un personaggio del romanzo – siamo un certo numero di cattolici, in Italia e fuori, ecclesiastici e laici, che desideriamo una riforma della Chiesa. La desideriamo senza ribellione, operata dall’autorità legittima. Desideriamo riforme nell’insegnamento religioso, riforme nel culto, riforme nella disciplina del clero, riforme anche nel supremo governo della Chiesa. A questo fine, abbiamo bisogno di creare un’opinione che conduca l’autorità legittima ad agire secondo il nostro punto di vista, fosse anche solo tra venti, trenta o cinquant’anni” (ce ne misero 60…). Questa conventicola, per Fogazzaro, doveva essere segreta, “una massoneria cattolica” (3). A chi temeva che il Papa avrebbe pescato quei pesci nascosti per metterli in padella, era risposto che quando la pesca avrebbe fatto risalire alla superficie “laici importanti, sacerdoti, monaci, vescovi, forse cardinali”, il pescatore, spaventato, avrebbe lasciato ricadere in mare l’amo e le sue prede. La situazione era particolarmente delicata in Francia, dove nel 1905 il governo della Terza Repubblica, strettamente controllato dalla Massoneria, aveva dichiarato la separazione tra lo stato e la Chiesa e la denuncia unilaterale del concordato del 1801. Pochi sanno che il pretesto e l’occasione di tale misura fu dato dalla destituzione (1904) dalla sua sede episcopale di Digione di Mons. Albert Léon Marie Le Nordez (1844-1922), in quanto sospettato di essere affiliato alla massoneria, al punto che i suoi seminaristi si rifiutavano di ricevere dalle sue mani gli Ordini Sacri. La morte di San Pio X (1914) e la guerra mondiale operarono un profondo mutamento delle cose, non solo nella società temporale, ma anche nella Chiesa. Al declino dei cattolici integrali, che tenevano alta la bandiera della lotta al modernismo e alla massoneria, fece da contr’altare la rinascita di un neo-modernismo, subdolo per definizione, nel campo biblico, ecumenico, liturgico e sociale, a partire dagli anni ’20. Anche nei confronti della massoneria, iniziò un lento ma costante progresso d’infiltrazione settaria, tramite le discussioni e gli incontri tra esponenti del clero (soprattutto gesuiti) e delle Logge; il dialogo porterà, il 25 gennaio 1983, data della ‘promulgazione’ del nuovo codice di diritto canonico da parte di Giovanni Paolo II, alla cancellazione della scomunica ai massoni prevista dal canone 2335 del vecchio codice. I saggi consacrati al “dialogo” con la massoneria sono numerosi, sia da parte ‘cattolica’ che da parte massonica; basti qui citare i notissimi Le grandi concordanze tra Chiesa e Massoneria (Nardini, 1987) e Chiesa e Massoneria. Un DNA comune (Nardini, 1999) del sacerdote paolino Rosario Esposito, ove si troverà materia abbondante e ricca bibliografia al proposito; non mancarono anche delle messe in guardia, fin dai tempi del Concilio, ad esempio negli scritti di Pierre Virion e Léon de Poncins (4). Mi limito, in questa sede, a riassumere cose ben note. Il dialogo tra alcuni membri del clero cattolico e dignitari della setta massonica iniziò già prima del Concilio Vaticano II. Ricordiamo soltanto i casi più noti e importanti: nel 1928 il gesuita padre Gruber aprì il dialogo con il dignitario massonico Ossian Lang; negli anni ’30 il gesuita francese Berteloot con la Gran Loggia di Francia (A. Lantoine); Padre Berteloot mise in contatto il Nunzio Angelo Giuseppe Roncalli col barone Yves Marsaudon al quale Mons. Roncalli disse di restare in massoneria; nel 1952, il cardinale Innitzer, arcivescovo di Vienna, ricevette Bernard Scheichelbauer, Gran maestro della Gran Loggia di Vienna. Il Concilio Vaticano II operò, anche in questo campo, una svolta decisa rispetto al passato. Vale la pena di ricordare, innanzi tutto, i rapporti intercorsi tra la Loggia ebraica del B’nai B’rith e Giovanni XXIII. Jules Marx Isaac, membro del B’nai B’rith, ottenne da Giovanni XXIII un impegno a rivedere la posizione cattolica sui rapporti col giudaismo (cf Sodalitium, nn. 40 e 41). Giovanni XXIII affidò al cardinal Bea, messo a capo del segretariato per l’unione dei cristiani (cf Sodalitium, n. 38) le relazioni con la potente massoneria ebraica; la dichiarazione conciliare Nostra Aetate (28 ottobre 1965) sarà il frutto (iniziale) di questa collaborazione. Da allora il B’nai B’rith è regolarmente ricevuto in Vaticano (anche da Benedetto XVI Ratzinger). Nei suoi colloqui col nunzio Roncalli, il “fratello” Marsaudon aveva chiesto l’abolizione della disciplina ecclesiastica contro la cremazione: la domanda fu immediatamente esaudita da Paolo VI nel 1963. Durante l’assise conciliare il vescovo di Cuernavaca, in Messico, Sergio Mendez Arceo, chiese la modifica della disciplina ecclesiastica sulla massoneria. “…Le dichiarazioni Dignitatis humanae e Nostra Aetate, approvate dal Concilio ecumenico Vaticano secondo – scrive Roberto Fabiani, anche lui massone – erano state elaborate da prelati che avevano frequentazioni di logge massoniche. Sì, perché il fatto che nei templi della libera muratoria sedessero dignitari della chiesa cattolica non era affatto leggenda né materia per libellisti come molti credevano o speravano, ma rispondeva a pura verità. E di questi prelatimassoni il più autorevole aveva la statura, la dimensione culturale e l’apertura mentale del cardinale Franziskus König, arcivescovo di Vienna” (5) e figura di primo piano del Concilio stesso. Gli anni ‘60 e ‘70 videro svilupparsi, nel clima post-conciliare, numerosissimi incontri tra ecclesiastici e dignitari massonici. Padre Esposito ricorda il caso di ben undici cardinali: Cushing, Cooke, Cody, König (del quale si parla di iniziazione massonica nella Loggia Giustizia e Libertà dell’Oriente di Roma, nell’obbedienza di Piazza del Gesù) (6), Etchegaray, Alfrink, Feltin, Marty, Krol, Brandâo Videla e Lorscheider; molto più numerosi i Vescovi, alcuni dei quali (ad es. Pézéril, Joyce, Pursley) parlarono in Loggia, mentre Brandâo Videla addirittura in Loggia celebrò la “Messa” e dalla Loggia fu insignito (come pure il card. Arns) di un’alta onorificenza! Nel dialogo con la Massoneria si distinsero alcuni sacerdoti che, secondo Esposito, avevano facile accesso a Paolo VI, come il gesuita padre Riquet, ed il salesiano don Miano, del Segretariato per i non credenti, Segretariato diretto appunto dal card. König. Il dialogo sfociò anche in alcune decisioni ufficiali che autorizzavano la doppia appartenenza, alla Chiesa Cattolica, cioè, e alla Massoneria, seppur solo in alcuni casi particolari. Il primo documento al proposito è la decisione della Conferenza episcopale scandinavo-baltica dell’ottobre 1966. Nel febbraio 1968 è la stessa congregazione per la dottrina della fede, con a capo il card. Seper, ad effettuare un’inchiesta presso l’episcopato cattolico in vista di una revisione della disciplina sulla massoneria. Rispondono 13 conferenze episcopali, tutte sostanzialmente favorevoli a questa revisione; le prescrizioni del codice di diritto canonico sono già d’altronde totalmente disattese, risponde al card. Seper lo stesso card. König, che prepara la sua risposta collaborando con l’alto dirigente della massoneria austriaca Kurt Baresch (testi e storia in Esposito, Chiesa e massoneria. Un DNA comune, pp. 204-218). Il segretariato per i non credenti, diretto dal cardinal König, intraprese allora un dialogo ufficiale affidato al segretario, il salesiano don Vincenzo Miano, e a due esperti come Padre Caprile SJ e Padre Esposito SSP: le “Conversazioni Cattolicomassoniche di Roma e Ariccia”, tenute coi massoni Gamberini, Ascarelli e Comba, durarono dal 1969 al 1977. Nel frattempo, la lettera del cardinale Seper, della Congregazione per la dottrina della fede al cardinal Krol, presidente della Conferenza episcopale nordamericana, del 19 luglio 1974, sanciva l’apertura ed il cambiamento, di fatto, della legge della Chiesa, ammettendo la doppia appartenenza alla Chiesa e alla Massoneria, anche se solo in determinate circostanze. La lettera liberalizzatrice del cardinal Seper ebbe ripercussioni in varie Conferenze episcopali che l’applicarono ai loro rispettivi paesi: da quella dell’Inghilterra e del Galles (1974), a quella del Brasile (1975) e di Santo Domingo (1976). L’approdo di questo dialogo fu il nuovo Codice di diritto canonico (25 gennaio 1983), che “abroga” la scomunica dei massoni comminata da Clemente XII nel 1738 e rinnovata, fino ad allora, da tutti i suoi successori. Lo scandalo provocato dalla soppressione della scomunica, e dagli incontri che abbiamo descritto precedentemente, provocò però una parziale reazione già a partire dal 1980 (dichiarazione della conferenza episcopale tedesca contro la doppia appartenenza) che sfociò nell’intervento della congregazione per la dottrina della fede (card. Ratzinger) del 26 novembre 1983 nella quale si afferma che, pur essendo cessata la scomunica, vige ancora il divieto dell’affiliazione alla massoneria, e che i massoni non possono pertanto accostarsi alla santa comunione. Nel frattempo cosa era successo? Non è da escludersi che abbia influito sul parziale ripensamento della congregazione per la dottrina della fede lo scandalo causato dalle denuncie di numerosi giornali (quale il quindicinale antimodernista Si si no no, diretto da don Francesco Putti, e poi la famosa lista Pecorelli, pubblicata dallo stesso giornalista massone, poi assassinato, sul numero del 12 settembre 1978 della sua rivista Osservatore Politico) di affiliazione alla massoneria di molti e noti ecclesiastici, come i cardinali Baggio, Pellegrino, Marchisano, Poletti e Villot (questi ultimi due smentirono), nonché di mons. Bugnini, autore principale della riforma liturgica, allontanato in seguito a ciò dalla Curia romana e mandato in “esilio” nella nunziatura in Iran (7). Ancora di più dovette influire lo scandalo della Loggia massonica P2 di Licio Gelli. Alla Loggia P2 appartenevano, infatti, importanti esponenti della finanza “cattolica”, quali i banchieri Calvi e Sindona (entrambi inquisiti dalla giustizia e morti tragicamente e misteriosamente), nonché l’intimo amico e collaboratore del cardinal Lercaro, Umberto Ortolani; il tutto aveva coinvolto nelle indagini dei giudici italiani lo stesso Istituto per le opere di religione (IOR) vaticano, e il suo presidente, il vescovo Mons. Marcinkus (8). Le vicende della Loggia P2 fecero tornare d’attualità le questioni legate all’affiliazione di prelati cattolici alla massoneria: un “problema spinoso”, per usare le parole di padre Esposito nel cap. X (Il clero massone) della sua opera, già segnalata, Le grandi concordanze tra Chiesa e Massoneria. Secondo l’Esposito, che cita un’ampia bibliografia, sarebbero documentate le affiliazioni di alcuni cardinali (De Bernis, Delci (9), de Rohan, von Trautmansdorf-Vysberg e Brancaforte, tutti del XVIII secolo) e di una cinquantina tra Vescovi e arcivescovi, quasi tutti risalenti a tempi ormai lontani… il che non esclude appartenenze più vicine a noi, ma che il massonologo e massonofilo padre Esposito preferisce non rivelare. Alla morte di Paolo VI, tuttavia, la situazione era tale che il gran maestro del Grand’Oriente d’Italia, Giordano Gamberini (occasionalmente anche valdese e “vescovo” gnostico) scrisse di Paolo VI sulla Rivista Massonica (luglio 1978): “Per noi è la morte di Chi ha fatto cadere la condanna di Clemente XII e dei suoi successori. Ossia è la prima volta – nella storia della Massoneria moderna – che muore il capo della più grande religione occidentale non in istato di ostilità coi Massoni. E per la prima volta nella storia i Massoni possono rendere omaggio al tumulo di un Papa, senza ambiguità né contraddizione”. Per Padre Esposito, che rispose a Gamberini sulla Rivista massonica nel numero di agosto, “Egli” (Paolo VI) “avrebbe gradito” l’omaggio del Gran Maestro. “Nessun gesto esigeva maggior coraggio – scrive ancora il sacerdote paolino – di quello che doveva stare alla base della riforma – del ribaltamento – dei rapporti fra Chiesa cattolica e Massoneria”. Ribaltamento previsto, pare, da lunga data: “Il domenicano P. Felix A. Morlion, molto noto come fondatore dell’Università internazionale ‘Pro Deo’ [attuale LUISS, n.d.a.] e delle attività collaterali, (…) mi confidava un giorno di aver parlato con l’allora Mons. G.B. Montini dei rapporti disastrosi esistenti fra la Chiesa e la Massoneria. Il Montini gli disse: ‘Non passerà una generazione, e tra le due società la pace sarà fatta’. L’episodio è stato già da me accennato, senza fare il nome del Pontefice, in un articolo pubblicato su Vita Pastorale nel mese di dicembre 1974. Ora che il Pontefice è deceduto, non ci sono motivi per continuare a mantenere il segreto. E la previsione – starei per dire: la decisione – s’è verificata pienamente; l’incontro col Morlion non dovette aver luogo prima del 1948-1950; la lettera del S. Uffizio al cardinal Krol porta la data del 19 luglio 1974, perciò i termini di una generazione sono pienamente rispettati”. Quanto detto fin qui ha lo scopo di dimostrare come, malgrado i circa 3.500 documenti pontifici di condanna della Massoneria (tanti ne conta Padre Esposito), non mancarono mai, e non mancano neppur oggi, gli sventurati ecclesiastici che, come Giuda, tradiscono Cristo e la Chiesa affiliandosi alla massoneria o comunque favorendo le sue mire. Di più: dopo il Vaticano II si può arrivare al punto di poter parlare di una concordanza tra Massoneria e Chiesa cattolica, o meglio: tra la Massoneria ed i modernisti infiltrati nella Chiesa cattolica. Padre Ferrer Benimeli, ad esempio, citando la condanna della Massoneria voluta da Leone XIII, in quanto essa “lavora tenacemente per annullare nella società ogni ingerenza del magistero e dell’autorità della Chiesa e a questo scopo diffonde e pretende la separazione tra Stato e Chiesa” commenta: “oggi è il Vaticano che propugna quella stessa separazione tra Stato e Chiesa…” (cit. da Esposito, Chiesa e massoneria…, p. 170). E lo stesso Padre Esposito conclude, per così dire, scrivendo: “Il 27 ottobre 1986 Giovanni Paolo II invita ad Assisi i capi supremi di molte religioni. Tutti pregano per la pace, ognuno resta nella propria religione e prega con le proprie formule. Lo spirito di Assisi, che già si era espresso infinite volte, anche se in termini meno solenni e pubblici, ha poi compiuto molti altri passi. La Massoneria è stata istituita esattamente per impostare questo spirito e lo ha codificato fin dal primo giorno della sua esistenza. Fin da allora in loggia si radunano uomini di tutte le religioni, i quali proibiscono a se stessi di parlare di questo argomento. Ad Assisi i gerarchi di tutte le religioni pregavano e parlavano non di religione, un tema che li avrebbe divisi e contrapposti, ma di pace; in loggia i fratelli parlano e pregano per la stessa cosa, o per il perfezionamento dell’uomo, per lo sviluppo globale, per la beneficenza, la filantropia. È tolleranza, non è indifferentismo religioso, né sincretismo religioso. Ci saranno dei malpensanti o degli scandalizzati, ma almeno si rendano conto di stare dalla parte di Monsignor Lefèbvre e non del Concilio o di Papa Wojtyla” (ibidem, pp. 12-13). Se così è, non c’è neppur bisogno di affiliarsi alla Massoneria, giacché il seguire il neo-modernismo trasforma un battezzato in un fratello “tre puntini”. Non si è certo giunti in un attimo a trasformare (in maniera più o meno inavvertita) la quasi totalità del clero e del laicato cattolico in una grande loggia massonica. Si può quindi lecitamente supporre che numerose siano state le infiltrazioni della setta massonica tra le fila del clero cattolico; ma questa supposizione è ancora lungi dall’essere una dimostrazione dell’affiliazione alla setta del cardinal Rampolla, o di qualunque altro ecclesiastico…

Quando una presunta affiliazione massonica è invece una calunniosa leggenda
Non basta, infatti, una voce, uno scritto, un’affermazione, sull’affiliazione massonica di un prelato, sacerdote, vescovo, Papa, perché questa voce possa dirsi certa, o anche solo probabile e non infondata. La storia ci offre numerosi esempi di calunniose leggende contro dei campioni della causa cattolica, falsamente accusati di appartenere alla massoneria. Uno dei casi più famosi è certamente quello di Papa Benedetto XIV (Prospero Lambertini), il quale rinnovò la scomunica di Clemente XII contro la massoneria e intervenne presso il Re di Napoli, Carlo III, affinché vietasse ed estirpasse la setta dal suo Regno. Eppure, gli ipocriti omaggi di Voltaire, Swedenborg e Walpole al Pontefice, e le voci sulla Loggia Romana raccolte dal teologo protestante e massone Münster, valsero al Papa l’umiliazione di essere sospettato di essere lui stesso un massone, il che lo spinse, tra l’altro, a rinnovare la scomunica contro i suoi calunniatori. Ma a nulla valse il suo zelo antimassonico contro il pregiudizio, se ancora nel 1911 – come scrive Francovich – P. Duchaine avallava la falsa notizia dell’iniziazione del Lambertini (10), e nel 1961 il fr. Lesaint la diffondeva – come riferisce Coston – sulla rivista Pax (11). Dura a morire è anche la leggenda riguardante Pio IX. Il grande e santo Pontefice, che condannò la massoneria in almeno 28 importanti documenti, è stato accusato di essere lui stesso massone, e la calunnia dura ancor oggi, poiché il Dictionnaire des Francs-Maçons européens, pubblicato nel 2005, lo annovera tra i “fratelli” della Loggia Eterna Catena dell’Oriente di Palermo fin dal 1839, e trova una conferma di ciò nel fatto che “la sua appartenenza alla massoneria fu rivelata alla tribuna dell’assemblea nazionale, a Parigi, dal fr. Charles Floquet” (12). La fonte non citata del dizionario è un articolo di un certo Caubet, pubblicato nel dicembre 1865 sulla rivista Le Monde maçonnique. Lo stesso Monde maçonnique afferma, nel 1868, che Pio IX era stato iniziato a Filadelfia, negli Stati Uniti, nel 1823. Peccato che Mons. Mastai Ferretti non avesse mai visitato quel paese… Nel 1878 un’altra rivista massonica, La Chaîne d’union, presenta addirittura la testimonianza di un ‘teste oculare’, il padrino stesso dell’iniziazione di Mastai, che, questa volta, si sarebbe svolta nel 1811, a Thionville! Nel 1924, una rivista massonica francese e un libro stampato a Roma riprendono la calunnia. Yves Chiron, in uno studio dedicato alla questione (13), scrive che “oggi nessun massone sostiene più questa tesi” ed allega in testimonianza una lettera del bibliotecario del Grand’Oriente di Francia del 30 maggio 1995: dieci anni più tardi il Dizionario della Gran Loggia risusciterà, invece, la diceria. Diceria che, ricordo en passant, colpisce anche, non so se con più fondamento, il segretario di Stato di Pio IX, il cardinal Antonelli (1806-1876), che pur fu “amico devotissimo di san Giovanni Bosco” e, naturalmente, “intimo” di Pio IX, di cui fu fedele servitore per tutto il pontificato, fino alla morte (così l’Enciclopedia Cattolica) (14). Neppure la gloriosa figura del Cardinal Ottaviani è stata risparmiata. L’ultimo segretario del Sant’Uffizio, colui che si oppose in Concilio alle novità moderniste, colui che sottoscrisse il Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae, sarebbe stato massone, almeno secondo le insinuazioni, ben poco credibili, del venerabile della famosa Loggia P2 del Grand’Oriente d’Italia, Licio Gelli (15). I fatti documentati (e Gelli lo ammette) mostrano piuttosto l’intima amicizia tra il cardinal Lercaro, esponente di punta del progressismo conciliare ed artefice della riforma liturgica, col braccio destro di Gelli, Umberto Ortolani, ed invece ecco che neppure il nome di Ottaviani è risparmiato! Bisogna dar credito alle insinuazioni di un massone, giacché il demonio è il padre della menzogna? In questo Gelli (ancora vivente) è degno erede della Rivista della Massoneria italiana, la quale pubblicò, in due puntate, il 1 agosto 1892 e nel giugno-luglio 1895 degli elenchi di ecclesiastici massoni. “I due elenchi non hanno i carismi della severità”, scrive Padre Esposito. “Il torto della rivista – continua – (…) è anche quello di non controllare fino al raggiungimento della certezza, talune affermazioni che o appaiono manifestamente infondate, o non sono sufficientemente illustrate; in questo senso ricorderemo le insostenibili affermazioni di questo periodico (1895, 146) a proposito di Clemente XIV, di S. Antonio Maria Claret o del Nocedal” (16). Il grande esperto di massoneria (e nemico della setta) Henri Coston, scrisse dunque, nel 1964, parlando del caso Rampolla, dopo aver esposto i casi simili di Benedetto XIV e Pio IX (“L’accusa portata da degli antimassoni contro Mons. Rampolla assomiglia a quella portata dai massoni contro Pio IX” p. 172): “conto tenuto di quello che abbiamo detto e salvo eccezioni che ignoriamo – non possiamo naturalmente prendere per oro colato le affermazioni dell’autore de ‘Les Fils de la Lumière’ (Roger Peyrefitte) – sembra molto improbabile che dei sacerdoti della Chiesa cattolica romana siano massoni” (17). Nel 1992 Coston è più severo (nel frattempo c’è stato il Concilio): dopo aver ricordato il caso Rampolla e il caso Le Nordez, conclude: “se abbiamo parlato a lungo dei casi Rampolla e Le Nordez è per mostrare fino a che punto è difficile dimostrare l’appartenenza massonica di personaggi altolocati. (…) Ciononostante, non c’è fumo senza fuoco, secondo il noto proverbio, per cui, se è difficile dimostrare l’affiliazione di alti prelati a delle società segrete, in mancanza di documenti autentici, si può a giusto titolo considerarli per lo meno come alleati oggettivi della Massoneria, nella misura in cui il loro comportamento o la loro politica sono conformi alle intenzioni, agli scopi, al piano delle retrologge, che sono invece ben note” (18). Anticipando la mia conclusione, è difficile andar oltre il giudizio di Henri Coston, e di proclamare certo e dimostrato ciò che lui stesso ammise essere ancora, allo stato dei fatti, non dimostrato (19).
L’iniziazione massonica del Cardinal Rampolla: stato attuale di questa tesi.
Le prime notizie su di un’eventuale iniziazione massonica del cardinale segretario di Stato di Leone XIII risalgono – come vedremo meglio – al 1929, ovvero 15 anni dopo la morte del prelato, e ben 26 anni dopo il famoso conclave durante il quale il cardinal Puzyna pose il suo veto all’elezione del
cardinale Rampolla. Da allora, dal 1929, la versione “Rampolla-massone”, che deve la sua capillare diffusione ai numerosi scritti e conferenze del Marchese della Franquerie negli anni ’70, si è arricchita di nuovi elementi. La presento così com’è esposta nel libro L’Eglise eclipsée? (Delacroix, 1997, seconda edizione), opera collettiva de Les amis du Christ-Roi. “Alla morte di Leone XIII – si legge ne L’Eglise eclipsée alle pagine 72-73 della seconda edizione – la Massoneria pensò che era venuto il momento di installare uno dei suoi sul trono di S. Pietro. Il suo ‘uomo’ era il cardinale Rampolla del Tindaro! Segretario di Stato di Leone XIII, il cardinal Rampolla era un alto iniziato che riceveva, nelle Logge che frequentava, le istruzioni luciferine per applicarle nel governo della Chiesa. Fondò in Vaticano una retrologgia che doveva reclutare i più alti dignitari della Santa Sede. Durante le sue vacanze in Svizzera, il cardinal Rampolla si recava ogni sabato in una retro-loggia presso l’abbazia di Einsiedlen e ogni quindici giorni nella Loggia di Zurigo, per ricevervi le istruzioni del Potere Occulto: disarmare i cattolici di Francia mediante il loro ‘ralliement’ alla repubblica massonica; e fondare una retro-loggia all’interno della Chiesa, capace di fornire gli alti dignitari della Santa Sede, come i cardinali Ferrata, Gasparri, Ceretti, Bea ecc. Questa Loggia di Zurigo faceva parte dell’O.T.O., l’Ordo templi orientis di cui, in effetti, Rampolla era membro. Era arrivato ai più alti gradi dei culti luciferini, poiché apparteneva all’Ottavo e Nono grado dell’O.T.O., gli unici gradi che autorizzavano ad avvicinarsi al gran maestro generale nazionale e al capo supremo dell’Ordine, chiamato ‘brother superior’ (fratello superiore) o O.H.O. (Outer head of the Order). Non è senza interesse sapere che l’Ordo templi orientis fu fondato da Aleister Crowley, considerato il più grande satanista dei tempi moderni. (…) Monsignor Jouin, fondatore e direttore della Revue Internationale des Societés Secretès (R.I.S.S.), avendo le prove dell’affiliazione del cardinal Rampolla, incaricò il suo capo redattore, il marchese della Franquerie, di mostrarle ai cardinali ed ai vescovi di Francia. Félix Lacointa, direttore del giornale ‘Le bloc anti-révolutionnaire’ (ex-Le Bloc catholique) testimoniò, da parte sua nel 1929: ‘Nel corso del nostro ultimo incontro (con Mons. Marty, vescovo di Montauban), poiché lo tenevo al corrente delle scoperte fatte recentemente e poiché il discorso cadde sul cardinal Rampolla del Tindaro, mi disse che, nel corso della visita ad limina che fece a Roma, qualche tempo dopo la morte dell’ex- segretario di Stato di Leone XIII, fu chiamato da un cardinale (Merry del Val, segretario di Stato di san Pio X)… che gli raccontò con numerosi dettagli che alla morte del cardinal Rampolla furono scoperte tra le sue carte le prove formali del suo tradimento. Questi documenti furono portati a Pio X. Il santo Pontefice ne fu sconvolto, ma volendo preservare dal disonore la memoria del prelato fellone e con lo scopo di evitare uno scandalo, disse molto scosso: ‘Disgraziato! Bruciate! E le carte furono gettate alle fiamme in sua presenza’ (Virebeau: Prélats et franc-maçons, Paris 1978, p. 28). Al Conclave, il cardinal Rampolla concentrò su di lui la maggioranza dei voti, ma il cardinale dell’Impero austro-ungarico, Pusyna (sic), intervenne, e dichiarò che il suo governo si opponeva all’elezione di Rampolla. Il Sacro Collegio elesse così al suo posto il cardinale Giuseppe Sarto, che prese il nome di Pio X (nota: le rivelazioni relative all’episodio del cardinal Rampolla sono tratte dal documento: ‘Le Bloc Anti-révolutionnaire’, n. giugno-luglio 1929: ‘Le frère Rampolla’). I massoni erano quindi quasi riusciti, all’inizio del XX secolo, ad avere il ‘loro papa’ a capo della Chiesa nella persona del cardinal Rampolla del Tindaro. Una volta eletto, San Pio X, per avversare l’infiltrazione nemica nel clero, richiese a ogni sacerdote il giuramento anti-modernista al momento della sua ordinazione”. Fin qui la citazione de L’Eglise eclipsée. Un anonimo ha aggiunto le seguenti informazioni in un articolo consacrato a Mariano Rampolla del Tindaro nella “libera enciclopedia” virtuale, Wikipédia: “Dopo la sua morte [di Rampolla] un prelato francese, Mons. Jouin, fondatore della Revue internationale des sociétés secrétes, rese pubbliche delle carte che provavano, secondo lui, l’appartenenza del defunto Rampolla alla massoneria. Anzi, il prelato sarebbe stato gran maestro dell’Ordo Templi Orientalis (sic) (OTO), una loggia esoterica. Mons. Jouin dichiarò pure che era stato lui stesso a supplicare l’Austria di far uso del suo diritto di esclusiva per sbarrare la strada al trono di Pietro a un massone”. L’anonimo “internauta” si è probabilmente ispirato al recente libro di Craig Heimbichner, Blood on the altar. The Secret History of the World’s Most Dangerous Secret Society, (Emissary Publications, 2005). Di questo libro, (che non ho letto), sono state pubblicate delle recensioni assolutamente favorevoli nella stampa “tradizionalista”; ad esempio sulla rivista teologica dei domenicani di Avrillé, Le Sel de la terre (n. 56, primavera 2006, pp. 190-196), ed sul bollettino Sous la bannière (n. 126, agosto 2006, pp. 4-11) in un articolo firmato Félix Causas ed intitolato Le F.˙. Rampolla del Tindaro. Un cardinal affilié à la Contre-Eglise luciférienne. Entrambe le riviste sono dichiaratamente “lefebvriane”, ma il bollettino informatico Virgo Maria, pubblicato dall’abbé Marchiset, di tendenza sedevacantista-lefebvriana, ha interamente ripreso ed approvato l’articolo di Causas (Virgo Maria, 9 ottobre 2006, www.virgo-maria.org). Sulla scia di Heimbichner, Causas giunge ad affermare che tutti i Segretari di Stato, da Pio IX ad oggi, sono stati nominati dalla massoneria, e a criticare, tra gli altri, gli stessi Pontefici San Pio X, Benedetto XV e Pio XII. Sono state queste affermazioni, gravemente calunniose verso la Chiesa e dei legittimi pontefici, che mi hanno spinto a scrivere questo articolo: una cosa è mettere in dubbio la fedeltà di un alto prelato, fosse anche un cardinale; altra cosa accusare la Chiesa stessa, come di fatto, oltrepassando ogni limite della decenza, fa l’articolo di Sous la Bannière. Vedremo quindi assieme, cari lettori, quali sono gli argomenti a favore della tesi che sostiene che il Cardinale fu affiliato alla massoneria, e quali gli argomenti in contrario, per concludere poi con una severa condanna di un certo spirito di diffamazione e denigrazione della Chiesa tutta che serpeggia, purtroppo, tra alcuni “tradizionalisti”, macchiando così il buon nome dei veri difensori della fede cattolica integrale contro gli errori del modernismo. Iniziamo così il nostro “processo”, ricordando di già come, in vita, il cardinal Rampolla non fu mai giudicato dai tribunali della Chiesa (gli unici competenti, d’altronde, nei suoi confronti) per questa sua presunta affiliazione massonica; eppure sarebbe stato un dovere di chi avesse avuto dei sospetti al proposito il denunciarlo all’autorità ecclesiastica (can. 2336§2) per violazione del can. 2335, che vieta sotto pena di scomunica l’iscrizione alla massoneria, e per i chierici, aggiunge la pena della sospensione e della privazione di ogni beneficio, ufficio, dignità e pensione ecclesiastica (can. 2336§1). In assenza di un giudizio ecclesiastico, e del tutto all’oscuro del giudizio divino, cercheremo con gli argomenti dello storico, che sono sempre e solo i documenti, di avvicinarci alla verità.

Primo argomento: il veto di esclusiva dell’Imperatore durante il Conclave del 1903 contro il Cardinal Rampolla
La parola all’accusa. “È opportuno ricordare che il Cardinal Rampolla era praticamente eletto, ma che l’Imperatore d’Austria, conoscendo senza dubbio l’appartenenza del Segretario di Stato di Leone XIII alle retro-logge, mise il suo veto. Questo veto assolutamente provvidenziale impedì a un supposito di Lucifero di salire sul Trono Pontificio ed ebbe per benefico risultato di farvi salire un Santo” (Marchese de la Franquerie, Saint Pie X, sauveur de l’Eglise et de la France, ed. Résiac, 1976, p. 3). “C. Heimbichner ci precisa che fu Monsignor Jouin che fece decidere l’Imperatore d’Austria ad usare del suo diritto di veto per neutralizzare Rampolla, quando fu quasi certo che questo massone e satanista dell’O.T.O. stava per essere eletto papa. Monsignor Jouin, che aveva previsto la piega che avrebbe preso il conclave, persuase allora l’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria-Ungheria a invocare il ‘diritto di esclusiva’, che risaliva al XVII secolo, clausola da tempo dimenticata di un trattato tra Vienna e il Vaticano. Trattato che dava a Francesco Giuseppe il potere di veto sull’elezione di un papa. Fu così grazie a Monsignor Jouin, il venerato prelato ben al corrente delle manovre delle società segrete – che Rampolla fu messo da parte!” (Felix Causas, in Sous la Bannière, cit., pp. 8-9). “I massoni quindi, all’inizio del XX secolo, erano quasi riusciti ad avere ‘il loro papa’ a capo della Chiesa nella persona del cardinal Rampolla del Tindaro” (Les Amis du Christ-Roi, L’Eglise eclipsée, Delacroix, 1997, p. 73). La parola alla difesa. È questo l’argomento più noto al pubblico in favore dell’affiliazione massonica di Rampolla, ma non è né il più antico (Felix Lacointa, mi sembra, non ne fa cenno) né il più fondato. Anzi, è l’unico che si può dimostrare assolutamente falso. Incominciamo col far giustizia di alcuni particolari, assolutamente erronei, di questa tesi. Dopo la morte di Leone XIII, avvenuta il 20 luglio 1903, i 62 cardinali presenti a Roma si riunirono in conclave il 31 luglio seguente per eleggere il suo successore. Dopo sei scrutini, il 4 agosto fu eletto il cardinale Giuseppe Sarto, Patriarca di Venezia, che divenne così il grande San Pio X. Al primo scrutinio (1 agosto), si delinearono immediatamente le differenti tendenze del Sacro Collegio. Il Cardinal Rampolla, sostenuto dal voto unanime dei cardinali francesi e spagnoli (in sintonia, anche con gli auspici dei rispettivi governi) ottenne 24 suffragi; il Cardinal Gotti, gradito piuttosto ai governi degli Imperi centrali (Austria e Germania), ne ottenne 17; i voti dispersi tra altri candidati risultarono 21, dei quali 5 per il cardinal Sarto che poi sarà eletto; il quorum dei due terzi dei voti era fissato a 42 voti. Quando, il mattino del 2 agosto 1903, all’inizio del terzo scrutinio, il cardinale Puzyna de Kolzielsko, principe vescovo di Cracovia, dichiarò in nome di “Sua Maestà Apostolica l’Imperatore, Re d’Ungheria” l’esclusiva contro il cardinal Rampolla, quest’ultimo aveva ottenuto al secondo scrutinio solo 29 voti, e si fermò a 30 (senza più andar oltre) dopo l’intervento del porporato polacco: ben lontano, quindi, dai 42 voti necessari per l’elezione. È quindi storicamente infondata la tesi secondo la quale fu il veto dell’Austria ad impedire l’elezione di Rampolla: essa non fu resa impossibile dal veto (i cardinali protestarono, anche ufficialmente (20) contro l’inammissibile interferenza di un potere secolare sul conclave), ma dal fatto che Rampolla, semplicemente, non aveva, fin dall’inizio, i voti necessari per l’elezione. Il Veto imperiale, semmai, aveva rischiato paradossalmente di ottenere l’effetto contrario! (21). In secondo luogo, è impossibile che Mons. Jouin abbia deciso l’Imperatore a far uso (o meglio, abuso) del suo “diritto” di veto contro il Cardinal Rampolla, secondo la versione di Wikipedia e di Causas, al seguito di Heimbichner. Non solo, infatti, è inverosimile che l’Imperatore Francesco Giuseppe si sia fatto convincere ad un passo così grave da un semplice parroco, per giunta di una nazione straniera, qual’era Mons. Jouin, ma, soprattutto, perché nel 1903, quando si svolsero i fatti, Mons. Jouin non si occupava assolutamente di questioni massoniche. Sono proprio le Edizioni Saint-Rémy, vicinissime alle associazioni CSI (Catholici semper idem) e Amici di Cristo Re che hanno avuto il merito di ripubblicare la vita di Monsignor Jouin (1844-1932) scritta dal canonico Sauvêtre. Fu solo all’età di 65 anni che colui che fondò e diresse fino alla morte la R.I.S.S. (Revue internationale des Sociétés Secrètes) iniziò a interessarsi al complotto massonico, in seguito ad un incontro con l’ex segretario del Grand’Oriente di rue Cadet, Jean-Baptiste Bidagain (1870-1926) (22), colui che – nel contesto dell’affaire des fiches – fu all’origine della caduta del ministero Combes. L’incontro con Bidagain avvenne nel 1909 (23); la R.I.S.S. fu fondata nel 1912… troppo tardi per interferire nel Conclave del 1903! Quasi altrettanto inverosimile appare, agli occhi dello storico, lo zelo cattolico e antimassonico attribuito all’Imperatore Francesco Giuseppe. Questo non solo perché degli illustri suoi predecessori svolsero un ruolo importante nella massoneria (pensiamo a Francesco duca di Lorena e marito dell’Imperatrice Maria Teresa) o in suo favore (Giuseppe II e Leopoldo II, forse massone), ma in quanto lo stesso Francesco Giuseppe era ben lungi, purtroppo, dall’incarnare l’ideale del principe cristiano (le speranze dei cattolici integrali andavano piuttosto al suo erede, l’arciduca Francesco Ferdinando, che non per niente fu assassinato a Sarajevo dalla setta, e che intratteneva con l’Imperatore pessimi rapporti) (24). La politica ecclesiastica di Francesco Giuseppe, infatti, fu positiva tra il 1850 e il 1855 (data del concordato stretto con la Santa Sede), quando eliminò la legislazione giuseppinista dell’Austria; ma, soprattutto dopo la sconfitta del 1866, sotto il governo del protestante Beust, l’Austria promulgò tutta una serie di leggi anticattoliche che sfociarono nella denuncia unilaterale del concordato, il 30 luglio 1870, in avversione alla proclamazione del dogma dell’infallibilità pontificia. Fu così che mentre dal mondo intero dei volontari accorrevano per la difesa di Roma e del Papa, il governo austriaco non mosse un dito in difesa di Pio IX, e minacciò addirittura uno scisma. Con la “Triplice Alleanza”, l’Austria-Ungheria si legava in una alleanza militare con la Germania e l’Italia, due potenze che proprio in quegli anni si opponevano vivacemente al Papato, isolando così diplomaticamente la Santa Sede. A proposito della “giudeo-massoneria” (per utilizzare l’espressione cara a Mons. Jouin), Francesco Giuseppe avversò strenuamente la politica antigiudaica del borgomastro di Vienna, il cristiano-sociale Karl Lueger, e il governo austriaco non diede alcun particolare appoggio al Congresso antimassonico del 1896, che tuttavia si svolgeva in terra allora imperiale, a Trento (25). Al contrario, nel breve periodo di tempo che va dal 1896 al 1898, la Segreteria di Stato (quindi Rampolla) emetteva ben 41 documenti contro la “sètta nefasta” della massoneria! (26). Mons. Jouin non poté quindi parlare a Francesco Giuseppe del massonismo di Rampolla, né Francesco Giuseppe aveva motivo di ostacolare Rampolla per questo motivo… Ma gli argomenti contro la versione dell’accusa sono ancora più solidi. Se il cardinal Puzyna avesse fatto il pur minimo cenno, a tutto il Sacro Collegio o anche solo a qualche Cardinale, del fatto che Rampolla fosse stato massone, come spiegarsi l’indignazione di tutti i cardinali per l’intervento austriaco, visto come un grave attentato alla libertà della Chiesa? Come spiegare il fatto che egli ottenne ancora numerosi voti fino all’ultimo scrutinio? Come spiegare il fatto che tra gli elettori più convinti di Rampolla ci sia stato un cardinale che sarà, sotto il pontificato di San Pio X uno dei più acerrimi sostenitori della politica antimodernista del Papa, il Cardinale Vives y Tuto (27)? Come spiegare che il cardinal Sarto stesso abbia verosimilmente sempre votato, a tutti gli scrutini, per il cardinal Rampolla (28)? Di più: come spiegarsi la reazione dello stesso cardinal Sarto, divenuto San Pio X, il quale, tra i primi atti dopo l’elezione, non impose il giuramento antimodernista (come scrive Causas), che data dal 1910 e nulla ha a che vedere col caso-Rampolla, ma condannò invece solennemente il Veto di esclusiva? Sì, perché pochi mesi dopo il conclave, il 20 gennaio 1904, San Pio X promulgò la costituzione apostolica Commissum nobis che trascrivo integralmente: “Il compito di governare tutta la Chiesa, così come è stato disposto da Dio, Ci ammonisce severamente ad adoperarCi con tutte le forze affinché, a seguito di un potere estraneo, non venga pregiudicata in qualche modo quella libertà che Cristo le concesse quale patrimonio comune, e che tanti araldi del Vangelo, tanti santissimi sacerdoti, tanti illustri Nostri Predecessori difesero con la parola, con gli scritti, ed anche con spargimento di sangue. Sollecitati dal loro esempio e dalla loro autorità, non appena salimmo, ancorché inadeguati, a questa Cattedra di Pietro, ritenemmo fosse primario scopo del Nostro ufficio Apostolico far sì che la vita della Chiesa potesse esprimersi in modo completamente libero, rimossa qualsiasi interferenza esterna, così come la volle il divino Fondatore e lo richiede assolutamente la sua suprema missione. Ora, se nella vita della Chiesa qualche situazione esige al massimo grado la libertà, senza dubbio deve essere considerata quella che si riferisce all’elezione del Romano Pontefice, in quanto, ‘allorché si decide del Capo, non si tratta di una sola parte, ma di tutto il corpo’ (Gregorio XV, Aeterni Patris). A questa piena libertà nell’elezione del Supremo Pastore si oppone specialmente quel Veto politico, manifestato non una sola volta dai supremi reggitori di diverse nazioni, con il quale si tenta di precludere a qualcuno l’accesso al Supremo Pontificato. Se ciò qualche volta è accaduto, tuttavia alla Sede Apostolica non è mai risultato gradito. Ché anzi i Romani Pontefici, a ciò che stabilirono a proposito dei futuri Conclavi, si sforzarono con una convinzione ed un impegno fuori dal comune per respingere l’intervento di qualsiasi potere esterno alla sacra Assemblea dei Cardinali convocata per eleggere il Pontefice. Questo attestano le Costituzioni ‘In eligendis’ di Pio IV; ‘Aeterni Patris’ di Gregorio XV; ‘Apostolatus officium’ di Clemente XII, e particolarmente ‘In hac sublimi’, ‘Licet per Apostolicas’ e ‘Consultari’ di Pio IX. In verità, come poi l’esperienza avrebbe insegnato, le disposizioni fino allora stabilite per impedire il politico Veto o l’Esclusiva non corrisposero alle speranze e, per le mutate circostanze dei tempi, questa intromissione è apparsa nella nostra epoca ancor più destituita di qualsiasi fondamento di ragione e di equità. Pertanto, Noi, secondo l’ufficio Apostolico affidatoCi, seguendo le orme dei Nostri Predecessori, dopo matura riflessione, con certa scienza e con propria decisione condanniamo radicalmente il politico Veto ossia l’Esclusiva (come lo chiamano), anche sotto forma di semplice desiderio, e parimenti tutti gli interventi e qualsiasi mediazione, e stabiliamo che non sia lecito a nessuno, neppure ai supremi reggitori degli Stati, frapporsi o intromettersi con qualsiasi pretesto nella solenne operazione della elezione del Romano Pontefice. Pertanto, in nome della santa obbedienza, sotto la minaccia del giudizio divino e della pena della scomunica latae sententiae riservata speciali modo al futuro Pontefice, proibiamo a tutti e singoli Cardinali di Santa Romana Chiesa e a tutti gli altri che partecipano al Conclave, di ricevere l’incarico, sotto qualsiasi pretesto, da parte di qualsiasi potere politico, di far conoscere il Veto ossia l’Esclusiva, anche sotto forma di semplice desiderio, e di rivelare lo stesso Veto, di cui sia venuto a conoscenza per qualsiasi ragione, sia a tutto il Collegio dei Cardinali riunito, sia ai singoli Padri porporati; sia per iscritto sia a voce, sia direttamente e da vicino, sia indirettamente e tramite altri. Vogliamo che questo divieto sia esteso a tutte le citate mediazioni, intercessioni e a tutte le altre modalità attraverso le quali i poteri laici di qualsiasi grado ed ordine avranno voluto immischiarsi nell’elezione del Pontefice. Infine esortiamo caldamente i Cardinali di santa Romana Chiesa con le stesse parole dei Nostri Predecessori: in sede di elezione del Pontefice, ‘assolutamente incuranti delle intercessioni e delle altre considerazioni dei Principi laici (Pio IV, In eligendis; Clemente XII, Apostolatus officium) tenendo unicamente presente la gloria di Dio ed il bene della Chiesa, esprimano i propri voti a favore di colui che più degli altri hanno ritenuto, nel Signore, idoneo a governare fruttuosamente e vantaggiosamente la Chiesa universale. Vogliamo inoltre che questa Nostra Lettera, unitamente ad altre Costituzioni dello stesso argomento, sia letta alla presenza di tutti nella prima abituale Congregazione che si tiene dopo la morte del Pontefice; di nuovo dopo l’ingresso in Conclave e parimenti, se qualcuno sarà eletto all’onore della porpora, dopo il giuramento di custodire scrupolosamente le norme che sono decretate nella presente Costituzione. Ciò, nonostante possa essere contrario chicchessia, ancorché investito di speciale o specialissima dignità. A nessuno, dunque, sia lecito violare o con temerario ardimento contraddire questa pagina del Nostro divieto, ordine, dichiarazione, vincolo, volontà, ammonizione, esortazione, comando. Se poi qualcuno volesse contrastare ciò, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Santi Apostoli Pietro e Paolo. Dato a Roma, presso san Pietro, il 20 gennaio dell’anno dell’Incarnazione del Signore 1904, anno primo del Nostro Pontificato” (29). Dopo aver letto un simile documento, come si può anche solo lontanamente ipotizzare che Francesco Giuseppe ed il cardinal Puzyna abbiano agito nell’interesse della Chiesa? E come si può offendere Mons. Jouin, al punto di attribuirgli una complicità con un’aperta violazione dei diritti e della libertà della Chiesa? Obiezione dell’accusa. Come spiegare allora l’intervento del cardinal Puzyna, ed il Veto d’Esclusiva dell’Austria contro il Cardinal Rampolla? Un simile grave intervento non si giustifica forse solamente nel caso di una rivelazione così importante come quella dell’affiliazione del Rampolla alla massoneria? Risposta della difesa. Abbiamo già visto – citando le parole di San Pio X – come il Veto d’esclusiva fosse un abuso, e non il frutto di un trattato (mai esistito) tra la Santa Sede e l’Austria. Un abuso corrente, però, e tutt’altro che eccezionale, dovuto sempre a motivi politici. Vediamo alcuni esempi nella storia (30). Il Cardinale Gianpietro Carafa ricevette ben tre volte l’esclusiva da Carlo V, imperatore, ma alla terza non se ne tenne conto e fu eletto col nome di Paolo IV (1555). Il cardinale Aldobrandini per tre volte ricevette l’esclusiva dalla Spagna, e al quarto conclave divenne Papa Clemente VIII (1592). Il Cardinale Pamphili ebbe l’esclusiva dal Re di Francia Luigi XIV, e tuttavia divenne Papa Innocenzo X (1644). Il Cardinal Chigi aveva avuto l’esclusiva dalla Francia nel conclave del 1665 (altri due cardinali in quel conclave furono esclusi, uno dalla Spagna e uno dalla Francia), e fu eletto come Papa Alessandro VII. In altri casi l’esclusiva impedì effettivamente l’elezione di un cardinale: il cardinal Paolucci fu escluso dalla Francia, e venne eletto Innocenzo XIII; il Cardinal Cavalchini fu escluso dalla Francia, e venne eletto Clemente XIII; il Cardinal Bellisomi fu escluso dall’Austria, fu eletto Pio VII; il Cardinal Severoli fu escluso dall’Austria, e fu eletto Leone XII; il Cardinal Giustiniani fu escluso dalla Spagna, e fu eletto Gregorio XVI; il cardinal Gaysruck non fece a tempo a giungere in conclave per portare il veto dell’Austria al cardinal Mastai, che sarà Pio IX… Come si vede il veto d’esclusiva era sì un abuso, ma purtroppo ricorrente quasi in ogni conclave, e non certo perché l’escluso fosse in odore di massoneria: il caso del cardinal Rampolla non sembra essere diverso da quello di tanti altri illustri esclusi prima di lui per motivi prettamente politici. Il motivo dell’esclusione del Rampolla, infatti, è chiaramente da ricercarsi nell’indirizzo politico che egli, in quanto Segretario di Stato di Leone XIII, diede alla diplomazia vaticana. L’attitudine intransigente di Leone XIII e del card. Rampolla sulla questione romana (intransigenza aumentata proprio con l’avvento di Rampolla alla Segreteria di Stato nel 1887 e il suo dissidio con lo statista – massone – Crispi) opponeva la Santa Sede al governo italiano, che aveva usurpato Roma e lo Stato della Chiesa. La Triplice Alleanza stretta nel 1882 tra Germania, Italia e Austria-Ungheria, isolava pertanto il Vaticano, che necessariamente tendeva ad appoggiare la duplice alleanza tra Francia e Russia. Da qui, tra l’altro, il tentativo (fallito) di un accomodamento col governo francese (il famoso Ralliement alla Repubblica del 1890) e i rapporti difficili con l’Austria nelle zone d’influenza russa come la Polonia (a quei tempi spartita tra Russia, Austria e Germania) e i Balcani (31). Emile Poulat vede la causa del Veto nelle complesse questioni polacche (e polacco era, difatti, il card. Puzyna): “è oggi ammesso che, durante il conclave in cui fu eletto Pio X, il veto apposto a Rampolla dall’imperatore d’Austria veniva dai vescovi polacchi (cf Mons. Walerian Meysztowicz, che gliene fa attestato d’onore, La Pologne dans la chrétienté, Paris, Nouvelles Editions Latines, 1966, pp. 136-139)…”; il nazionalismo misticheggiante dei polacchi non sopportava la politica della Santa Sede verso la Russia e si appoggiava, contro l’Impero zarista, sull’Austria (32). Da alcuni fu affermato che in realtà, con il Veto, l’Austria intendeva rendere un servizio alla Germania (così pensava il card. Mathieu) o piuttosto all’Italia, che temeva la politica intransigente del vecchio Segretario di Stato (33); ma Benedetto XV, che di Rampolla era come un figlio spirituale, ebbe a dire a Filippo Crispolti che il veto era invece “tutta farina austriaca”: “esplicitamente mi disse [l’Austria] aver fatto colpa al cardinale [Rampolla] d’aver eccitato troppo lo spirito slavo (…). Altra colpa gli fece di non aver richiamato subito il nunzio Agliardi dopo parole che questi avrebbe detto a Budapest (…). Ma fin da quando l’ambasciatore Revertera presso la Santa Sede, per riavvicinare la società nera [papalina] e la bianca [filo-italiana] fece trovare di sorpresa, a pranzo, colla mancanza di tatto in lui proverbiale, il Cardinal Rampolla e l’ambasciatore inglese presso il Quirinale (34), del che il Cardinale giustamente si dolse, il Revertera alimentò in Austria uno spirito di ripicca contro di lui…” (35). I documenti diplomatici francesi confermano le parole di Benedetto XV a Crispolti, a proposito dell’appoggio dato dal Cardinal Rampolla alle aspirazioni indipendentiste degli slavi cattolici (36), croati e sloveni. Anche per Adrien Loubier (Bonnet de Viller), che pure crede fermamente al massonismo di Rampolla (p. 93), la questione slava è la vera causa del veto austriaco contro di lui (37). Insomma, se i motivi del Veto contro Rampolla possono essere stati diversi (e convergenti), essi sembrano tutti d’ordine politico; una presunta affiliazione massonica del Cardinale come motivo del Veto è invece da escludere, dato quanto scritto precedentemente. Ulteriore argomento della difesa. Un ultimo argomento a conferma: San Pio X lasciò al cardinal Rampolla la presidenza della Pontificia Commissione Biblica (il cardinale si dimise dall’incarico nel 1908) dopo di che, nel 1908 appunto, fu nominato Segretario del Sant’Uffizio, segretario della S.C. per i Vescovi, nonché ad altri incarichi di Curia (nel 1910); è impossibile pensare che San Pio X abbia potuto nominare a tali uffici della Curia romana un prelato conosciuto come massone.
Secondo e terzo argomento: le testimonianze di un prete e di un Vescovo francesi, raccolte da Félix Lacointa
L’accusa. Presentiamo innanzi tutto il teste d’accusa. Si tratta di Felix Lacointa. Nato a Tolosa nel 1870, Lacointa è stato un valoroso giornalista cattolico integrale (38), amico di quel sacerdote Emmanuel Barbier, direttore de La critique du Libéralisme, il quale ricevette da San Pio X encomi ed incoraggiamenti ben meritati. Dal 1902 al 1927, Lacointa diresse Le bloc catholique,
che nel 1927 prese (dovette prendere, vedremo perché) il nome di Le bloc antirévolutionnaire. È proprio questo periodico che, nel 1929, pubblicò le notizie che costituiscono il secondo e terzo argomento d’accusa contro il cardinal Rampolla. Nel numero di febbraio Lacointa riferisce di un incontro che ebbe col Vescovo di Montauban, Mons. Marty. In quest’occasione, il prelato francese gli disse: “in occasione della visita ad limina che fece a Roma, qualche tempo dopo la morte del’ex Segretario di Stato di Leone XIII, fu chiamato da un cardinale – poiché è ancora vivo non ne faremo il nome per evitargli delle noie – che gli raccontò con numerosi dettagli che alla morte del cardinal Rampolla si scoprì tra le sue carte la prova formale del suo tradimento. Questi documenti schiaccianti furono portati a Pio X: il santo Pontefice ne fu terrorizzato ma, per preservare dal disonore la memoria del cardinale fellone e per evitare uno scandalo, disse, profondamente turbato: ‘Disgraziato! Bruciate!…’ E le carte furono gettate al fuoco in sua presenza” (39). Nel numero di giugno-luglio della stessa rivista, Lacointa pubblica una nuova testimonianza, questa volta di un sacerdote francese del quale non venne pubblicato il nome. Detto sacerdote scrisse a Lacointa per raccontare di una visita che egli fece nel 1907 all’abbazia di Einsiedeln, assieme ad altri 30 sacerdoti francesi. Da due mesi il cardinale villeggiava a Einsiedeln, ed i sacerdoti chiesero di essere ricevuti. “Ci parlò dell’eroismo sublime dei sacerdoti francesi vittime della Separazione [tra Stato e Chiesa] sembrando dirci che se non fosse stato allontanato dalla Cattedra di Pietro non saremmo caduti in questa terribile situazione dovuta a Pio X. Colpito dalla sua aria da gran signore volli scrivere un libretto che raccontasse tutti i dettagli di questa visita. Chiesi ad un libraio cattolico se avessi potuto ottenere una breve prefazione dall’Eminentissimo per il mio opuscolo. Quale non fu il mio stupore nel sentirmi rispondere a bruciapelo: ‘Inutile! Non ne vale la pena: ogni quindici giorni va alla loggia di Zurigo!’ Considerai la battuta come un atto di rancore del libraio e abbandonai il mio progetto di un opuscolo. Questa parola m’è tornata in mente dopo le voci che corrono su vari organi di stampa a proposito del cardinale, e ve la riferisco per quel che vale. F.A., sacerdote” (40). La difesa. Le due testimonianze sono, a prima vista, impressionanti. Sono anche decisive? Vedremo in seguito cosa pensare dell’autorità in materia di Felix Lacointa, che, in fondo, è la sola fonte diretta di questi due racconti (non sappiamo se, ad esempio, Mons. Marty abbia mai pubblicamente confermato quanto Lacointa gli attribuisce). Si tratta però, appunto, non di testimonianze dirette, ma de relato: vengono riferite cose dette da altri, e questo molti anni dopo i fatti (gli articoli sono del 1929, i fatti risalirebbero al 1907 e a dopo il 1913, data della morte di Rampolla). La testimonianza del sacerdote anonimo non ha certo gran valore, giacché non sappiamo nulla sul misterioso libraio in questione. Più serio il racconto “vaticano” che risalirebbe ad un cardinale [anonimo per Lacointa, Merry del Val per Franquerie, il quale Merry del Val fu consacrato vescovo proprio da Rampolla] tramite la testimonianza di un Vescovo. Vediamo però, dalle parole stesse di un Papa, come possano facilmente essere deformate delle confidenze fatte in tutti gli ambienti, non esclusi quelli vaticani. Durante la prima guerra mondiale, Benedetto XV accettò di farsi intervistare da un giornalista francese, tal Latapie, del quotidiano La Liberté. Dall’intervista (che pur era stata effettivamente concessa) risultavano delle dichiarazioni del Papa che, specie in un clima di guerra, parvero gravissime, in quanto favorevoli alle potenze degli Imperi centrali (Austria e Germania). Lo scandalo in Francia e altrove fu enorme. Benedetto XV scrisse allora, l’11 luglio 1915, al card. Amette, arcivescovo di Parigi (che il 25 giugno aveva riferito al Sommo Pontefice della “dolorosa emozione” causata in Francia dall’intervista a La Liberté): “Voi sapete che rifiutiamo ogni autorità al signor Latapie il quale non ha riprodotto, nel suo articolo, né il Nostro pensiero né la Nostra parola, e che ha voluto pubblicarlo senza alcuna revisione o autorizzazione da Nostra parte, malgrado la promessa fattane. Del resto, non ha potuto sfuggire alla vostra perspicacia che il Nostro autentico pensiero deve essere cercato negli atti pubblici e ufficiali della Sede apostolica, e non da racconti o rapporti privati di incontri avuti con Noi; la passione politica o i pregiudizi individuali fanno spesso interpretare le parole ascoltate che, in seguito, passando di bocca in bocca, prendono proporzioni fantastiche” (41). Il Marchese Crispolti, intimo amico di Benedetto XV e che fu ricevuto in udienza subito dopo il giornalista Latapie, narra come le parole del Papa poterono, anche in buona fede, essere deformate, sottolineando alcune confidenze fattegli, ed omettendo delle precisazioni che cambiavano il senso di quanto detto (42). Le confidenze che dal Vaticano raggiunsero il giornalista Lacointa non direttamente ma indirettamente, non possono essere state deformate come lo furono le parole che Benedetto XV riferì direttamente al giornalista Latapie? Una conferma di quanto detto viene dal documento riservato scritto da Mons. Umberto Benigni, fondatore del Sodalitium Pianum, l’associazione anti-modernista tante volte benedetta da San Pio X, all’approssimarsi del Conclave dal quale, nel 1914, uscirà eletto proprio Benedetto XV. Mons. Benigni stese la lista di tutti i cardinali che avrebbero potuto prendere parte al conclave (la salute di San Pio X declinava quando la lista fu redatta il 27 agosto 1913) e per ciascuno diede un giudizio senza peli sulla lingua, in perfetto stile Benigni. Giunto al cardinal Rampolla, che evidentemente non godeva della simpatia del nostro Monsignore, scrisse: “uomo superiore, spirito pieno di illusioni, sognatore, il Jules Verne della politica ecclesiastica, il Crispi del governo papale, megalomane” (43). Non si tratta certo di complimenti! Eppure Mons. Benigni considerava probabile l’elezione di Rampolla, il quale invece morì nel dicembre seguente, prima di San Pio X. Non una parola, però, di un’affiliazione massonica del cardinale… Eppure Mons. Benigni, esperto nemico della massoneria, aveva lavorato a lungo in Segreteria di Stato, conosceva i segreti della Curia, aveva a sua disposizione, come si sa, una struttura di… “spionaggio” dei nemici interni (modernisti, democristiani) ed esterni (giudei, massoni, comunisti) della Chiesa. Se veramente ci fossero stati non dico certezze ma anche solo voci di un tradimento, non ne sarebbe stato forse al corrente? Tanto più che, nella medesima lista, non teme di porre al fianco del nome del Cardinal Agliardi i fatidici “tre puntini” seguiti da un punto interrogativo, indice di un sospetto di affiliazione massonica per quel cardinale che effettivamente fu un importante e autorevole protettore dei modernisti (44). Mons. Benigni sospettò di Agliardi, dunque, non di Rampolla; né, dopo la morte di Rampolla, fece mai cenno all’episodio raccontato dal Lacointa o a fatti simili… E certamente Mons. Benigni non era tipo da nascondere o bruciare documenti che avrebbero dimostrato l’affiliazione massonica di un prelato o anche di un cardinale (tanto più se il cardinale in questione era venerato come un maestro da coloro che decretarono la fine del suo Sodalitium pianum, ovvero Benedetto XV e il cardinal Gasparri)!

Quarto argomento: la rivista The Equinox dimostrerebbe come Rampolla facesse parte dell’Ordo Templi Orientis (O.T.O.) del mago Aleister Crowley (la “Gran Bestia 666”)
L’accusa. L’accusa è stata pubblicata inizialmente da due riviste antimassoniche: La Libre parole (1 luglio 1929) (45) e Le bloc antirévolutionnaire (giugno-luglio 1929) (non so esattamente quale delle due riviste ha avuto la precedenza sull’altra, anche se, come abbiamo visto, Le Bloc aveva già iniziato la sua campagna con un primo articolo nel febbraio 1929). Entrambe le pubblicazioni fanno riferimento ad una rivista, The Equinox, organo ufficiale dell’Ordo Templi Orientis, allora pubblicata a Detroit, negli Stati Uniti (46). Il numero di marzo 1919 (pervenuto nelle mani dei redattori delle due riviste antimassoniche francesi solo dieci anni dopo, quindi, nel 1929), pubblica alla p. 199 “una lista dei principali affiliati che l’hanno illustrata più recentemente”. Questa lista, che “fa parte del Manifesto ufficiale dell’O.T.O. firmato da L. Bathurst, IX, gran segretario generale” include 14 nomi, uno dei quali è quello del “Cardinal Rampolla”. “La nostra accusa – conclude Félix Lacointa, direttore del Bloc antirévolutionnaire – è quindi giustificata: il Segretario di Stato di Leone XIII ha fatto parte di una delle più alte Logge conosciute”. “Nel contesto della testimonianza del grande Pio X e di quella dell’umile pellegrino di Einsiedeln, il nome scoperto nell’annuario di The Equinox costituisce una prova decisiva: ho il diritto di affermare che il Segretario di Stato di Leone XIII apparteneva effettivamente a una delle logge della Setta” (47). In un articolo successivo di Le Bloc antirévolutionnaire (anno 1931) intitolato Le F.˙. Rampolla (suite) Félix Lacointa risponde alle prime obiezioni sollevate dai suoi articoli contro il cardinal Rampolla, parla del ruolo nell’O.T.O. di Aleister Crowley “famigerato capo dei massoni adoratori di Satana” (p. 38) e precisa che la lista di nomi che comprendeva quello del cardinal Rampolla tra gli affiliati dell’O.T.O. più illustri, era una lista “dei nomi degli affiliati morti negli ultimi cinque anni che separano un volume da quello successivo” (p. 40). I riferimenti precisi e dettagliati al volume dell’O.T.O. dati dalle due riviste antimassoniche, il carattere riservato se non segreto della rivista The Equinox, la categorica affermazione del Manifesto dell’Ordine del 1917 pubblicato da The Equinox nel 1919, dimostrano che Rampolla era non solo massone, ma satanista. La difesa. Anche se – a mia conoscenza – gli attuali sostenitori dell’affiliazione massonica di Rampolla non sono in possesso del volume di The Equinox (e sarebbe comunque interessante consultarlo; nel fondo Giantulli-Vannoni di Verrua Savoia ho per ora reperito solo il volume I, n. VII, anno VIII, del marzo 1912, allora stampato a Londra) non si possono avere dubbi sul fatto che i redattori di La libre parole e Le Bloc antirévolutionnaire l’abbiano consultato e copiato, come essi stessi affermano; d’altra parte la rivista The Equinox, come rivista dell’O.T.O. (e dell’A.A.) è certamente esistita. Anche la R.I.S.S. (n. 5, 1 maggio 1929, partie occultiste, pp. 137-145) pubblicò integralmente il Manifesto dell’O.T.O. e la lista degli “adepti”. Per di più, oggi chiunque può leggere il famoso “Manifesto” su internet, ad esempio a quest’indirizzo: http://lib.oto-usa/libri/ liber0052.html; in questo testo, che è considerato il “Liber LII” delle opere di Crowley, viene data la famosa lista di celebri appartenenti all’O.T.O., nella quale compare effettivamente il nome del Cardinal Rampolla. Detto ciò, Félix Lacointa, e gli altri che con lui e dopo di lui hanno dato pieno credito alle affermazioni di The Equinox, avrebbero dovuto essere un poco più prudenti, e meglio esercitare il loro spirito critico. Questo non solo perché non sarebbe il primo caso nel quale una rivista massonica, anche se ad uso solo interno [per la verità The Equinox era in pubblica vendita] attribuisce a delle personalità cattoliche un’affiliazione massonica inesistente (abbiamo visto i casi dei Papi Benedetto XIV e Pio IX). Questo appunto è già stato sollevato dallo stesso Henri Coston: “Cosa c’è di vero in questa storia? È indiscutibile che il documento citato esisteva. Félix Lacointa e i redattori della Libre parole l’avevano avuto per le mani. Si trattava di un piccolo quaderno [per Lacointa un volume di almeno 199 pagine… ed il numero in nostro possesso ne ha più di 400!] stampato, con la firma del Gran Segretario Generale Bathurst. Era semplicemente una bufala? (…) [Crowley] aveva incontrato – come si diceva – Rampolla? Avrebbe quindi, in quest’occasione, sedotto il futuro cardinale fino al punto di fargli dimenticare i suoi doveri verso la Chiesa? Oppure l’aveva iscritto d’ufficio nella lista dei fondatori dell’O.T.O. senza avvisarlo? O ancora, semplice mitomane, aveva posto nel documento il nome di un celebre dignitario della Chiesa per convincere altre personalità religiose o laiche a far parte della sua società? È impossibile dirlo” (48). Ancora una volta Henri Coston, che pure si fa eco di una notizia diffusa a suo tempo da un quotidiano di cui diventerà il direttore (La Libre parole) è lungi dall’avere le certezze del buon Lacointa. Ma questo dubbio un po’ generico aumenta ancora se si esamina da vicino il testo dell’O.T.O. così come fu pubblicato da Lacointa. Esso, infatti, presenta insuperabili incoerenze che rendono inattendibile la fonte. Lacointa, infatti, scrive che quella lista di 14 nomi, inclusa nel Manifesto dell’O.T.O. del 1917 pubblicato da The Equinox nel 1919, contiene i nomi di illustri personalità appartenenti all’O.T.O. e morte negli ultimi cinque anni. Questi dati (appartenenza all’O.T.O.; morte negli ultimi cinque anni) sono assolutamente impossibili per un buon numero delle 14 personalità citate. La fonte, ovvero The Equinox,è quindi, salvo meliore judicio, del tutto inattendibile. Prima di dimostrarlo, diamo la lista dei nomi così come la riporta Lacointa, citato da Sous la bannière (p. 7):
Tutti questi personaggi sarebbero stati membri dell’O.T.O. e morti, secondo Lacointa, nei cinque anni precedenti il 1917 o 1919 (quindi tra il 1912/14 e il 1917/19). Per verificare l’esattezza di questi dati sarà sufficiente allora controllare le date di morte delle 14 personalità in questione, nonché la data di fondazione dell’O.T.O. Iniziamo da quest’ultimo punto. È evidente che nessuno può essere stato membro dell’O.T.O. se è morto prima della fondazione di questa setta occultista. Ora, è ammesso dalle fonti stesse dell’O.T.O. (49), che l’Ordine fu fondato, sulla carta, dall’industriale austriaco Carl Kellner (18501905) nel 1896, ma che in realtà l’Ordine massonico-templare fu presentato come tale solo nel 1904 ed iniziò a funzionare effettivamente solo tra il dicembre 1905 e il gennaio del 1906 per opera del massone e teosofo tedesco Theodor Reuss (1855-1923). Edward ‘Aleister’ Crowley (1875-1947), la “Gran Bestia 666” entrò a farne parte solo verso il 1911-1912, e pur non essendone stato il fondatore ne divenne ben presto il principale esponente. In pratica, i membri dell’Ordine si consacravano alla magia sessuale. All’O.T.O. corrispondeva anche una struttura “religiosa” fondata dalle stesse persone, la “Chiesa gnostica cattolica”, nel cui seno era ed è celebrata una “messa” oscena nella quale si trova un “Canone” con un elenco di personaggi particolarmente “venerabili”, elenco che ha una stretta attinenza alla lista dei 14 nomi riportata da Lacointa; ci ritorneremo. Nella lista delle opere di Crowley, la “messa gnostica” è designata come il “Liber XV”, e si trova anch’essa su internet (in barba al segreto iniziatico!) all’indirizzo: www.hermetic.com /sabazius/gmnotes.html Affinché i 14 personaggi della lista fossero tutti effettivamente membri dell’O.T.O., è necessario che fossero ancora viventi nel 1904, o almeno nel 1895. Ora, questo è assolutamente impossibile per Goethe, che era in effetti massone, ma che morì nel 1832; per Nietzsche, feroce anticristiano, ma che impazzì nel 1889 (e morì nel 1900); per Sir Richard Payne Knight, che morì nel 1824; per Sir Richard F. Burton, celebre esploratore, morto nel 1890; per Hargrave Jennigs, morto anch’egli nel 1890, occultista; per Richard Wagner, il celebre musicista, deceduto nel 1883; per il mago occultista Eliphas Levi, pseudonimo dell’ex abbé Alphonse-Louis Constant, deceduto nel 1875; per il folle Re Luigi II di Baviera, il protettore di Wagner, che si suicidò nel 1886. Erano invece membri dell’O.T.O., tra i nomi della lista, Carl Kellner († 1905), che come abbiamo visto ne fu l’ideatore o il pioniere; Franz Hartmann (1838-1912); Papus (il dott. Gérard Encausse) (1865-1916). Forlong Dux (ovvero James George Roche Forlong), essendo morto nel 1904, avrebbe potuto, in teoria, far parte dell’O.T.O., come Rampolla (deceduto nel 1913); di von Fischer i membri stessi dell’O.T.O. attuale non conoscono con certezza l’identità. Certo, il fatto che Rampolla sia inserito in questa lista di membri dell’O.T.O. non può provare nulla, giacché almeno 8 membri della lista non potevano farne parte! Ma qual è allora, se c’è, il senso di questa lista? Non certo quello di affiliati dell’O.T.O. (abbiamo visto che ciò è impossibile per molti di essi) e neppure di affiliati morti nei cinque anni precedenti la pubblicazione della lista (tra i veri membri Goethe Sir Richard Payne Knigt Sir Richard F. Burton Forlong Dux Il re Luigi di Baviera Richard Wagner L. Von Fischer Fréderic Nietzsche Hargrave Jennings Karl Kellner Eliphas Levi Franz Hartmann Cardinal Rampolla Papus (Dr. Encausse) dell’O.T.O. dovremmo depennare Kellner morto nel 1905, e Forlong, deceduto nel 1904). Il testo del Manifesto dell’O.T.O., che Lacointa (e quindi Sous la bannière) ha riprodotto solo parzialmente, ci dà un inizio di spiegazione. Dopo aver preteso che l’O.T.O. include ben 18 società iniziatiche (tra le quali i Cavalieri di Malta e quelli del Santo Sepolcro) (punto n. 1 del Manifesto), Crowley presenta (punto n. 2 del Manifesto) una doppia lista di membri, a suo dire, dell’O.T.O.: una prima, di quanti – nel passato più remoto – costituirono le assemblee dell’O.T.O. (“In more remote times, the constituent originating assemblies of the O.T.O. included such men as: e segue una lista di 54 nomi) e poi un’altra, quella che già conosciamo e composta di 14 nomi, incluso Rampolla, di coloro che hanno illustrato “recently” l’associazione esoterica. Abbiamo già visto come otto di questi personaggi non possano essere considerati membri dell’O.T.O., per una semplice ragione anagrafica. Il problema è però risolto se, massonicamente, si considera che l’O.T.O. non è nato nel 1906, ma nella notte dei tempi. È quello che vuol far credere Crowley, giacché i “fondatori dell’OTO” (i 54 della prima lista), sono i seguenti personaggi: Fohi, Laotze, Siddartha [il Budda], Krishna, Tahuti, Ankh-f-khonsu, Herakles [Ercole], Orpheus, Vergilius [il poeta Virgilio], Catullo, Marziale, Apollonio di Tiana [un pitagorico], Simon Mago, Mani, Basilide, Valentino, Bardesanes, King Wu, Christian Rosenkreutz [il mitico ‘antenato’ dei Rosacroce], Ulrich von Hutten, Paracelso, Michael Maier, Jakob Boehme, Francis Bacon, Andrea [il fondatore dei Rosacroce], Robertus de Fluctibus [Robert Fludd], Chau, Saturno, Dioniso, Amfortas, Ippolito [si tratta di Sant’Ippolito!], Merlino [il Mago della saga della tavola rotonda], Artù [Re Artù!], Titurel, Percivale [Parsifal], Mosheh [Mosè], Odisseo [Ulisse], Mohammed [Maometto], Hermes, Pan, Dante [Alighieri], Carolus Magnus [Carlomagno], William di Schyren, Frederick of Hohenstaufen [il Barbarossa], Roger Bacon, Jacobus Burgundus Molensis [Jacques de Molay, l’ultimo gran maestro dei Templari], Ko Hsuen, Osiride, Melchizedek, Khem, Menthu [dei egiziani!], Johannes Dee, Sir Edward Kelly, Thos, Vaughan, Elias Ashmole, Comte de Chazal, Sigismund Bacstrom, Molinos [il famoso eretico autore del quietismo]. È evidente che tutti questi personaggi del passato non hanno mai fatto parte dell’O.T.O., tanto più che molti di essi, come le divinità pagane romane, greche, egiziane o orientali, non sono nemmeno mai esistite. Si potrebbe buttarla sul ridere e dire che Rampolla è massone come Mosé e Carlomagno, o il Mago Merlino! Si capisce perché Lacointa nel suo articolo del 1929, si guarda bene dal riprodurre questa prima lista, che getta il ridicolo anche sulla seconda, che invece pubblica a causa del nome di Rampolla. Nell’articolo successivo del Bloc antirévolutionnaire (quello del 1931) nel quale Lacointa risponde alle prime obiezioni, non può invece evitare di parlare almeno un po’ di questa prima lista stravagante di personaggi, mitici o reali, che vanno dalla preistoria fino al XVII secolo. Lacointa, a suo tempo, replicò così: “bisogna ignorare tutto delle pratiche e delle abitudini massoniche per non sapere che si tratta di nomi di guerra [pseudonimi] (…) sotto i quali si celavano i nomi di certi adepti. ‘Quest’abitudine – mi scrive un eminente e venerabile corrispondente – non fa che dar maggior peso alla rivelazione dei nomi degli affiliati morti negli ultimi cinque anni che separano un volume da quello che gli succede’ È in questa categoria che è comparso il nome del cardinal Rampolla” (p. 40). La risposta di Lacointa (e anche in parte della R.I.S.S., l.c., p. 139, nota 4) non è soddisfacente. Infatti, il vero fondatore dell’O.T.O. figura nella seconda lista (è Kellner); 8 membri su 14 di detta lista sono morti prima della fondazione dell’O.T.O.: se i nomi della prima lista sono pseudonimi, perché non anche quelli della seconda? Infine, il senso di queste due liste ci è spiegato dal Canone della Messa gnostica, opera di Crowley (Liber XV: Ecclesiæ Gnosticaæ Catholicæ Canon Missæ). Si tratta di una lista di 70 nomi – che si trova interamente su internet e in parte in varie pubblicazioni (50) – e che corrisponde quasi esattamente alle due liste del Manifesto del 1919: un dettaglio colpisce subito: il nome del cardinal Rampolla è scomparso. A parte il nome di Rampolla, tutti gli altri 13 nomi della lista pubblicata da Lacointa si ritrovano nel “canone della messa gnostica” (51), assieme però ai tantissimi nomi della prima lista, dalla quale pochi sono stati depennati, e pochi altri aggiunti (le due liste del Manifesto contano 68 nomi; il Canone circa 70). Ora, il canone della “messa gnostica” non presenta questi (circa) 70 personaggi come affiliati dell’O.T.O. (come nel Manifesto) ma come “santi” della Chiesa Gnostica Cattolica. Un esame di questo canone (e quindi anche delle liste del Manifesto) ci fa capire il motivo della inserzione di personaggi così diversi da parte di Crowley… Si tratta di persone (mitiche, o che sono esistite realmente) che hanno influenzato o impressionato lo stesso Crowley: “il celebre viaggiatore inglese Sir Richard Francis Burton, da cui era rimasto affascinato da ragazzo e da cui deriverà vari giudizi storici” (Introvigne), oppure Rabelais, dal quale prese l’idea dell’abbazia di Thelema, Eliphas Levi, del quale Crowley credeva essere la reincarnazione, essendo nato egli nell’anno della morte dell’altro (52). Crowley inserisce così i nomi delle divinità, degli scrittori e dei filosofi pagani, orientali e occidentali, specie se lascivi; dei rappresentanti dell’ideale ghibellino imperiale medioevale (Carlo Magno, Barbarossa, Dante); di quelli (letterari), del ciclo cavalleresco del Graal (Artù, Merlino, Parsifal). Il suo amico Reuss è un cantante dell’opera che ha conosciuto Wagner? Ecco iscritti tra i Santi (e nell’O.T.O.) Wagner stesso, e il suo protettore Luigi di Baviera. Ci sono i Rosacroce, dal mitico Rosenkreutz al vero Andrea, e i tanti alchimisti, rosacroce e massoni inglesi del Seicento. Non mancano gli antichi autentici gnostici (Simon Mago, Basilide, Valentino, Mani, Bardesanes) e pure un Santo (S. Ippolito), nonché un Papa (Alessandro VI), per ovvi motivi. C’è il Gran Maestro dei Templari (l’O.T.O. pretende di essere un Ordine Templare). Ci sono occultisti di ogni genere, ma Crowley è anche poeta ed artista, per cui inserisce ad esempio Paul Gauguin. Addirittura, tra i “Santi” c’è lui stesso per due volte: una come Crowley, e una come To Mega Thêrion (La Grande Bestia): una volta sola non gli bastava. Anzi, in fondo è presente più volte giacché egli credeva d’essere la reincarnazione di Ankh-f-Konsu (uno della lista) prete tebano ai tempi della XXVI dinastia, di Ko-Hsuan, discepolo di Lao-Tze, di Maometto, di Alessandro VI, di Eliphas Levi e di chissà quanti altri (53). Senza dubbio, almeno per un momento, la figura del cardinal Rampolla dovette affascinare Crowley (e questo è un argomento per l’accusa) poiché lo inserì nel Manifesto, per poi depennarlo immediatamente col Canone della “messa”. Non possiamo sapere però, perché lo incluse e perché lo escluse; senza dubbio non possiamo certo fare affidamento ad una lista partorita dalla mente malata di Crowley, lista che definire fantasiosa o mitologica è dir poco! Sarà anche la conclusione alla quale giunse la R.I.S.S., come vedremo tra poco…

Quinto argomento: il dossier di Mons. Jouin citato dal Marchese della Franquerie
L’accusa. Ecco la testimonianza di André Le Sage, che firmava i suoi libri come Marchese de la Franquerie (1901-1992): “Monsignor Jouin aveva avuto in mano l’affiliazione del Cardinal Rampolla e un intero dossier su di lui. Incaricò il Redattore Capo della ‘Revue Internationale des Sociétés Secrètes’ – che aveva fondato e dirigeva – di mostrare questo dossier ai vescovi francesi suscettibili di capire la gravità della cosa. L’Arcivescovo di Tours, Monsignor Albert Nègre, precisò al suo visitatore alcuni punti importanti concernenti un altro tradimento, quello del Cardinal Antonelli, Segretario di Stato di Pio IX, durante la guerra col Piemonte. Il Vescovo di Montauban, Monsignor Marty (…) confermò il tradimento del Cardinal Rampolla [vedi il terzo argomento, riferito da Lacointa, da noi già esaminato, n.d.a.]” (54). La testimonianza del Marchese della Franquerie (testimonianza diretta, poiché era lui il capo redattore della R.I.S.S. a partire dal 1929), collaboratore di Mons. Jouin, dimostra che anche il prelato francese, esperto e documentato nemico della massoneria, era convinto della realtà dell’affiliazione massonica del Cardinal Rampolla, basando questa sua convinzione su di un intiero dossier. La difesa. Cosa c’è di certo e indiscutibile a questo proposito? Gli elementi seguenti: Il marchese della Franquerie risulta effettivamente capo redattore della R.I.S.S. (nel 1929) e collaboratore di Mons. Jouin (anche se allora non risultava essere Marchese). Tuttavia, né Mons. Jouin né la sua rivista (la R.I.S.S.) hanno mai scritto una sola riga sulla presunta affiliazione massonica del Cardinale. O meglio, l’hanno smentita. Infatti, nel pubblicare la famosa lista dell’O.T.O. (il 1 maggio 1929, p. 139, nota 5) A. Tarannes scrive, sostituendo il nome del cardinale con le iniziali C…R…: “sopprimiamo qui il nome di un alto personaggio ecclesiastico, giacché l’allegazione del tutto gratuita di settari senza scrupoli, non può costituire un’accusa contro chicchessia”. Il marchese della Franquerie non ha mai pubblicato il dossier in questione, né ha mai diffuso, a proposito del caso Rampolla, altre informazioni che quelle già divulgate da Félix Lacointa, tranne, ne parleremo, quelle relative alla fondazione, da parte del Cardinale, di una retro-loggia in Vaticano. Se ne può concludere, con verosimiglianza, che nessun altro dato sia stato diffuso dal Franquerie sul caso Rampolla perché il famoso dossier non doveva contenere altre informazioni di quelle diffuse da Lacointa e già prese in esame, il che sembra confermato dalla data nella quale Mons. Jouin avrebbe costituito il famoso dossier (“verso il 1930”, dice il Marchese in un’altra conferenza, ovverosia subito dopo la pubblicazione degli articoli di Lacointa) (55). Altrimenti, de la Franquerie non avrebbe mancato, nelle numerose conferenze che diede per lunghi anni sulla questione, di apportare altri argomenti all’accusa. Henri Coston, grande esperto anche lui di questioni massoniche, e che non ha mai mancato di parlare del caso Rampolla, si guarda sempre dall’accennare alla tardiva testimonianza di de la Franquerie che, come abbiamo visto, è in contrasto con quanto scrive la stessa R.I.S.S. sulla questione! La prudenza di Coston non è infondata… Infatti, penso sia lecito avere qualche dubbio sull’attendibilità del nostro autore. Al Marchese della Franquerie va la stima e il rispetto che dobbiamo a chi ci ha preceduto nella lotta contro la massoneria ed il modernismo: il suo curriculum ci assicura che egli fece parte di questa onorabile “vecchia guardia”. Ebbi io stesso l’occasione di conoscerlo nell’ormai lontano 1975, e non è mia intenzione denigrarlo o mettere in dubbio la sua buona fede. Nella sua lunga attività di scrittore e uomo d’azione, ha ricevuto le felicitazioni di Cardinali, Vescovi e teologi, non esclusi Padre Garrigou Lagrange, Mons. Lefebvre e Padre Guérard des Lauriers. Ciò non toglie che, a volte, si possa mettere in dubbio la sua piena attendibilità. Quando si tratta – come nel nostro caso – di una testimonianza de relato, è inevitabile valutare l’affidabilità del testimone e il suo senso critico nel vaglio delle fonti. Ora è proprio questo, spesso, il punto debole del nostro autore. De la Franquerie, ad esempio, è noto per aver sostenuto in diverse sue opere l’ascendenza davidica dei Re di Francia e l’imminente venuta di un Gran Monarca e di un Papa Santo della medesima stirpe regale, discendenti entrambi di Luigi XVII, il quale non sarebbe morto al Tempio, ma sarebbe sopravvissuto. La teoria secondo la quale i Re di Francia discendono dalla Casa di Davide non è passata inosservata al cardinal Lustiger (il quale cita il nostro Marchese) (56) e ha nutrito le malsane fantasie di un Dan Brown, ma non ha, evidentemente, il minimo appiglio storico. In appoggio di queste sue due tesi (ascendenza davidica, Gran Monarca) il Franquerie cita una serie di apparizioni private mai approvate dalla Chiesa (e molte apocrife), e non esita ad avallare “l’autorità” di Nostradamus, mago e marrano (sia da parte paterna che materna), di Ferdinand Crombette (1880-1970), di Gaston Bardet (57), negli scritti dei quali è chiara l’influenza del cabalismo. L’ammirazione del Marchese per Nostradamus mi lascia credere che egli sia stato indirettamente influenzato, in questa materia, da un bizzarro personaggio, il canonico Rigaux, parroco d’Argœuves, che ospitò la veggente di La Salette, ma che fu anche sospeso a divinis nel 1911 (58), di cui parla a lungo un ex membro del Sodalitium pianum, l’abbé Boulin, in un libro curioso e postumo intitolato Autour de la Tiare (59). Quanto all’opera ed il pensiero di Crombette devono averlo veramente impressionato, se il marchese accettò di essere Presidente Onorario del CESHE (Cercle Scientifique et Historique), l’associazione che diffonde il pensiero di Crombette. Non mancano gli studi critici su Crombette, che oltre ad essere un personaggio un po’ originale, influenzato dalla gnosi e dalla cabala, giunse fino al punto di negare numerose verità di fede (60). Anche Gaston Bardet fu personaggio bizzarro, tanto da essere considerato da molti uno gnostico cabalista, benché, a suo dire, “cattolico”. Per lo meno, Etienne Couvert scrisse su Lecture et Tradition (61) rispondendo alla vedova di Bardet che difendeva la memoria dello sposo, che i libri di Bardet “sono impregnati di quella gnosi che denuncio nelle mie opere” e che il suo insegnamento “è evidentemente contrario alla fede cristiana, anche se egli ha pensato e scritto il contrario…”. Tuttavia, Bardet doveva essere miglior veggente di Nostradamus, poiché almeno una profezia l’indovinò, quando annunciò ad un turbato e incuriosito Mons. Roncalli che sarebbe diventato Papa, e che nome avrebbe preso sulla Cattedra di Pietro! (62). Altra passione del Marchese è il commento all’Apocalisse del venerabile Bartolomeo Holzauser (16131658), passione che ha trasmesso a tanti suoi estimatori d’oggi. Tutto ciò sarebbe lecito e legittimo, se non fosse che il Marchese considera ogni parola scritta dall’Holzauser come direttamente rivelata da Dio (63), il che è impossibile, non fosse altro per il fatto che, secondo l’esegeta tedesco, l’Anticristo avrebbe dovuto nascere nel 1855 ed essere ucciso nel 1911: nessuno se ne è accorto! (64) Ma quel che è peggio, e che rasenta l’eresia, è l’applicazione che de la Franquerie fa delle più importanti profezie messianiche (e che si riferiscono esclusivamente a Nostro Signore Gesù Cristo), al “Gran Monarca”. La promessa fatta a Davide di un regno eterno, ad esempio, non si realizzerebbe tanto nel Regno messianico di Cristo, ma piuttosto nel regno eterno della casa Reale di Francia, che discenderebbe da Davide. Ora mi chiedo: se il valore della testimonianza dipende dall’affidabilità del testimone, è lecito dubitare della testimonianza di un autore che dimostra di non vagliare sufficientemente le sue fonti, e di avere un’eccessiva passione per il bizzarro, l’insolito, persino – a volte – l’esoterico.


Sesto e ultimo argomento: la politica del cardinal Rampolla del Tindaro, e della sua “scuola”
L’accusa. La Terza Repubblica, in Francia, è stata notoriamente, secondo la felice espressione di Henri Coston, la “Repubblica del Grand’Oriente”. Il Cardinal Rampolla, con la politica del “ralliement” dei cattolici al governo repubblicano, ha oggettivamente lavorato in favore del Grand’Oriente e della Massoneria. Lo stesso Félix Lacointa scrisse nel suo articolo del giugno-luglio 1929: “ ‘Siamo stati ingannati’, disse, sul letto di morte, Leone XIII al suo Segretario di Stato, e l’illustre pontefice è spirato senza immaginare che il principale agente di questo abominevole inganno, l’uomo che aveva introdotto presso di lui gli emissari incaricati Copertina de la RISS (Partie occultiste: la serie rosa) di suggerirgli e di fargli continuare la vergognosa e nefasta politica di cui oggi raccogliamo i frutti orribilmente amari, era il suo collaboratore quotidiano, l’uomo che godeva della sua piena fiducia. Noi che eravamo ossessionati da tanti anni dal pensiero che frutti di quel genere dovevano essere il risultato di una gaffe satanica, ne abbiamo adesso la certezza. (…) Ci sono monumenti che bisogna smontare, e che la generazione che viene smonterà. Tra questi, quello del cardinal Rampolla. Una consolazione della mia modesta ma dura carriera di scrittore cattolico sarà quella di aver contribuito a rovesciare quello dell’astuto maestro il cui tradimento, ancor oggi, fa soffrire i figli migliori della Chiesa. Ho messo a nudo la fonte avvelenata di tanti errori e fellonie di cui il ‘Ralliement’ è il primo, e di cui l’ultimo, crimine innominabile, è la collusione dei democratici cristiani (?) coi comunisti. Ora i cattolici francesi sono stati messi in guardia. Sanno che la scuola del cardinal Rampolla, alla quale i cardinali Gasparri e Lépicier pretendono rimetterli, ben lungi dall’essere quella di San Tommaso, è quella di Giuda…” (65). La scuola del Cardinal Rampolla è il frutto del suo lavoro massonico in Vaticano, come testimonia il Marchese della Franquerie: “Il Cardinale passava le sue vacanze in Svizzera, all’Abbazia di Einsiedeln. Nelle vicinanze dell’Abbazia si trovava una retrologgia dove, ogni sabato, si recava per prendere le direttive del Potere Occulto e applicarle al Governo della Chiesa. Tra queste, due erano importanti per la Francia: concludere il ‘Ralliement’ dei Cattolici alla repubblica; ma per assicurare il regno luciferino nel seno stesso della Chiesa, fondare in Vaticano una retro-loggia segreta destinata a preparare degli alti dignitari della Santa Sede per mettere in esecuzione questo piano infernale. È così che il Potere Occulto sapeva di poter contare su uomini come i Cardinali Rampolla, Ferrata, Gasparri, Ceretti, Bea, Liénart ecc., per non parlare che dei defunti” (66). Felix Causas, in Sous la bannière, citando Heimbichner, fa altri nomi legati alla scuola di Rampolla: Giacomo Della Chiesa (Benedetto XV), Roncalli (Giovanni XXIII), Montini (Paolo VI), e Pio XII: “Con Craig Heimbichner esaminiamo un punto tristissimo. Il molto stimato Eugenio Pacelli (Pio XII) non subì anche lui l’influenza dell’O.T.O.?…” (p. 9). Anzi: “bisogna sapere che, a partire da Pio IX, praticamente tutti i segretari di Stato sono affiliati alla Loggia in virtù di un’esigenza della Contro-Chiesa” (p. 10, nota 8). La difesa, questa volta non più del cardinal Rampolla, ma della Chiesa Cattolica. Devo dire che sono proprio queste ultime parole di Félix Causas che mi hanno deciso a scrivere quest’articolo, perché un vero cattolico che ama la Chiesa non può sopportare così gravi calunnie proferite non contro i modernisti, non contro gli illegittimi occupanti della Sede di Pietro dopo il Vaticano II, ma contro la Chiesa stessa ed i suoi legittimi rappresentanti. La Chiesa cattolica infatti, almeno dalla nomina del cardinale Antonelli a Segretario di Stato di Pio IX (e magari anche prima, già sotto Pio VII, come sostiene l’équipe di Sous la Bannière ) (67) sarebbe stata sotto l’influenza della Massoneria e di Satana stesso; lo stesso cardinale Merry del Val, Servo di Dio e segretario di Stato di San Pio X, per alcuni non sfugge alle accuse di essere un “apostolo di Satana” (68). Queste accuse coinvolgono inevitabilmente i Sommi Pontefici stessi, ovvero Pio IX, Leone XIII, San Pio X, Benedetto XV, Pio XI, e Pio XII. Iniziamo però dal principio, e cioè dalle accuse di Lacointa e de la Franquerie. Le parole di Félix Lacointa, e anche del marchese della Franquerie, possono spiegare l’origine dell’accusa fatta non solo a Rampolla, ma ad altri Cardinali, come Ferrata, Gasparri, Cerretti. I nomi non sono casuali. Le “prove” contro Rampolla che abbiamo esaminato finora hanno dato loro solo una certezza di quello che già, nel loro cuore, era un grave sospetto. Dovuto a cosa? Lo dicono esplicitamente: ai due “errori” della politica vaticana: il “ralliement” dei cattolici alla terza repubblica, voluto da Leone XIII con l’enciclica Au milieu des sollicitudes (1892), e la condanna dell’Action Française, decisa sotto Pio XI con la messa all’Indice delle opere di Maurras e del quotidiano L’Action Française nel 1926. La responsabilità dei Papi (Leone XIII, Pio XI), è allora scaricata sui loro più vicini collaboratori. Il Cardinal Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato di Leone XIII, e quindi corresponsabile della politica del Ralliement. Il Segretario di Stato di Benedetto XV, cardinal Ferrata, che fu però Nunzio in Francia all’epoca del Ralliement, e quindi anche lui corresponsabile. Il Segretario di Stato di Benedetto XV e di Pio XI, Gasparri, che era all’Institut Catholique di Parigi dal 1880 al 1888, ma che soprattutto era Segretario di Stato all’epoca della condanna di Maurras. Ed il Nunzio a Parigi nel medesimo periodo, anche lui corresponsabile della condanna di Maurras, Bonaventura Cerretti. Lacointa e Franquerie, infatti, erano certo scrittori cattolici, ma anche monarchici che si schierarono con l’Action Française (69), e non a caso gli articoli contro Rampolla appaiono nel 1929, nel pieno della crisi tra la Santa Sede ed il movimento maurassiano: la condanna dell’A.F. è vista come un secondo Ralliement alla repubblica, che ripete l’errore del primo, ai tempi di Leone XIII (cf LOUBIER, op. cit., pp. 129 ss). Non è compito di questo articolo parlare del Ralliement e della condanna di Maurras, avvenimenti che hanno ferito tante anime dell’élite del cattolicesimo francese… Mi limito a dire che come cattolico sono fedele al magistero della Chiesa, con san Tommaso reputo la monarchia la migliore, ma non l’unica forma di governo, ed infine che la sottomissione al governo costituito (salvo i casi di legittima insurrezione) è presente nella pratica e nell’insegnamento della Chiesa dagli albori del Cristianesimo e poi lungo i secoli, ben prima di Leone XIII e del suo Segretario di Stato (70). È compito di quest’articolo, lasciata da parte la questione del Ralliement che è fuori oggetto, vagliare i pro e i contro della teoria “Rampolla massone”. Ora, se l’accusa considera che la politica rampolliana, e quella dei prelati della sua linea, getta un sospetto di vicinanza alla massoneria (non v’è dubbio, lo ripeto, che la Terza Repubblica fosse la Repubblica del Grand’Oriente), la difesa può dire altresì che questo “pregiudizio” politico sfavorevole ha potuto essere il motivo per il quale Rampolla e soci sono stati accusati di sicuro massonismo, in base a pochi ed incerti argomenti. Dato e non concesso che la politica francese di Rampolla sia un elemento d’accusa, bisognerebbe ancora esaminare tutta la politica ecclesiastica del segretario di Stato di Leone XIII, e di tutto il pontificato leonino. Ci si accorgerà allora che quello di Leone XIII fu in assoluto il pontificato più avverso alla Massoneria, nell’insegnamento e nelle iniziative, e che molti dei documenti anti-massonici di quell’epoca portano la firma proprio del segretario di Stato Rampolla. Anche l’attitudine del Cardinale verso il governo italiano, non meno massonico di quello francese, fu sempre assolutamente intransigente, molto di più di quella conciliatrice di san Pio X, ad esempio. Tanto è vero che la stampa cattolica intransigente italiana, ed i suoi esponenti, come i Monsignori Scotton de La Riscossa, ebbero sempre pieno appoggio nell’Opera dei Congressi e in tutte le loro attività, in primis il giornale intransigente La Riscossa, dalla Segreteria di Stato di Monsignor Rampolla (71); come pure furono legati a Leone XIII tutti gli intransigenti italiani come, ad esempio, Mons. Benigni. Costoro divennero, in seguito, gli alfieri della lotta al modernismo: il cattolicesimo integrale e antimodernista in Italia fu in piena continuità col pontificato leonino (a differenza di quello francese, come si può capire dalla messa all’indice, sotto San Pio X, di due libri dell’abbé Barbier critici di Leone XIII, malgrado l’appoggio che San Pio X dava a questo sacerdote esemplare). Non a caso, quindi, le voci sul massonismo di Rampolla nascono in Francia, e non tra gli ecclesiastici (abbiamo visto che la R.I.S.S. di Mons. Jouin negò ogni valore alla lista dell’O.T.O. per quel che riguarda il nome di Rampolla), ma tra i laici cattolici o nazionalisti (come nel caso della Libre Parole), per ovvi motivi più legati alle passioni politiche. Ma questo è un argomento contro la tesi dell’affiliazione massonica di Rampolla, che, se fosse stata vera, avrebbe lasciato qualche indizio non solo in Francia ma anche e soprattutto a Roma, per esempio – come visto – sulla penna di un Monsignor Benigni. Questo tanto più che la linea di Rampolla, intransigente sotto Leone XIII, non fu favorevole allo zelo antimodernista di san Pio X, come vedremo in seguito: il Sodalitium Pianum – che non stimava Rampolla – avrebbe avuto motivi ancora più gravi per accusare Benedetto XV ed il cardinal Gasparri: non lo fece. Quanto al cardinal Gasparri, qualche voce di massonismo è corsa (72), ben più scarsa che per Rampolla; certo le sue memorie presentano numerosi attacchi alla massoneria, e la R.I.S.S. di Monsignor Jouin poté sempre fregiarsi del pieno sostegno di Benedetto XV (73) e del cardinal Gasparri nella lotta contro la “giudeo-massoneria” (74); se fosse stato massone non si sarebbe fatto scrupolo di far morire la stampa antimassonica, dato che fece morire il Sodalitium pianum e la stampa cattolica integrale.

Il vero torto della “scuola del card. Rampolla”
L’accusa. Ma allora voi siete strenui sostenitori del cardinal Rampolla e della sua “scuola”! Risposta. Niente affatto. È lecito, allo storico, col dovuto rispetto, con obbiettività, con riferimento alle fonti documentarie, formarsi un’opinione sulle vicende storiche della Chiesa e dei suoi ministri. Abbiamo già visto qual fosse, nel 1913, l’opinione non certo lusinghiera di Mons. Benigni sul cardinale Rampolla del Tindaro. Sappiamo che a sua volta, il cardinal Gasparri aveva una pessima opinione di Mons. Benigni e del Sodalitium pianum, al punto che il Segretario di Stato di Benedetto XV e Pio XI testimoniò contro la canonizzazione di San Pio X perché Papa Sarto aveva favorito e sostenuto questo sodalizio e, in genere, le posizioni cattoliche integrali. La Chiesa ha giudicato diversamente dal cardinal Gasparri, ed ha canonizzato il Papa che condannò il modernismo, rispondendo a queste e simili obiezioni con la “Disquisitio circa quasdam obiectiones modum agendi Servi Dei respicientes in modernismi debellatione…” che il Padre (poi cardinale) Antonelli o.f.m., per la S. Congregazione dei Riti redasse nel 1950. Papa Pio XII (che conobbe personalmente e da vicino tutti i protagonisti di questa vicenda, Pio X, Gasparri, Benigni ecc.) (75) dichiarò, il 3 giugno 1951, che Pio X era Beato, e il 29 maggio 1954 che doveva essere contato nel numero dei Santi. Non era questa, abbiamo visto, l’opinione di tutti, anche nella Chiesa e nella Curia Romana, al momento della morte di Pio X, e anche prima, se il Santo Pontefice ripeteva amaramente: de gentibus non est vir mecum. Ho già citato la testimonianza di Filippo Crispolti, amico di Benedetto XV. Dopo la condanna del modernismo con l’enciclica Pascendi, il marchese Crispolti, appartenente quindi “alla scuola Rampolla”, venne ricevuto in udienza da Pio X e con lui si rallegrò “dell’effetto salutare che l’Enciclica avrebbe avuto e già mostrava di avere”. “Egli mestamente mi chiese: ‘Lei lo crede?’ E siccome io soggiunsi che il mio non era un complimento ma una persuasione ragionata, egli mostrò curiosità di queste ragioni e io gliele esposi”. Esse però non furono convincenti: “Il Papa ascoltò: le mie parole non gli parvero mal ragionate. Ma invece di convenire com’io per suo conforto desideravo, che un tal ragionamento (…) sarebbe stato efficace sugli animi dei modernisti o dei propensi al modernismo, egli continuò a scuotere il capo. Era ancora un uomo che ha compiuto un atto solenne, perché davanti a Dio n’aveva obbligo, ma quanto agli effetti rimase pessimista. E sì – conclude il Crispolti – che per riconoscere come il colpo da lui dato al modernismo fosse stato veramente mortale, pochi anni bastarono!” (76). Crispolti pensava che i fatti avevano dato ragione al suo ottimismo, e smentito quel Papa che “vide sempre in nero le condizioni della Chiesa che gli toccava di reggere”. Egli era convinto che il modernismo fosse vinto, e che il danno venisse semmai dagli antimodernisti, gli “zelanti”, i quali, secondo una parola dettagli dal cardinal Maffi, si sarebbero fatti un pretesto della Pascendi “per le solite loro violenze ed accuse” (77). Alla morte di San Pio X il Conclave esitò appunto tra il nome del Cardinal Maffi, Vescovo di Pisa, e quello del Cardinal Della Chiesa, Vescovo di Bologna, entrambi critici del pontificato del loro predecessore, ed ostili a quegli “zelanti” che si accanivano a condannare… un uomo morto (il modernismo). Nulla mutò nel magistero della Chiesa, che continuò a condannare l’errore modernista, e a propagare la Santa Fede. Cambiò, però, l’orientamento del pontificato. “Tra i modernisti e gli antimodernisti esisteva un ‘terzo partito’ impersonato fino al 1913 dal cardinale Mariano Rampolla del Tindaro (…). Rampolla, nel 1901, aveva scelto come suoi collaboratori diretti mons. Giacomo Della Chiesa e mons. Pietro Gasparri. (…) Pio X, dopo aver nominato segretario di Stato il cardinale Merry del Val, aveva allontanato dalla segreteria di Stato entrambi i protetti del Cardinal Rampolla [i quali, comunque, furono entrambi elevati alla porpora da San Pio X: Gasparri nel 1907, e Della Chiesa – a sorpresa – nel 1914, n.d.a.]. (…) Pio X morì il 3 agosto 1914: appena tre mesi dopo il conferimento della porpora, il 3 settembre 1914, Mons. Della Chiesa venne eletto, a sorpresa, al Soglio pontificio: ‘i retroscena del Conclave, ormai noti abbastanza nei circoli romani – scrive Buonaiuti a Houtin il 17 settembre 1914 – mostrano indubbiamente che l’elezione del Cardinal Della Chiesa ha voluto rappresentare l’indicazione di un governo ecclesiastico che fosse l’antitesi perfetta del regime di Pio X’. Quattro mesi dopo la morte di Pio X, mons. Eudoxe Mignot (1842-1918), arcivescovo di Albi, fece pervenire al cardinale Ferrata, primo Segretario di Stato del neoeletto Benedetto XV, un Memoriale in cui si attaccava duramente il movimento di reazione antimodernista promosso da san Pio X e invitava la santa Sede a una politica di ‘riconciliazione’ con i modernisti. Il 13 ottobre 1914, nominando, dopo il cardinale Ferrata, il cardinale Pietro Gasparri suo Segretario di Stato, Benedetto XV manifestò la sua decisa volontà di mutare l’orientamento del pontificato piano, tornando alla linea di governo ‘rampolliana’ abbandonata da San Pio X. Benedetto XV, in accordo con il cardinale Gasparri, smantellò il Sodalitium pianum (78) e tese la mano, senza successo, a Buonaiuti” (79). Il caso del Sodalitium pianum di Mons. Benigni non fu l’unico: Mons. Volpi fu privato della diocesi (80), i fratelli Monsignori Scotton furono privati di quel periodico, La Riscossa, che Leone XIII e Pio X aveva loro affidato, e vessati dal loro vescovo, estimatore di Fogazzaro, morendone di dolore (81), mentre al contrario tanti che erano stati sospetti di modernismo venivano riabilitati: tra di essi, un certo Angelo Giuseppe Roncalli, segretario del Vescovo di Bergamo, Mons. Radini Tedeschi… (82), e segreto ammiratore dell’americanismo condannato da Leone XIII (83). Bastano, questi elementi, per far pensare ad una affiliazione massonica, e perfino luciferina, di Rampolla e dei membri della sua “scuola”? A mio parere assolutamente no, e lo stesso Henri Coston è ben lungi dall’avere quelle certezze che contraddistinguono autori meno seri e intellettualmente meno onesti. Non massoni, pertanto, fino a prova del contrario, ma incapaci di riconoscere nel pontificato di San Pio X e nella lotta senza quartiere contro l’eresia modernista la grande battaglia del nostro tempo. Credettero, troppo facilmente, che l’eresia fosse vinta. Credettero che vi fossero state esagerazioni e zelo amaro nel combatterlo. Così, al termine del pontificato di Benedetto XV “l’aspro dibattito che aveva contrapposto il modernismo all’antimodernismo andò estinguendosi. Si aprì una stagione di apparente tregua in cui il modernismo parve inabissarsi e l’antimodernismo dissolversi” (79). I fatti, però, non hanno smentito il “pessimismo” di San Pio X ma le loro previsioni, veramente troppo ottimistiche. Il modernismo, che per sua natura non vuol lasciare la Chiesa ma cambiarla dal di dentro (84), dal seno e dalle viscere stesse della Chiesa, per usare l’espressione di San Pio X, non era morto. Tutt’altro. Come l’animale ferito e in pericolo, aveva fatto il morto, ma in realtà, eliminati i ringhiosi “cani da guardia” della fede, che magari a volte avevano abbaiato alla persona sbagliata, ma che sempre avevano difeso la Chiesa, era pronto a rialzare la testa. Canonizzando San Pio X, Papa Pacelli dimostrò invece che era vano quell’ottimismo, quell’irenismo, e che coloro che sotto San Pio X e con San Pio X avevano alzato la bandiera di un cattolicesimo integro da ogni compromesso avevano avuto ragione. L’enciclica Humani generis del 12 agosto 1950 condannava infatti la “Nouvelle Théologie”, il neo-modernismo che serpeggiava oltralpe dei vari Congar, Chenu, de Lubac, Danielou… mentre un cardinale arcivescovo di Parigi Suhard, invece, denunciava ancora il pericolo “integrista”: lo scontro d’inizio secolo non era ancora veramente concluso. Venne il Vaticano II. Il Vaticano II altro non è che una battaglia, persa, di questa secolare guerra dell’ortodossia cattolica contro l’eresia dei tempi nostri, il modernismo; e in questo caso, senza dubbio, la massoneria svolse il suo ruolo. La storia, si dice, è maestra di vita; mai maestra, però, fu più inascoltata. San Pio X operò chirurgicamente il tumore mortale, ma in seguito, pensando a una pronta e definitiva guarigione, s’interruppero delle cure considerate troppo dure e amare. Lo sfacelo attuale che, a cent’anni dall’enciclica Pascendi, devasta la Chiesa è sotto gli occhi di tutti, e già l’avrebbe portata alla morte, se ciò non fosse impossibile per promessa divina. Non ripetiamo l’errore dei nostri padri, non rallentiamo la lotta antimodernista, rendiamoci conto che l’eresia è il lupo rapace davanti al quale il pastore non deve fuggire, ma piuttosto esporre la vita. Oggi, dopo un secolo di lotte, sappiamo, più di ieri, che San Pio X aveva ragione.
Note
1) Giacomo Della Chiesa, fu segretario personale di Mons. Rampolla del Tindaro a Madrid. Divenuto Papa Benedetto XV, teneva il ritratto del cardinal Rampolla sulla scrivania (cf FILIPPO CRISPOLTI, Pio IX, Leone XIII, Pio X, Benedetto XV (Ricordi personali), Trevese Treccani Tumminelli, Milano-Roma, 1932, p. 153). Scrivendo al marchese Crispolti in occasione della morte del Cardinal Rampolla, Mons. Della Chiesa si espresse così a proposito del porporato: “Da Roma dove sono venuto a pagare l’ultimo tributo di affetto al mio venerato Padre e Maestro, scrivo a Lei per ringraziarLa delle affettuose condoglianze inviatemi a Bologna. Ella ha interpretato bene l’animo mio: forse nessuno ha avuto col compianto Cardinale una sì lunga dimestichezza come l’ho avuta io, nessuno è stato da lui prediletto come lo sono stato io. Immagini di qui l’amarezza dell’animo mio. Sono però contento di essere venuto a deporre un caldo bacio sulle fredde mani di Lui!” (lettera di Mons. Della Chiesa, arcivescovo di Bologna, al Marchese Crispolti, del 18 dicembre 1913, ibidem, pp. 153-154. Sui rapporti tra i due, vedi tutte le pp. 148-165).
2) Non fu sempre così. In occasione del cinquantenario della morte del Cardinal Rampolla, ad esempio, Fabrizio Sarazani pubblicò sul periodico Lo Specchio un articolo commemorativo favorevole al Cardinale siciliano e alla memoria di Leone XIII (Fabrizio Sarazani, La scuola del Cardinal Rampolla, in Lo Specchio, 31 marzo 1963). Sarazani era un esponente di quella parte della nobiltà romana fedele alla Chiesa che, in occasione del Concilio e della riforma liturgica, si schierò apertamente in favore della tradizione cattolica. Il periodico Lo Specchio partecipò in prima linea alla campagna contro il Novus Ordo Missae.
3) Antonio Fogazzaro (1842-1911), nipote del sacerdote liberale e rosminiano Giuseppe (1813-1901), fu esponente del Modernismo, ed ebbe a biografo TOMMASO GALLARATI-SCOTTI (La vita di Antonio Fogazzaro, Baldini & Castoldi, Milano, 1920; il libro è all’Indice). Fogazzaro non appartenne mai – per quel che se ne sa – alla massoneria, malgrado la stretta amicizia col “fratello” Arrigo Boito. Non mancarono in lui però gli interessi esoterici e occultisti, come quello per lo spiritismo di Andrzej Towianski (1778-1853) e dello scrittore marrano polacco, Adam Mickiewicz (1798-1855), che appartenne effettivamente alla massoneria, ed ha influenzato anche il pensiero e l’opera di Giovanni Paolo II (cf F. RICOSSA, Karol, Adam, Jacob, in Sodalitium, n. 49, aprile 1999, pp. 30-41; su Fogazzaro: p. 33 e nota 13, p. 40). Dopo la messa all’Indice del romanzo Il Santo (1906) fece una sottomissione reticente e puramente esterna ed apparente (cf GALLARATI-SCOTTI, pp. 447 ss) e furono numerosi i prelati che gli manifestarono simpatia e sostegno, tra i quali ben quattro Cardinali: Svampa, Agliardi, Capecelatro e Mathieu (ibidem, pp. 450-453). Col cambio di pontificato (1914) il Vescovo di Vicenza (la diocesi dello scrittore) Mons. Rodolfi, che aveva tessuto le lodi di Fogazzaro defunto, poté perseguitare liberamente i fratelli Monsignori Scotton, del periodico La Riscossa, fedeli alla linea di San Pio X (cf GIOVANNI AZZOLIN, Gli Scotton. Prediche, battaglie, imboscate, La Serenissima, Vicenza, 1998).
4) P. VIRION, Mystère d’iniquité. Mysterium iniquitatis, Ed. Saint Michel, Saint-Cenéré, 1967 (terza edizione) [Virion collaborò a lungo con la R.I.S.S. di Mons. Jouin]; L. DE PONCINS, Le problème juif devant le Concile (il testo, presentato ai Padri Conciliari, è stato poi incluso nell’opera collettiva Infiltrations ennemies dans l’Eglise, Documents et témoignages, La librairie française, 1970, pp. 69-84).
5) ROBERTO FABIANI, I massoni in Italia, I libri de l’Espresso, Roma, 1978, p. 78. Fabiani, ora deceduto, era egli stesso massone, ma avverso alla Loggia P2. La sua testimonianza è tanto più interessante in quanto egli spesso non avvalora le voci su prelati massoni in Vaticano; definisce ad esempio “montagna di panzane montata su documenti platealmente falsi” (p. 89) la serie di articoli pubblicati da don Putti su Si si no no su cardinali massoni, di cui alla nota 7, senza dir parola di Mino Pecorelli, che pure, pochi mesi prima, aveva pubblicato su OP la sua lista della “Loggia Vaticana”.
6) Cf ROBERTO FABIANI, I Massoni in Italia, cit., pp. 78 e 130; ALDO A. MOLA, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Bompiani, 1992, p. 744; C.A. AGNOLI, La Massoneria alla conquista della Chiesa, E.I.L.E.S., Roma, 1996, pp. 31-32. Il cardinal König patrocinò la rassegna ecumenista Kairòs, vero cenacolo guénoniano, del quale ci dà interessanti informazioni S. Panunzio in un articolo in memoria di don Divo Barsotti (in Metapolitica, nn. 2-3, maggio-agosto 2006, p. 41; cf P. TORQUEMADA, Costruiremo ancora cattedrali, in Sodalitium, n. 50, p. 21). Sempre König, come vedremo, rispose ad un’inchiesta della S.C. per la dottrina della Fede, in favore della Massoneria, dopo aver preso informazioni dal dignitario massonico Baresch, assieme al quale, nel 1970, König lavorò alla Dichiarazione comune di Lichtenau (cf Ferrer BenimeliCaprile, Massoneria e Chiesa Cattolica, San Paolo, 1979, pp. 191-194; AGNOLI, op. cit., p. 32). König fu il “grande elettore” di Giovanni Paolo II.
7) La rivista antimodernista Sì sì no no, diretta dal sacerdote Francesco Putti, pubblicò una lunga serie di articoli sulla massoneria e i suoi tentativi d’infiltrazione nella Chiesa a partire dal n. 5 del maggio 1975, e fino al 1977. Nel n. 6 di giugno 1976 furono accusati il card. Baggio e Mons. Bugnini; nel n. 7-8 (luglio-agosto 1976), il card. Pellegrino e mons. Marchisano; nel n. 9, settembre 1976, il cardinal Poletti. Intanto, la stampa nazionale aveva diffuso, durante l’estate, una lista di 114 prelati massoni. Don Putti, nel numero di settembre, a p. 2, scrive a proposito di questa lista pubblicata il 10 agosto da Panorama: “si potrebbe pensare che l’articolo si proponga di allargare ancor più lo scandalo degli ecclesiastici realmente massoni, ma da un esame appena un po’ più attento, è evidente che il suo principale scopo è quello di difendere, nascondendoli nella massa (114!) i veri massoni. (…) Inoltre, da un attento esame dei 114 nominativi che risultano nell’ elenco pubblicato risulta evidente che è uno scaltro, ma non intelligente, atto di strategia massonica. Infatti, i nomi dei veri massoni, dei quali già eravamo a conoscenza, sono stati mescolati con quelli di molte persone che sarebbe assurdo credere massoni. La massoneria, accortasi che si era in possesso di un elenco autentico, vi ha scaltramente inserito molti altri nomi (fino a 114!) allo scopo di suscitare il disorientamento e, di riflesso, la non credibilità di qualsiasi notizia data, o da dare, anche sugli ecclesiastici realmente massoni: per i lettori ingenui e irriflessivi ed a favore dei massoni interessati, è stato così sollevato un gran polverone. (…)”. Il 12 settembre 1978 la rivista OP (Osservatorio Politico) di Mino Pecorelli pubblicava un articolo (La gran loggia vaticana) con la lista di 122 ecclesiastici massoni (Pecorelli era la fonte anche della lista del 1976, anche se tra le due liste vi sono alcune divergenze, con aggiunte e soppressione di nomi). Padre Esposito scrive: “per quanto ci risulta, solo su pochissimi nomi è possibile avanzare dubbi d’appartenenza” (R. ESPOSITO, Le grandi concordanze tra Chiesa e Massoneria, Nardini, Firenze, 1987, p. 358, nota 2). Al contrario, il magistrato C.A. Agnoli (La Massoneria alla conquista della Chiesa, op. cit.) espone degli argomenti per dimostrare che le due liste sono nel complesso (ma non per tutti i nomi) affidabili anche se non esaustive; stranamente, non menziona gli articoli di don Putti, e la sua opinione al riguardo. Pecorelli, membro della loggia massonica P2, fu assassinato il 20 marzo 1979. Mons. Bugnini, pur smentendo ogni affiliazione alla massoneria, ammette che la sua caduta in disgrazia fu dovuta a questa accusa (A. BUGNINI, La riforma liturgica (1948-1975), CLV-Edizioni liturgiche-Roma, 1983, p. 13 e 279).
8) All’abbondante pubblicistica sulla Loggia Propaganda 2 (P2) si è aggiunto recentemente il libro-intervista di Sandro Neri a Licio Gelli, Parola di Venerabile (Aliberti, Reggio Emilia, 2006). Sui rapporti tra Licio Gelli, il Venerabile, appunto, della Loggia, e Paolo VI, cf pp. 71, 105-106, 224; su Umberto Ortolani, pp. 199-200, 210.
9) L’appartenenza del cardinal Delci (o d’Elci) alla massoneria è legata alle informazioni sull’esistenza di una Loggia romana della quale il cardinale sarebbe stato Venerabile, e due altri porporati, Domenico Passionei e Stefano Borgia, affiliati. Sulla questione, ancor oggi dubbia, si veda CARLO FRANCOVICH, Storia della massoneria in Italia dalle origini alla Rivoluzione Francese, La Nuova Italia, Firenze, 1974/1989, pp. 120-123.
10) Cf C. FRANCOVICH, op. cit., pp. 114-131.
11) H. COSTON, La République du Grand Orient, op. cit., p. 175.
12) M. GAUDART DE SOULAGES, H. LAMANT, Dictionnaire des Francs-Maçons européens, Dualpha, Paris, 2005, p.755. Gli autori sono massoni ed il Gran Maestro della Gran Loggia Nazionale di Francia, Jean Murat 33, ha scritto la prefazione al dizionario.
13) Y. CHIRON, Pie IX et la Franc-Maçonnerie, Editions B.C.M., Niherne. Ho tratto da questo opuscolo le informazioni su Pio IX e la massoneria. Molti altri dettagli sulle accuse fatte a Pio IX e Benedetto XIV in H. COSTON, La République du Grand-Orient, La librairie française, 1964/1976, pp. 172-176.
14) Lo accusano FELIX LACOINTA in Le bloc antirévolutionnaire, anno 1931, p. 38 (senza timore di essere smentito, scrive Lacointa); MARQUIS DE LA FRANQUERIE, L’infaillibilité Pontificale, DPF, 2 ed. 1973, p. 76 (attribuisce l’informazione al Vescovo di Tours).
15) S. NERI, Parola di Venerabile, op. cit.; Gelli parla del cardinal Ottaviani alle pp. 72 e 106. Gelli non dice che il Cardinale fosse massone (non lo dice di nessuno di cui la cosa non sia già di pubblico dominio) ma lo lascia intendere, e così almeno lo ha inteso Francesco Specchia nel recensire l’intervista con Gelli sul quotidiano Libero (29 ottobre 2006, p. 28). Il settimanale de La Stampa, Specchio, ha pubblicato la fotografia di Gelli con Andreotti e il Card. Ottaviani in occasione dell’inaugurazione dello stabilimento Permaflex di Frosinone. La disponibilità eventuale del cardinale verso Gelli si potrebbe spiegare benissimo senza ipotizzare alcuna inverosimile iniziazione massonica: la comune amicizia e conoscenza con Giulio Andreotti è più che sufficiente per motivare una presunta fiducia certamente mal riposta.
16) R. ESPOSITO SSP, Le grandi concordanze tra Chiesa e massoneria, Nardini, Firenze, 1987, pp. 358360. Candido Nocedal (1821-1885) è citato come massone anche dal Dictionnaire… di Gaudart e Lamant.
17) H. COSTON, La République du Grand Orient, op. cit., p. 176.
18) G. VIREBEAU (pseudonimo di H. Coston), Prélats et Francs-Maçons, Publications Henri Coston, riedizione 1992, p. 34. Di Rampolla si parla alle pagine 2229; di Le Nordez alle pagg. 29-34. Già nel 1970 Virebeau-Coston considerava Rampolla “fortemente sospetto” di massoneria (DELAMARE, DE PONCINS, BORDIOT, DE COUESSIN, VIREBEAU, Infiltrations ennemies dans l’Eglise, Librerie française, Paris, 1970, pp. 16-17), rinviando il lettore a La République du Grand Orient. Mai, però, Coston da per certa e dimostrata l’affiliazione di Rampolla. Quanto a mons. Le Nordez il caso è più grave, in quanto il vescovo di Digione fu costretto a dare le dimissioni da San Pio X. Una lettera della Segreteria di Stato (card. Merry del Val) a Mons. Le Nordez precisava però che “il Santo Padre, avendo a cuore la salvaguardia della buona fama del suo carattere episcopale e mettere fine alle accuse che potrebbero trovare un eco nella stampa o altrove, mi incarica di dichiarare in suo nome e nel modo più esplicito che la Santa Sede non ha formulato né pronunciato un giudizio contro la Vostra Eccellenza, e che conseguentemente Vostra Eccellenza lascia il suo posto perché lo giudica necessario in presenza dei pubblici avvenimenti di questi ultimi tempi” (cf Y. CHIRON, Saint Pie X…, op. cit., p. 198, nota 29). Non condannato, dunque… ma neppure assolto, Mons. Le Nordez non fu sottoposto a processo canonico.
19) Eppure il giovane Coston collaborava con La libre parole diretta da Ploncard d’Assac che, nel 1929, diffuse la notizia di una possibile affiliazione di Rampolla all’O.T.O.
20) Il Camerlengo, cardinal Oreglia di Santo Stefano, dichiarò a proposito del veto: “Questa comunicazione non può essere accolta dal Conclave, né a titolo ufficiale, né a titolo ufficioso, e non se ne terrà alcun conto” (CHRISTIAN-PHILIPPE CHANUT, L’élection de Saint Pie X, Sicre, Paris, 2003, p. 207).
21) Soprattutto il Camerlengo e cardinale decano, Oreglia di Santo Stefano, che sarà ostile a San Pio X come lo fu a Leone XIII, e voleva a tutti i costi evitare l’elezione di Rampolla (nel quale vedeva il continuatore di Leone XIII) “temette assai che l’esclusiva facesse crollare le previsioni ottimiste dei suoi alleati e alterasse il Conclave. Secondo lui, l’elezione del Cardinal Rampolla del Tindaro che fino al quel momento gli era parsa molto delicata se non improbabile, rischiava di diventare possibile se avesse avuto il sopravvento quell’indignazione di cui vedeva i segni” tra i cardinali (CHANUT, p. 209).
22) Affiliato alla massoneria nel 1892, nel 1904 Bidegain cedette al deputato nazionalista Guyot de Villeneuve i dossier con la schedatura (le“fiches”daranno il nome all’“affare”) che il Grand’Oriente, per conto del governo, faceva degli ufficiali francesi, al fine di bloccare la carriera di quelli cattolici. Lo scandalo che ne seguì portò alle dimissioni del ministro della Guerra, il generale André e, nel 1905, dello stesso capo del governo, il massone Emile Combes (cf HENRY COSTON, La République du Grand-Orient, La Librerie Française, (1964) 1976, 1982, pp. 67-85).
23) CHANOINE SAUVETRE, Un bon serviteur de l’Eglise: Mgr Jouin, Paris, Casterman, 1936, riedizione: Vie de Mgr Jouin Saint-Rémy, Cadillac, s.d., p. 167. Molti cattolici integrali, tra i quali gli stessi Mons. Benigni e soprattutto don Boulin, del Sodalitium pianum, collaborarono alla rivista di Mons. Jouin condividendone la battaglia contro la giudeo-massoneria (era questa l’espressione coniata da Mons. Jouin stesso). Tuttavia il Sodalitium pianum e Mons. Benigni non segnalarono mai la R.I.S.S. tra le riviste amiche, giacché non condividevano la posizione della rivista sulla questione del satanismo nelle Logge, e soprattutto le relazioni di amicizia di Mons. Jouin con alcuni modernisti, quali Mons. Lacroix, Houtin, Hébert (cf E. POULAT, Intégrisme et catholicisme intégral, Casterman, 1969, p. 282).
24) “La politica di [Mons.] Benigni – ricorda Poulat – aveva riposto tutte le sue speranze nell’arciduca ereditario Francesco Ferdinando e in sua moglie Sofia, ed il loro assassinio a Sarajevo rappresentò un lutto per i cattolici integrali (Corr. Cath., 4 luglio 1914) (…) ‘Figlio mio, siete la nostra principale speranza in Europa’, gli aveva detto San Pio X…” (E. POULAT, Intégrisme…, op. cit., p. 528). Su Francesco Ferdinando ed i suoi rapporti con Francesco Giuseppe, cf CARLO SFORZA, Costruttori e distruttori, Donatello De Luigi, Roma, 1945 (cap. III: L’Arciduca Francesco Ferdinando, l’uomo che avrebbe potuto salvare l’Impero asburgico, pp. 45-57); ed. francese: Les batisseurs de l’Europe, 1945.
25) “Il governo imperiale di Vienna, come scrive la ‘Civiltà Cattolica’, ‘accordò bensì la facoltà di convocazione del Congresso, ma non mandò alcun rappresentante ufficiale, ed eccetto la tutela dell’ordine pubblico per mezzo delle guardie di pubblica sicurezza, non diè altro segno di adesione’ (1896, IV, 237)” (ROSARIO F. ESPOSITO, Chiesa e massoneria, un DNA comune, Nardini, Firenze, 1999, pp. 64-65).
26) R. ESPOSITO, Chiesa e massoneria, un DNA comune, Nardini, Firenze, 1999, p. 88; repertorio dei documenti: pp. 75-88. Il Fondo “Giantulli-Vannoni” di Verrua Savoia include una collezione della Rivista Antimassonica che era pubblicata a Roma a cura dell’Unione Antimassonica. Nel 1896, la rivista pubblicò, come supplemento, un Bollettino Ufficiale del I° Congresso Antimassonico Internazionale. Ecco quanto scrisse il cardinal Rampolla in risposta al Principe Vescovo di Trento, che presiedeva i lavori del Congresso, allo conclusione dello stesso: “Illustrissimo e Reverendissimo Signore, La parola e la benedizione del Santo Padre accompagnarono i Cattolici congressisti raccolti a Trento, allo scopo lodevole di opporsi, conforme ai pontificii insegnamenti, alla crescente audacia delle sètte massoniche. Era pertanto viva brama di Sua Santità che l’opera del Congresso sortisse esito fortunato. Ora dunque che la Signoria Vostra Illustrissima e Reverendissima che, in cotesta sua sede accolse e presiedè l’adunanza, informa autorevolmente del fausto coronamento dei comuni voti, l’augusto Pontefice non può non compiacersene ed esprimere il desiderio e la fiducia che dal Congresso testé compiuto abbia origine una prudente e costante attività, per cui, risparmiando gli erranti, si sforzino i cattolici d’impedire l’ulteriore predominio degli errori massonici. Lieto di esprimere personalmente alla S.V. la Pontificia soddisfazione per lo zelo adoperato alla prospera riuscita del Congresso medesimo e partecipandole l’Apostolica Benedizione, Le confermo i sensi della ben distinta mia stima e mi ripeto, devotissimo per servirla Mariano Card. Rampolla” (Dicembre 1896, p. 16).
27) José Calasanz Vivès y Tuto, (1854-1913) cappuccino spagnolo, creato cardinale da Leone XIII nel 1899. Fedele a Leone XIII, fu anche “’uno dei consiglieri più ascoltati’ di Pio X e di Merry del Val (anch’egli spagnolo): uno dei tre cardinali, con quest’ultimo e De Lai, che aveva la fiducia del Papa e che questi consultava per i casi difficili, come testimoniarono al Processo di canonizzazione i cardinali Sili e Gasparri (Positio super virtutibus, pp. 276 e 456)” (E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, Casterman, Paris, 1969, p. 587). Il Cardinal Vives era vicinissimo non solo a San Pio X, ma anche, naturalmente, al Sodalitium pianum di Mons. Benigni, il quale, dovendo difendere il Sodalitium dalle accuse che portarono al suo scioglimento, citò proprio il defunto cardinal Vives y Tuto tra i prelati che erano al corrente dell’esistenza del sodalizio, che ne erano garanti e che si servivano della sua azione (cf Risposta ufficiale di Mons. Benigni al card. Sbarretti, del 16 novembre 1921, in POULAT, cit., pp. 578-586). Sulla posizione di Vives y Tuto al conclave del 1903 in favore del card. Rampolla cf CH.-PH. CHANUT, L’élection de Saint Pie X, op. cit., pp. 109, 128, 210, 227): il cardinal Vives fu il “migliore agente elettorale” di Rampolla, la sua “dedizione al cardinale era totale” e sull’esempio di Vives i cardinali spagnoli votarono per Rampolla fino all’ultimo scrutinio. Un tale atteggiamento da parte di un porporato che sarà capofila della lotta antimodernista sarebbe inspiegabile nel caso del minimo sospetto, da parte sua, di una collusione di Rampolla con la massoneria.
28) Cf la tavola dei sei scrutini pubblicata da Chanut (op. cit., pp. 252-255).
29) Traduzione di UGO BELLOCCHI, Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, Libreria Editrice vaticana, vol. VII, pp. 71-73.
30) Cf GAETANO MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica,, Tipografia Emiliana, Venezia, 1843, vol. XXII, voce: Esclusiva; CARD. WISEMAN, Souvenir sur les quatres dernières Papes, Bruxelles, 1858, pp. 388-389; Enciclopedia cattolica, voci Pio VII, Pio IX.
31) È questa la ragione del Veto secondo l’Enciclopedia Cattolica (voce Rampolla): “Aggravò i pericoli della situazione l’isolamento politico della Santa Sede di fronte all’Italia, alleata con l’Austria-Ungheria e con la Germania, ciò che mosse il Rampolla, appoggiato dal Pontefice, a normalizzare i rapporti con la Francia repubblicana ed in particolare ad inserire le forze cattoliche nella vita politica della nazione, dalla quale erano rimaste avulse dal 1870, a causa della loro pregiudiziale monarchica. Questo ralliement, dettato dalla necessità di salvaguardare la S. Sede contro l’anticlericalismo italiano, e tendente forse anche a modificare a proprio favore l’indifferenza asburgica verso il papato, fu interpretato invece dalle sfere governative viennesi come una presa di posizione contro le potenze della Triplice Alleanza. E fu appunto il timore di un papa ‘francese’ a determinare Francesco Giuseppe a far porre dal card. Puzyna, vescovo di Cracovia, il veto all’elezione al pontificato di Rampolla nel Conclave dell’agosto 1903”.
32) E. POULAT, Catholicisme, démocratie et socialisme. Le mouvement catholique et Mgr Benigni de la naissance du socialisme à la victoire du fascisme, Casterman, Paris, 1977, p. 415. Secondo Meysztowicz, il governo zarista voleva “russificare” le diocesi polacche loro sottomesse, anche nella liturgia, ed aveva ottenuto il favore della Segreteria di Stato. Fu allora che i vescovi polacchi delle provincia annesse alla Russia chiesero al card. Puzyna di intervenire. Egli ottenne – tramite il Conte Goluchowski, ministro degli esteri del governo austro-ungarico – un’istruzione di Francesco Giuseppe che lo incaricava di porre il veto al cardinal Rampolla. “Il gesto del cardinal Puzyna, i cui motivi erano a tutti sconosciuti, e che fu attribuito a semplice docilità verso Francesco Giuseppe, fu molto mal visto dagli altri cardinali. (…) Il cardinal Puzyna non poteva obiettare alcunché per difendersi. Si chiuse nel mutismo anche quando, di ritorno a Cracovia, fu rimproverato dal suo clero che non capiva il suo gesto. Ma il rituale russo non ottenne l’autorizzazione della Santa Sede e il pericolo al quale avrebbe esposto la Chiesa in Polonia fu scongiurato” (p. 139).
33) È l’opinione di CHRISTIAN-PHILIPPE CHANUT in L’élection de Saint Pie X, (op. cit., p. 207) che l’attribuisce ai cardinali più al corrente delle cose.
34) La Santa Sede non riconosceva il governo italiano e l’occupazione di Roma (incluso il palazzo papale, divenuto reale, del Quirinale) per cui era sconveniente il contatto tra il Rampolla e un ambasciatore presso uno stato non riconosciuto dalla Chiesa.
35) FILIPPO CRISPOLTI, Pio IX, Leone XIII, Pio X, Benedetto XV. (Ricordi personali), Treves-TreccaniTumminelli, Milano-Roma, 1932-X, pp. 154-155.
36) Cf YVES CHIRON, Saint Pie X, réformateur de l’Eglise, publications du Courrier de Rome, Versailles, 1999, p. 141.
37) A. LOUBIER, Démocratie cléricale, Ed. Sainte Jeanne d’Arc, Vailly-sur-Sauldre, 1992, pp. 102-103.
38) La sua rivista non appare nell’elenco delle “riviste amiche” del Sodalitium Pianum (cf E. POULAT, Intégrisme…, op. cit., p. 69) ma ad essa collaborò con lo pseudonimo di Roger Duguet (ivi, p. 76) – come anche alla R.I.S.S. come Pierre Colmet – l’abbé Paul Boulin (1875-1933), amico di Mons. Benigni e membro del Sodalitium.
39) L’episodio narrato da Lacointa è riferito da H. Coston, La République du Grand Orient, op. cit., p. 171; da G. VIREBEAU, Prélat et Franc-Maçons, op. cit., p. 24; dal Marquis de la Franquerie, L’infaillibilité pontificale, Diffusion de la pensée française, Chiré-en-Montreuil, II ed. 1973, p. 76 (riassume il fatto, fa il nome del cardinale, che sarebbe Merry del Val, e lascia intendere che mons. Marty abbia raccontato l’accaduto direttamente a lui e non a Lacointa); da F. CAUSAS, in Sous la bannière, n. 126, agosto 2006, p. 5-6. Causas critica apertamente San Pio X perché avrebbe distrutto le prove del misfatto: “Non è forse triste che San Pio X abbia ordinato di bruciare queste prove schiaccianti per salvare dal disonore (?) la memoria del cardinale fellone! Lo scandalo dei deboli di spalle larghe? Così dunque i peggiori nemici della Chiesa e i loro complici ecclesiastici avrebbero ogni garanzia per compiere il loro abominevole lavoro di termiti, minare la Chiesa da capo a piedi, e noi dovremmo – dopo la loro morte e soprattutto quando disponiamo di prove del loro tradimento – preservare la loro memoria dallo scandalo e dal disonore di esporre sulla piazza pubblica le loro più vili malefatte? Che tristo comportamento! Dunque, il Nemico può avanzare tranquillamente senza che alcuna sentinella osi gridare all’allarme? Quanto a noi preferiamo, con Santa Caterina da Siena, gridare la verità con ogni accento e su tutti i tetti con ‘centomila lingue’, che questo piaccia o no” (ivi, p. 10, nota 10). Le parole di F. Causas sono inammissibili per ogni cattolico, in quanto non solo viene criticato senza rispetto un Papa, ma un Santo. Si rende conto l’autore di queste righe che il suo giudizio è un’implicita negazione della santità di Pio X? (a prescindere del fatto che San Pio X abbia realmente dato ordine di bruciare quei documenti, se mai sono esistiti, oppure no).
40) Cf Sous la bannière, n. 126, pp. 7-8. Vedremo come il Marchese della Franquerie riprenderà la testimonianza dell’anonimo sacerdote francese a suo modo…
41) Ho trovato il testo della lettera al cardinal Amette in La Semaine Religieuse du Diocèse de Grenoble (n. 49, 22 luglio 1915, pp. 690-691).
42) Cf F. CRISPOLTI, op. cit., pp. 156-158. L’autore intendeva sottolineare la differenza di carattere tra l’“abbottonatissimo” cardinal Rampolla, e il più imprudente discepolo card. Della Chiesa-Benedetto XV… 43) Cf E. POULAT, Intégrisme et catholicisme intégral, op. cit. p. 330.
44) Cf L. BEDESCHI, L’antimodernismo in Italia. Accusatori, polemisti, fanatici, San Paolo, 2000, pp. 33, 69, 100-102, 123, 173, 184. L’autore, come indica il sottotitolo, è modernista dichiarato (o meglio, era, poiché è morto recentemente).
45) Quotidiano fondato nel 1892 da Édouard Drumont (1844-1917), scrittore nazionalista e antisemita francese, fortunato autore de La France juive (1886). Nel 1910 Drumont vende il giornale ad Henri Bazire (1873-1919), ex presidente dell’ACJF (Action catholique de la jeunesse française), e Joseph Denais (1877-1960), i quali lo rivendono all’Action Française nel 1924. Durante il periodo di Basire, La libre parole si oppone ai cattolici integrali, che consideravano La Libre parole organo “democratico liberale” (e per loro e per noi non era un complimento). Nel 1924 il quotidiano scompare, ed è ripreso più tardi da Jacques Ploncard d’Assac (nazionalista cattolico, che conobbe Mons. Benigni) nel 1928-1929, quando viene pubblicato l’articolo su Rampolla. Ne era direttore politico il dott. Jules Molle (1868-1931), deputato antisemita di Oran (Algeria) per il Parti National Populaire di Doriot. Dopo una nuova breve cessazione delle pubblicazioni, nel 1930 ne divenne direttore Henri Coston, fino alla scomparsa del giornale nel 1939 (cf E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, Casterman, Paris, pp. 237-239; H. COSTON, Dictionnaire de la politique française, (1967-1982), vol. I, p. 638, 709; H. Coston, La République du Grand Orient, op. cit., pp. 171-172).
46) Ecco i riferimenti esatti dati da Lacointa: “The Equinox, an XV, vol. III, n. 1, March 1919 E.V., The Universal Publishing Company, 57 Grand River Avenue, Detroit, Michigan. Price: 666 cent (!)” (cit. in Sous la bannière, n. 126, luglio-agosto 2006, p. 6).
47) FELIX LACOINTA, Le Frère .˙. Rampolla, in Le Bloc antirévolutionnaire, giugno-luglio 1929, articolo riprodotto quasi integralmente da Felix Causas in Sous la Bannière, n. 126, luglio-agosto 2006. Le frasi citate sono alle pagine 6-8 di Sous la bannière.
48) H. COSTON, La République du Grand Orient, op. cit., p. 172.
49) “It is probabile that for many years the O.T.O. existed only in its founder’s imagination, for nothing seems to have been heard of it between 1895, the date of its supposed establishment, and 1904, when it began to be mentioned by name in a periodical called the Oriflamme” (The Secret Rituals of the O.T.O., Edited and Introduced by FRANCIS KING, C.W. Daniel Company, London, 1973, p. 22). Cf anche M. INTROVIGNE, Il cappello del mago, Sugarco, 1990, p. 267 ss; M. Introvigne, Il ritorno dello gnosticismo, Sugarco, 1993, p. 162.
50) M. INTROVIGNE, Il ritorno dello gnosticismo, op. cit., pp. 163-164; cf Il cappello del mago, op. cit., p. 251.
51) Undici di essi nel canone della messa di Crowley, gli altri due sono aggiunti nel canone della messa di Reuss. Solo Rampolla è depennato.
52) J. SYMONDS, La grande bestia. Vita e magia di Aleister Crowley. Prefazione di Julius Evola, Mediterranee, 1972, Roma, pp. 24 ss. Sconsigliamo vivamente la lettura di tutto quello che concerne l’O.T.O. e Crowley.
53) J. SYMONDS, op. cit. p. 22.
54) MARQUIS DE LA FRANQUERIE, L’infaillibilité Pontificale. Le Syllabus, la condemnation du modernismo et la crise actuelle de l’Eglise. Conférences, Diffusion de la Pensée Française, Chiré-en-Montreuil, 1973 (seconda edizione), p. 76.
55) MARQUIS DE LA FRANQUERIE, Maurras. Grand défenseur des vérités éternelles, nel 20° anniversario della morte, supplemento al n. 7 del Bulletin de l’Occident Chrétien, p. 3.
56) Juifs et chretiens, demain, Allocuzione del cardinal Jean-Marie Lustiger, Arcivescovo di Parigi, in occasione del conferimento del Premio Nostra Aetate che gli è stato conferito, congiuntamente al Gran Rabbino Sirat, dal Centro per la Comprensione tra Ebrei e Cristiani (CCJU) dell’Università del Sacro Cuore, a Fairfield, Connecticut (USA), il 20 ottobre 1998, nota 5.
57) MARQUIS DE LA FRANQUERIE, Le Saint Pape et le Grand Monarque d’après les propheties, Ed. de Chiré, 1980, pp. 17, 30, 14 nota 3. Il tema del “Gran Monarca” ha sempre avuto una vasta eco in ambienti eterodossi; in Italia è famoso il caso di David Lazzaretti (1834-1878), il “profeta” del Monte Amiata.
58) In Le Saint-Siége et le “Secret de La Salette” (Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia, 2004), il lettore troverà i testi della condanna del parroco – tra cui una lettera del cardinal Merry del Val e una di San Pio X (pp. 12-14) e una loro presentazione (p. 36).
59) ROGER DUGUET (Paul Boulin), Autour de la Tiare, F. Sorlot, Paris, s.d. (testo del 1931). L’abbé Boulin, che conobbe Rigaux nel 1914, pubblica e commenta un documento che era in possesso del Parroco d’Argoeuves di profezie sui Papi. L’abbé Rigaux – era devoto al Segreto di La Salette, a Nostradamus, alla causa dei Naundorff e alla teoria del ‘Gran Monarca e del Santo Papa’ (pp. 39-46 ad es.). L’abbé Boulin spiega come invece quelle “profezie” siano nate in ambiente “spirituale” (francescani eretici gioachimiti) e ghibellino (famiglia Colonna), un po’ come la pseudoprofezia di San Francesco di cui in Sodalitium, n. 49, aprile 1999, pp. 65-67.
60) Sulle eresie di F. Crombette cf Fr. PIERREMARIE O.P., D. VIAIN, G. SALET, Crombette et le crombettisme, Editions scientifiques Saint-Edme. Di Crombette ho letto personalmente Lettera al mio Vescovo, uno scritto del 21 giugno 1962, diffuso dal CESHE. L’errore di fondo consiste nella negazione dell’autorità del magistero della Chiesa. Altri errori importanti: la negazione della transustanziazione e la preesistenza dell’anima umana di Cristo.
61) Lecture et Tradition, n. 179, gennaio 1992, pp. 21-24.
62) Sodalitium, n. 32, p. 30.
63) “Nessun profeta ha descritto con maggior esattezza o più dettagli la nostra epoca di un venerabile, morto nel 1658, Bartolomeo Holzhauser. Nella sua ‘Interpretazione dell’Apocalisse’, scritta sotto ispirazione divina…”; “ma torniamo all’’Interpretazione dell’Apocalisse’, ispirata da Dio al Venerabile Holzhauser” (MARQUIS DE LA FRANQUERIE, Le Saint Pape et le Grand Monarque d’après les prophéties, Ed. de Chiré, 1980, pp. 5 e 12).
64) A. ROMEO, in Enciclopedia Cattolica, 1948, Città del Vaticano, voce Anticristo, vol. I, col. 1439.
65) Cf Sous la bannière, n. 126, p. 8. 66) Cf L’infaillibilité pontificale…, p. 76, ripreso da Sous la bannière, p. 5.
67) Cf A. LOUBIER, Démocratie clericale, op. cit., che giunge al punto di accusare Pio VII di scisma per aver sottoscritto il Concordato: “Ne seguì, come si sa, lo scisma della Petite Eglise. Ma chi parla di scisma? La firma di questo concordato non era forse scismatica sotto molti punti di vista? Non realizzava nella pratica l’installazione della Chiesa di Talleyrand e del suo personale, cosa che la Convenzione non era riuscita a fare a causa dell’opposizione dei popoli cattolici? Non era la costituzione civile del clero, tale quale Pio VI l’aveva condannata perché giudicata scismatica?” (p. 29). Contro quest’impostazione, cf J. MORIN, E. VICART, Le Pape Pie VII précurseur de Vatican II?, presso l’autore, Saint-Malo (vedi la recensione su Sodalitium, n. 49, pp. 72-73).
68) L’accusa si trova ad esempio nel libro che scrisse nel 1916/17 il Marchese de la Vauzelle: Le Secret de la Salette devant l’Episcopat français, e che l’editore Delacroix ha ristampato nel 2002. Non è un caso che si tratti dello stesso editore che pubblicò L’Eglise eclipsée, opera di cui abbiamo già parlato, e che ha rilanciato in pubblico l’accusa contro il Cardinal Rampolla. Il povero Marchese, in applicazione del decreto del S. Uffizio del 21 dicembre 1915 sul “segreto di La Salette”, fu privato dei sacramenti dal suo ordinario, il Vescovo di Frejus, con decreto del 13 gennaio 1916, confermato, contro un ricorso del Marchese, con decreto del S. Uffizio del 21 agosto 1916. I documenti in questione, pubblicati dallo stesso marchese nel suo libro, saranno aggiunti in una prossima edizione del volumetto da noi pubblicato: La Santa Sede e il segreto di La Salette. Il libro del Marchese de la Vauzelle è diffuso anche dalla DPF…
69) André Le Sage de la Franquerie, collaboratore del Bloc, di Lacointa, fu anche segretario dei Comités royalistes e delle sezioni dell’Action Française. Ho già citato una sua conferenza in onore di Maurras, ove, tra l’altro, disse: “uno degli onori della mia vita sarà quello di aver conosciuto, frequentato spesso e amato il Maestro” (p. 2). Nella stessa conferenza, non mancano le critiche personali a Pio XI e ai cardinali Gasparri e Cerretti (pp. 30-31). Felix Lacointa, “monarchico e cattolico fervente”, “dopo la condanna dell’Action Française da parte del Vaticano (1927), trasformò la sua pubblicazione [le Bloc catholique] in Bloc antirévolutionnaire” (H. COSTON, Dictionnaire de la politique française, vol. III, p. 392 e vol. IV, p. 396). I modernisti hanno sempre identificato le posizioni dei cattolici integrali (come il Sodalitium pianum di Mons. Benigni) e quelle del nazionalismo integrale di Maurras e dell’Action Française, fin dal libro di Nicolas Fontaine (pseudonimo di Louis Canet) Saint Siège, “Action Française” et “Catholique intégraux”, (Paris, Gamber, 1928); confusione mantenuta da Padre CONGAR o.p. in Vrai et fausse réforme de l’Eglise Cerf, Paris, 1950 (pp. 604-622, appendice III: Mentalité “de droite” et Intégrisme en France) e poi più esplicitamente in La crise dans l’Eglise et Mgr Lefebvre, Parigi, 1976, tr. It. La crisi nella Chiesa e Mons. Lefebvre, Brescia, 1976. In realtà, se comune era la stima di San Pio X e del suo pontificato (cf Ch. MAURRAS, Le Bienheureux Pie X, Sauveur de la France, Plon, 1953), e comuni erano molti nemici e avversari (protestantesimo, liberalismo, giudaismo, democrazia cristiana, massoneria), il Cattolicesimo integrale di un Mons. Benigni ed il Nazionalismo integrale di Ch. Maurras non potevano che escludersi a vicenda sul piano speculativo (i maestri dell’A.F., quali Renan, Taine, Comte ecc. non erano certo cattolici, come pure il suo capo indiscusso, Maurras). Sul piano pratico, la rottura non ci fu (anche se ci mancò poco), ma neppure la collaborazione (cf E. POULAT, Intégrisme et catholicisme intégral, op. cit., pp. 15, 78, 239, 265, 281, 399, 471). Sul nazionalismo, il programma del Sodalitium pianum enunciava al punto 11: “Noi siamo pienamente (…) contro il nazionalismo pagano che fa riscontro al sindacalismo areligioso (quello considerando le nazioni, come questo le classi, quali collettività di cui ciascuna può e deve fare amoralmente i propri interessi al di fuori e contro quelli degli altri, secondo la legge brutale di cui abbiamo parlato); e, nello stesso tempo, contro l’antimilitarismo e il pacifismo utopista, sfruttati dalle Sètte allo scopo d’indebolire e addormentare la società sotto l’incubo giudeo-massonico; per il patriottismo cristiano di cui la storia della Chiesa cattolica ci ha dato sempre splendidi esempi” (Disquisitio, cit., p. 265). Se, di fatto, alcuni cattolici integrali sostennero poi anche l’Action Française, e viceversa alcuni nazionalisti difesero il Sodalitium pianum, ciò non toglie che le due cause non erano certo le medesime.
70) Nessuno ignora che il Cristianesimo nascente insegnava (già nel Nuovo Testamento) la fedeltà dei battezzati agli Imperatori, pur essendo costoro pagani e persecutori, fermo restando il dovere di non tener conto delle “leggi” contrarie al diritto naturale e divino. Dopo il trionfo del Cristianesimo, la Chiesa non ha mancato di insegnare il diritto del Papa a deporre i Sovrani che mancavano al loro dovere, e quindi la facoltà di sciogliere i sudditi dall’obbligo dell’obbedienza. Poiché una tale decisione era sovente però impraticabile, la Santa Sede ha spesso imposto ai cattolici la tolleranza di regimi non cattolici e finanche persecutori, come nel caso dell’Irlanda e della Polonia, oppresse dall’Inghilterra protestante e dalla Russia scismatica (ad es. Gregorio XVI, enc Cum primum del 9 giugno 1832; enc. Mirari vos del 15 agosto 1832; ep. Litteras libentissime del 6 aprile 1839; mentre in circostanze diverse fu pure diverso il linguaggio di Pio IX sulla Polonia e la Russia nel 1864). Il caso della Francia, pertanto, non fu certo il primo o l’unico, e la politica di Leone XIII e del cardinal Rampolla verso il governo francese, pur rivelatasi di fatto un insuccesso, non era in contrasto con una lunga tradizione diplomatica e anche dottrinale. Sul diritto d’insurrezione o l’obbligo di sottomissione al governo costituito, cf San Tommaso, Summa Theologica, II-II, q. 42, a. 2, corpus e ad 3.
71) Cf AZZOLIN, op. cit., p. 83, 184-186, 245-246, 359-360.
72) Cf G. VANNONI, Massoneria, Fascismo e Chiesa cattolica, Laterza, 1979, pp. 167-171. L’A., in chiave anti-conciliarista, presenta gli argomenti pro e contro, con personale favore al massonismo di Gasparri.
73) “Avete sostenuto con costanza e con coraggio i diritti della Chiesa cattolica – non senza pericolo per la vostra vita – contro le sètte nemiche della religione…”, così scriveva Benedetto XV, un tempo il più stretto collaboratore di Rampolla, a Mons. Jouin, nel Breve Praestantes animi laudes del 23 marzo 1918.
74) “Monsignore, il Sommo Pontefice si è degnato di gradire con paterna benevolenza l’omaggio del vostro nuovo studio sulla ‘Guerre Maçonnique’. A ragione, in questo lavoro, avete avuto cura di mettere in luce con documenti e ragionamenti irrefutabili, la dottrina che conduce fatalmente, come lo si vede oggi, alla negazione stessa di Dio, all’ateismo sociale, al ‘laicismo’, forma attuale di questa empietà che, per il maggior danno dei popoli, pretende bandire dalle società ogni traccia di religione e ogni intervento della Chiesa. Avete avuto particolarmente cura di far risultare, malgrado le menzogne che a volta ingannano i cattolici stessi, l’identità della Massoneria con se stessa, sempre e ovunque, come pure la continuità del piano delle sette, il cui disegno è certo la rovina della Chiesa cattolica. Sua Santità è lieta quindi di felicitarsi e a incoraggiarvi nei vostri lavori, la cui influenza può essere così feconda nel mettere in guardia i fedeli e nell’aiutarli a lottare efficacemente contro ciò che tende a distruggere l’ordine sociale al pari della religione. (…)” (P. Card. Gasparri a Mons. Jouin, 20 giugno 1919). Non si tratta certo di parole di circostanza.
75) Eugenio Pacelli (Pio XII) fu allievo di Mons. Umberto Benigni alle lezioni di diplomazia che egli teneva all’Accademia dei Nobili Ecclesiastici. Quando Mons. Benigni dovette dare le dimissioni dal Segretariato agli Affari Ecclesiastici Straordinari “per non cedere ad una insurrezione di Vescovi esteri contro di lui, pochi, tanti da contare sulle dita, restarono a lui attaccati”. Tra questi “monsignor Eugenio Pacelli” il suo successore, il quale, “allora e dopo, e mentre tutti tiravano sassi sul caduto per la difesa di una idea che del resto è tutt’altro che spenta, è stato, insieme ad un altro eminentissimo porporato (che nella sua modestia nasconde sentimenti altissimi di pietà e di fede) colui che non solo ricordò, quando ne ebbe occasione, il suo antico Sostituto e professore, ma ebbe rispettosa considerazione per le sue dottrine”. Così scrisse un’amico sincero di Mons. Benigni, il giornalista Guido Aureli (1869-1955), nipote del cardinal Galimberti, che di Rampolla era avversario, su La Vita italiana (fascicolo CCCXII, marzo 1939, p. 279). E in effetti, la canonizzazione di San Pio X e l’elogio di Mons. Benigni nella Disquisitio sono il più bel regalo che Pio XII avrebbe potuto fare al suo vecchio maestro.
76) F. CRISPOLTI, op. cit., pp. 130-132.
77) Ibidem, p. 128. 78) Sulle vicende romanzesche che portarono allo scioglimento del Sodalitium pianum, cf E. Poulat, Intégrisme…, passim. La prima denuncia a Roma, dopo la morte di San Pio X, venne dall’arcivescovo d’Albi, Mons. Mignot (1842-1918), protettore dello scomunicato Loisy. Ma il complotto che condusse allo scioglimento iniziò in Germania, presso i sostenitori della “scuola di Colonia” che difendeva l’interconfessionalismo dei sindacati cristiani, contro le direttive di San Pio X. È in questi ambienti che si riuscì ad ottenne dal direttore politico dell’amministrazione militare tedesca in Belgio, Van der Lancken-Wakenitz, un ordine di perquisizione contro un membro fiammingo del Sodalitium, l’avv. Joncks, di Gand (18 maggio 1915) con la conseguente confisca dei documenti riservati del Sodalitium. Alle autorità germaniche, Mons. Benigni era stato falsamente presentato come implicato in atti di spionaggio a favore della Russia, della Serbia e della Francia! La prima fase vide coinvolti elementi modernizzanti tedeschi, belgi e olandesi; il padre camilliano Höner († 1920) resta in possesso dei documenti. La seconda fase ha inizio nel 1921, quando lo storico sulpiziano Fernand Mourret (1954-1938), amico del modernista Blondel, che sarà tenuto al corrente di tutta la manovra, si reca dal sacerdote olandese Geurts, erede del fondo Höner. Di ritorno a Parigi con copia dei documenti, l’affare vien preso in mano dai gesuiti di Etudes, che avevano avversato la politica religiosa di San Pio X: sono coinvolti i Padri de Grandmaison, du Passage, Roland-Gosselin, Desbuquois, Danset, Dumont, Gadenne, d’Herbigny… (il che spiega, anche se non giustifica, la campagna anti-gesuita di Mons. Benigni e don Boulin negli anni ’20). Nell’aprile 1921, Mourret compone un memoriale anonimo sul Sodalitium che fu inviato a Roma, tra l’altro ai Cardinali Gasparri (segreteria di Stato) e Cerretti (affari ecclesiatici straordinari) con lo scopo di ottenere la soppressione del Sodalitium Pianum (praticamente inattivo dal 1914). Il 10 novembre 1921 il card. Sbarretti, della S.C. del Concilio (la Congregazione che aveva trattato gli affari del Sodalitium sotto San Pio X) interpella Mons. Benigni per la prima volta; il 25 novembre il Cardinale chiede a nome di Benedetto XV di sciogliere il Sodalitium; il 1 dicembre Mons. Benigni annuncia lo scioglimento del Sodalizio per l’8 dicembre 1921. Ufficialmente (ed è questo che conta) il S.P. non fu oggetto di alcuna condanna, e lo scioglimento fu richiesto solo date “le mutate condizioni”; in realtà, si disapprovava, ma non lo si poteva dire, quanto aveva deciso al proposito san Pio X. Il processo di canonizzazione di Papa Sarto darà ragione a quest’ultimo. Dopo la fine del S.P. nacque la “leggenda nera” dello stesso in seguito a una campagna di stampa durata dal 1922 al 1928 e mossa da ambienti governativi francesi e ambienti ecclesiatici liberali, in occasione della condanna dell’Action Française di Maurras. Questa campagna sfociò nel famoso volume Saint-Siège, ‘Action Française’ et ‘Catholiques intégraux’ (1928), a firma Nicolas Fontaine. Si trattava di uno pseudonimo (N. Fontaine era un antico giansenista) dietro il quale si celava Louis Canet (1883-1958), alto funzionario governativo, esecutore testamentario di Loisy e amico di Laberthonnière, il quale metteva nello stesso sacco il cattolicesimo integrale di Mons. Benigni e il nazionalismo integrale dell’Action Française, in piena bufera dopo la condanna di Roma. Bisognerà attendere il 1950, con la pubblicazione della Disquisitio vaticana su Pio X e Mons. Benigni, per vedere trionfare la verità con la piena riabilitazione di Mons. Benigni. Nel frattempo però in Francia l’integrismo era diventato definitivamente uno spauracchio, denunciato nientemeno che da una lettera pastorale dell’arcivescovo di Parigi, il Cardinal Suhard (Essor ou déclin de l’Eglise, Lettera pastorale per il 1947). Meno di un ventennio dopo, e le acque torbide del “Reno” (la teologia modernista che sotto traccia dominava già in Francia, Germania, Belgio, Austria, Olanda, Svizzera) si gettavano nel Tevere romano col Vaticano II, col quale il modernismo ha vinto una battaglia importante di una guerra già – divinamente – persa. Le porte dell’inferno non prevarranno!
79) R. DE MATTEI, Modernismo e antimodernismo nell’epoca di Pio X in M. BUSI, R. DE MATTEI, A. LANZA, F. PELOSO, Don Orione negli anni del modernismo, Jaca Book, Milano, 2002, pp. 68-71.
80) Cf ANGELO TAFI, Il servo di Dio Mons. Giovanni Volpi (1860-1931), Arezzo, 1981. Mons. Volpi fu direttore spirituale di S. Gemma Galgani e della B. Elena Guerra.
81) GIOVANNI AZZOLIN, Gli Scotton. Prediche battaglie imboscate, La Serenissima, Vicenza, 1998.
82) Su tutta la questione, si veda anche F. RICOSSA, Il Papa del Concilio; Terza puntata: da Bergamo a Roma (1914-1925) in Sodalitium, n. 24.
83) Cf LUCIA BUTTURINI, Tradizione e rinnovamento nelle riflessioni del giovane Roncalli, in: AA.VV., Un cristiano sul trono di Pietro, Servitium editrice, Gorle (Bergamo), 2003, pp. 13-26. Proprio l’americanismo spiega il particolare modernismo di Roncalli, pragmatico, ottimista, desideroso di “aggiornamento”.
84) “Il Modernismo si proponeva (…) di trasformare il cattolicesimo dall’interno, lasciando intatto, nei limiti del possibile, l’involucro esteriore della Chiesa: ‘Il culto esteriore,- continua Buonaiuti – durerà sempre come la Gerarchia, ma la Chiesa, in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia e il culto, secondo i tempi: essa renderà quella più semplice, più liberale, e questo più spirituale; e per quella via essa diventerà un protestantesimo ortodosso, graduale, non violento, aggressivo, rivoluzionario, insubordinato; un protestantesimo che non distruggerà la continuità apostolica del ministero ecclesiastico né l’essenza stessa del culto’” (M. BUSI, R. DE MATTEI, A. LANZA, F. PELOSO, Don Orione negli anni del modernismo, Jaca Book, Milano, 2002, p. 50). La citazione di Buonaiuti, l’ultimo scomunicato “vitando”, è tratta da: E. Buonaiuti, Il modernismo cattolico, Guanda, Modena, 1943, p. 130; cf anche Sodalitium, n. 55 (dicembre 2002), pp. 54-55.http://associazione-legittimista-italica.blogspot.it/2016/01/il-cardinal-rampolla-era-massone.html

IL RISVEGLIO DELLA MACCHINA BIOLOGICA

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«Per la maggior parte del tempo della vita ordinaria di un essere umano, la macchina biologica giace in letargo, le sue connessioni con la Divina Presenza non sono attive, ogni risposta è prettamente automatica, la sua volontà in merito agli accadimenti meramente meccanica.

L'attenzione della macchina è totalmente autoreferenziale, rivolta narcisisticamente su di sé, sui propri contenuti soggettivi a loro volta filtrati da modalità interpretative del tutto schematiche.

In definitiva, quando la macchina biologica è addormentata è del tutto simile a un automa.


Il nostro tempio/contenitore, qui nel breve passaggio su questa terra, va trattato bene, dandogli una corretta alimentazione, un opportuno riposo, adeguata attività fisica, pensieri felici, eppure questo non basta. La cosa più importante e degna che possiamo fare nei suoi confronti è di risvegliarlo dal suo lungo sonno.

"L'attenzione è lo strumento più potente che possiamo usare per produrre lo shock che porta la macchina biologica umana nello stato di veglia."

La Presenza ha il potere di interrompere il segnale portante della socializzazione che tiene addormentata la macchina biologica.

L'autosservarsi ha proprio il potere di infrangere l'incantesimo soporifero, smascherando le noiose e meschine trame di un organismo ridotto in schiavitù, rivelando le sue insopportabili e assurde associazioni mentali che ancora ognuno si ostina a chiamare "il mio pensiero".»



(Dario Canil)

Brexit: il giorno del solstizio d'estate del 24 giugno.(5°Chakra)

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                                                                        Artista
                                                                                                                   John William Waterhouse



Brexit: il giorno del solstizio d'estate del 24 giugno.(5°Chakra)
La notte di San Giovanni secondo la tradizione Celtica era il giorno dedicato alla realizzazione dei disegni impossibili..
Come a ricordare che gli eventi terrestri sono collegati a quelli "celesti"(relazioni tra pianeti e costellazioni)
Non potevano scegliere giorno più adatto.

Caduta della Chiesa con Capitale Roma (Stato Pontificio): fine di un'era

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    foto di Davide Castelli.
    Stato Pontificio: nascita anno 752 fin all'anno 1870 (presa di Roma)



Tempi che furono, la Chiesa era un vero e proprio colosso, un Potere Assoluto, di una intransigenza a volte sì esasperante, ma che era rivolta al Bene comune (a parte qualche passaggio a vuoto nel corso della storia), che sicuramente non si piegava alle voglie, ai desideri dell'uomo.
Quella Chiesa, crollata nel 1870 (presa di Roma), rappresentava (noi crediamo che non fosse una semplice "rappresentatività", ma una cosa radicata dal punto di vista più strettamente "energetico", per così dire), dicevamo, rappresentava tutti i vari dualismi in terra: il primo di tutti, tanto professato e manifestato apertamente dalla stessa Chiesa attraverso lo Stato Pontificio, ossia quello tra Potere Temporale congiunto al Potere Spirituale (cioè: quell'un Potere, dunque Energia, non può, dovrebbe, doveva prescindere dall'altro), che è una rappresentatività chiara di altri dualismi, su tutti Materia&Spirito, Noi&Dio, Maschile&Femminile etc..
Infatti non è un caso che si diceva un tempo che quella Chiesa fosse l'anello di congiunzione tra Dio e questo piano terrestre di evoluzione.
Il Sommo Pontefice, da questo punto di vista, si poteva considerare l'uomo, o meglio, l'entità più potente del Mondo prima del 1870, ossia quando si è conclusa quell'era che ha visto la Chiesa come modello, in pratica come una sorta di Ente Regolatrice di quel mondo che fu (basti pensare che molte Monarchie all'epoca erano profondamente Cattoliche).


Infatti l'ultimo Pontefice dello Stato della Chiesa ci parla in questi termini:


"Infatti ad ognuno deve risultare chiaro che necessariamente, qualora il Romano Pontefice fosse soggetto al potere di un altro Principe, né fosse dotato di più ampio e supremo potere nell’ordine politico, non potrebbe per ciò che riguarda la sua persona e gli atti del ministero Apostolico, sottrarsi all’arbitrio del Principe dominante, il quale potrebbe anche diventare eretico o persecutore della Chiesa, o trovarsi in guerra o in stato di guerra contro altri Principi."
"Per ciò che riguarda il rapporto tra Chiesa e Società civile, ben sapete, Venerabili Fratelli, che Noi ricevemmo direttamente da Dio, in persona del Beatissimo Pietro, tutte le prerogative e tutta la legittima autorità necessaria al governo della Chiesa universale, e che anzi quelle prerogative e quei diritti, e quindi anche la stessa libertà della Chiesa, derivano dal sangue di Gesù Cristo e devono essere stimati secondo l’infinito valore del Suo sangue divino.
Pertanto Noi saremmo immeritevoli (e ciò non accada) del divino sangue del Nostro Redentore se questi Nostri diritti, che ora soprattutto si vorrebbero così sviliti e deturpati, dipendessero dai Principi della terra. I Principi Cristiani infatti, sono figli, non padroni della Chiesa. [...]
Non dovete credere che la Chiesa di Dio vi sia stata data per servire a un padrone, ma piuttosto per servire come avvocato e difensore; in questo mondo nulla Dio ama di più che la libertà della sua Chiesa [...]
Nel riflettere e considerare tali questioni, come è Nostro dovere, Noi siamo costretti a confermare nuovamente e a dichiarare con insistenza ciò che più di una volta esponemmo a Voi, del tutto consenzienti con Noi, ossia che il potere temporale della Santa Sede è stato concesso al Romano Pontefice per singolare volontà della Divina Provvidenza e che esso è necessario affinché lo stesso Pontefice Romano, mai soggetto a nessun Principe o a un Potere civile, possa esercitare la suprema potestà di pascere e governare in piena libertà tutto il gregge del Signore con l’autorità conferitagli dallo stesso Cristo Signore su tutta la Chiesa e perché possa provvedere al maggior bene della stessa Chiesa ed agli indigenti. [...]
Di conseguenza giudicammo che a Noi fosse assai meno lecito cedere tanto antica e sacra eredità (cioè il dominio temporale di questa Santa Sede posseduto per tanta serie di secoli dai Romani Pontefici Nostri Predecessori per palese volere della Divina Provvidenza), o tacitamente acconsentire che chiunque si impadronisse della capitale del Mondo cattolico, dove sconvolta e distrutta la santissima forma di governo che fu da Gesù Cristo lasciata alla sua Santa Chiesa e regolata dai sacri canoni fondati sullo spirito di Dio, sostituirebbe a questa un codice contrario assolutamente, non solo ai sacri canoni, ma anche ai precetti evangelici e introdurrebbe, secondo il solito, quel nuovo ordine di cose che tende apertamente ad associare ed a confondere con la Chiesa cattolica tutte le superstizioni e le sette. [...]"

Pio IX

La Chiesa, o almeno, quella Chiesa, è ufficialmente caduta dopo i fatti del 1861/1870, eventi tanto nascosti e giunti a noi profondamente distorti dalla nostra storiografia, e ciò non dovrebbe essere un caso, e farci capire piuttosto quanto era potente quella Chiesa prima del 1870.
Anche questo ci è ampiamente documentato, e riportiamo alcuni passi che descrivono in maniera incontrovertibile della reale caduta della Chiesa, per chi ancora non se ne fosse capacitato:


"Considerando tutto ciò che il governo subalpino da molti anni va senza interruzione perpetrando per rovesciare il Principato civile concesso a questa Sede Apostolica per particolare volontà di Dio, affinché i successori del beato Pietro potessero nell’esercizio della loro giurisdizione spirituale godere la necessaria e sicura pienezza di libertà; per forza, o Venerabili Fratelli, siamo turbati da grande intimo dolore per così audace cospirazione contro la Chiesa di Dio e questa Santa Sede: e in questi tempi così funesti nei quali quel governo, seguendo i consigli rovinosi delle sette, ha compiuto contro ogni diritto, con la forza delle armi, la sacrilega invasione già da gran tempo premeditata di questa Nostra alma Città e delle altre città che Ci erano rimaste dopo la precedente usurpazione; mentre Noi rispettiamo i misteriosi voleri di Dio umilmente prostrati dinanzi a Lui, siamo costretti a servirCi delle parole del profeta: "Io piango e il mio occhio versa lacrime, perché molto si è allontanato da me il Consolatore abbattendo l’anima mia; i miei figli sono perduti poiché il nemico ha vinto" (Jer. thr. I, 16). [...] 
Che cosa può essere più funesto di quel giorno per Noi e per tutte le anime buone? Di quel giorno nel quale, entrate le milizie in Roma che era piena di una moltitudine di stranieri sediziosi, vedemmo immediatamente sconvolto e rovesciato l’ordine pubblico, vedemmo insultata empiamente nella Nostra umile persona la dignità e santità del Sommo Pontificato, vedemmo le fedelissime coorti dei Nostri soldati insultate in tutti i modi, vedemmo dominare dappertutto sfrenata insolente libertà, là dove poco prima splendeva l’affetto dei figli desiderosi di confortare la tristezza del Padre comune? Da quel giorno poi si susseguirono sotto i Nostri occhi tali cose, che non si possono ricordare senza la giusta indignazione di tutti i buoni: perfidi libri zeppi di menzogne e di empie malvagità cominciarono a essere proposti come acquisto conveniente e a poco a poco ad essere divulgati; moltissimi giornali furono sparsi di giorno in giorno, miranti a corrompere le menti e i buoni costumi, a disprezzare e calunniare la Religione e infiammare l’opinione pubblica contro di Noi e questa Apostolica Sede; si pubblicarono illustrazioni vergognose e indegne e altre opere del genere con le quali le cose e le persone sacre erano derise e esposte al pubblico scherno; furono decretate onoranze e monumenti a coloro che avevano pagato per legittima condanna il fio dei più gravi delitti (2) i ministri della Chiesa contro i quali è più ardente l’odio erano insultati e alcuni anche feriti a tradimento; alcune case religiose furono sottoposte a ingiuste perquisizioni; fu violato il Nostro Palazzo Quirinale e da questo, dove aveva sede, uno fra i Cardinali di Santa Romana Chiesa fu costretto a forza ad andarsene immediatamente e agli altri ecclesiastici Nostri familiari fu proibito di frequentare il Quirinale e furono molestati in tutti i modi; si fecero leggi e decreti che offendono manifestamente e calpestano la libertà, l’immunità, le proprietà e i diritti della Chiesa di Dio; e questi gravissimi mali dobbiamo dire con grande dolore che aumenteranno ancora se Dio benigno non lo impedirà, mentre Noi, impossibilitati dalla Nostra condizione a portare alcun rimedio, ogni giorno più dolorosamente dobbiamo renderCi conto della prigionia nella quale Ci troviamo e della mancanza di quella piena libertà che con la menzogna si fa credere al mondo che Ci è stata lasciata per esercitare il Nostro Apostolico Ministero e che il governo invasore va raccontando di aver voluto convalidare con le cosiddette necessarie guarentigie. [...]"
Pio IX



Quella Chiesa era un colosso, un Potere Assoluto, che ha generato tante filosofie contrastanti dovute alle sue contraddizioni (potenziali o non) insite di sorta ma relative ad un contesto socio-politico che si è andato a perdere, ossia quelli nel corso della storia dell'umanità (ricordiamo che abbiamo più di 1000 anni di Potere Temporale&Potere Spirituale che deteneva la Chiesa).
È chiaro che, alla caduta della Chiesa, anche quelle filosofie (musica, arte, pensiero) perdono (hanno perso) di consistenza, significato, connotato, non riuscendole più noi adesso ad identificarle con pienezza, o banalizzandole, riducendole, sminuendole anch'esse.
Noi crediamo però che l'essere umano consapevole deve rendersi conto dei pericoli (relativi) che sta correndo in quest'epoca, la nostra attuale, frutto di falsità, menzogne, di poteri, il più delle volte nascosti, occultati, che si professano "liberali" ma che in realtà mirano alla distruzione dell'essere umano, o meglio, a ridurlo in uno stato di schiavitù controllata, se già non lo fosse.
    foto di Davide Castelli.
    Moneta dello Stato Pontificio sotto Clemente XIII, anno 1760. Da notare le chiavi incrociate: una volta ad indicare il Potere Temporale; l'altra quello Spirituale
In foto si può notare una moneta coniata in oro risalente ai tempi dello Stato Pontificio sotto Clemente XIII, anno 1760 (anche altre monarchie all'epoca chiaramente coniavano in oro), sicuramente una enorme differenza rispetto alle nostre monete senza valore, fatte le nostre di un materiale che ha valore nullo o poco più, e la nostra carta straccia moneta che non corrisponde ad alcuna riserva aurea, in specie in Italia tricolore costituita da un debito matematicamente insanabile che Dio solo sa verso chi in realtà è rivolto.
Il valore della nostra moneta attuale si può dire che non è reale, ma frutto di convenzioni (convinzioni) sociali, che non corrisponde nemmeno paradossalmente al valore nominale della stessa (anche questa è una illusione che più e più volte ci viene professata, perché già un "valore nominale", se è relativamente autentico, è un qualcosa che ha una parvenza nobile).
La nostra società, insomma, si sostiene sul nulla, e lavoriamo, ci muoviamo, viviamo praticamente affinché quelli, i pochi "eletti" dal potere occulto, siano sempre più potenti, ricchi, coperti d'oro, quasi immortali e che possano comandarci senza che noi possiamo far nulla per ribaltare lo stato attuale delle cose. In definitiva: una autentica follia.


Ritorniamo a rimarcare sul fatto che quella Chiesa, prima del 1870, era ormai diventata troppo Potente, un colosso, un Impero Assoluto per passare inosservata da parte degli storici nemici della Chiesa (massoneria su tutte).
Ormai possiamo dire, avendo poche remore di essere smentiti, che quei poteri occulti si sono impossessati della Chiesa dall'interno (e praticamente ormai quasi di tutto), e ripetiamo nuovamente che l'occupazione iniziale della Chiesa (anno 1861/1870) è coperta da pagine e pagine di menzogne sconfinate; la cosa, possiamo dire, è relativamente pericolosa poiché vi sono milioni e milioni di fedeli, coscienze che sono attaccati, ancorati in tutto e per tutto alla Chiesa, che non sanno per nulla di queste cose e non le possono minimamente immaginare (possiamo dire: che non sanno della morte reale della Chiesa) e stanno dietro a tutti i movimenti della Chiesa attuale; dunque ormai, chi sta veramente dietro alla Chiesa attuale (non certamente Dio!) li manipolano a loro piacimento, e ciò è una cosa gravissima e andrebbe fermata, o tuttalpiù consapevolizzata dal genere umano.


Per farci capire di quanto fosse potente quella Chiesa prima del 1870, o sicuramente la Chiesa quella nel corso del 1800, possiamo mettere a confronto due passi emblematici, uno del Giordano Bruno al Tribunale del Sant'Uffizio di Venezia (anno 1600); l'altro dell'ultimo Pontefice dello Stato della Chiesa Pio IX, dopo l'occupazione di alcuni Domini Temporali del Sommo Pontefice, cioè in particolare delle Romagne con Capoluogo Bologna e dell'Umbria con Capoluogo Perugia (anno 1864).
A distanza di 270 anni, la Chiesa ha converso, in un modo o nell'altro, nella filosofia di una mente geniale come quella che è stata del Giordano Bruno (270 anni, da quando è stato messo al rogo Giordano Bruno, anno 1600, fino alla caduta della Chiesa, anno 1870). Sono troppe le analogie, chiaramente uno ci parla in un linguaggio in pieno accento "filosofico"; l'altro, seguendo apparentemente le "dottrine" di Chiesa, ma noi crediamo che spazia rilevandoci il senso profondo che ha avuto la Chiesa nel corso della storia dell'umanità.
Quindi possiamo dire che sono valsi sacrifici umani come quelli di Giordano Bruno, poiché si evince che anche da queste piccole esperienze, che hanno lasciato dunque grandemente il segno, hanno indotto la Chiesa a professare quanto più possibile il Giusto, ad avvicinarsi alla Verità, seppur dover fronteggiare alla fallace evoluzione umana che ha tentato in tutti i modi di distorcere di tutto per i propri interessi e fini materiali, quello che poi di fatto è accaduto, la cosa tanto temuta che è diventata - purtroppo ormai noi possiamo dire - realtà.
Una Chiesa che era diventata ormai troppo potente, un colosso, un Potere Assoluto per passare inosservata, e nel 1870 si conclude quello che è stato il fondamentale Ente Regolatrice del Mondo, anello di congiunzione tra Dio e questo piano terrestre, che ha accompagnato il corso dell'evoluzione umana nei secoli e nei secoli.
A seguire i due passi:

GIORDANO BRUNO
"Un infinito universo, effetto della infinita divina potenzia." (Dichiarazione resa da Bruno davanti al Tribunale del Sant'Uffizio di Venezia)
Io tengo un infinito universo, cioè effetto della infinita divina potenzia, perché io stimavo cosa indegna della divina bontà e potenzia che, possendo produr oltra questo mondo un altro ed altri infiniti, producesse un mondo finito. Sì che io ho dechiarato infiniti mondi particulari simili a questo della Terra; la quale con Pitagora intendo uno astro, simile al quale è la Luna, altri pianeti ed altre stelle, le qual sono infinite; e che tutti questi corpi sono mondi e senza numero, li quali costituiscono poi la università infinita in uno spazio infinito; e questo se chiama universo infinito, nel quale sono mondi innumerabili. DI sorte che è doppia sorte de infinitudine de grandezza dell'universo e de moltitudine de mondi, onde indirettamente s'intende essere repugnata la verità secondo la fede. Di più, in questo universo metto una providenzia universal, in virtù della quale ogni cosa vive, vegeta e si move e sta nella sua perfezione; e la intendo in due maniere, l'una nel modo con cui è presente l'anima nel corpo, tutta in tutto e tutta in qual si voglia parte, e questo chiamo natura, ombra e vestigio della divinità; l'altra nel modo ineffabile col quale Iddio per essenzia, presenzia e potenzia è in tutto e sopra tutto, non come parte, non come anima, ma in modo inesplicabile."
PIO IX
"La Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana crede e confessa che uno solo è il Dio vivo e vero, Creatore e Signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito per intelletto, volontà e per ogni perfezione, il quale essendo unica singolare, assolutamente semplice ed immutabile sostanza spirituale deve essere predicato realmente e per essenza, distinto dal mondo, in sé e per sé beatissimo, ineffabilmente eccelso sopra tutte le cose che sono e che si possono concepire fuori di Lui.
Questo solo vero Dio, per la Sua bontà e per la Sua onnipotente virtù, non già per accrescere od acquistare la Sua beatitudine, ma per manifestare la Sua perfezione attraverso i beni che dona alle Sue creature, con liberissima decisione fin dal principio del tempo produsse dal nulla l'una e l'altra creatura contemporaneamente, la spirituale e la corporale, cioè l'angelica e la terrena, e quindi l'umana, costituita in comune di spirito e di corpo [CONC. LATER. IV, c. 1, Firmiter].
Iddio, con la Sua provvidenza, conserva e governa tutte le cose che Egli ha creato, estendendosi da un confine all'altro con forza, e disponendo soavemente ogni cosa (Sap 8,1). Infatti, tutte le cose sono nude e scoperte ai Suoi occhi (cf. Eb 4,13), anche quelle che per libera scelta delle creature saranno in avvenire."

    foto di Davide Castelli.
    Giordano Bruno, noto filosofo e pensatore del tempo (1600)
    foto di Davide Castelli.
    Pio IX, ultimo Sovrano dello Stato Pontificio (1870)

COME RIMUOVERE L’ALLUMINIO DAL CERVELLO PRIMA CHE SCATENI IL MORBO DI ALZHEIMER

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Abbiamo tutti sentito parlare di alluminio e sappiamo gli usi che ne facciamo, pentole, pellicole, contenitori per bevande e alimenti, deodoranti ascellari, tabacco, infissi, farmaci prescritti,
e come adiuvanti nei vaccini,chemtrails(scie chimiche ndr).


Un aspetto dell’ alluminio, che molte persone non conoscono, è che è una neurotossina che può avere un effetto di deterioramento sul nostro cervello e sistema nervoso. Inoltre, gli esperti rivelano che può essere un importante fattorre scatenante per l’insorgenza del morbo di Alzheimer.


Siamo costantemente esposti a questa neurotossina , possiamo fare qualcosa per proteggerci? Per cominciare ci sono una serie di estratti naturali di piante e sostanze nutritive che possono abbassare e prevenire la tossicità dell’ alluminio a carico del cervello , in modo da proteggerlo da disturbi cognitivi.


Un team di neuroscienziati della Louisiana State University, guidati da Dr.Walter Lukiw, Ph.D., Professore Ordinario di Neurologia, Neuroscienze e Oftalmologia ,ha condotto uno studio sulla possibilite tossicità dell’ alluminio che porta alla comparsa, lo sviluppo e la progressione del morbo di Alzheimer.


Il loro studio è stato riassunto in un articolo peer-reviewed pubblicato nei Frontiers in Aging Neuroscience e secondo le loro conclusioni: ” Il contributo dell’ alluminio per la malattia di Alzheimer si basa su almeno sette osservazioni derivate in modo indipendente .”


In Estrema sintesi i risultati di questa e di altre ricerche sostengono:


L’alluminio punta dritto al cervello


L’alluminio sta al sistema nervoso centrale come il fumo di sigaretta sta ai polmoni. Gli scienziati dicono chiaramente che i metalli tossici danneggiano il tessuto cerebrale e portano a malattie degenerative producendo stress ossidativo, e l’alluminio è uno dei peggiori criminali.


Con i tassi di Alzheimer alle stelle, i percorsi variegati odierni dell’esposizione all’alluminio sono una grande preoccupazione. Proprio come con le particelle nell’ambiente, una volta che l’alluminio è nei nostri tessuti, il corpo ha difficoltà ad espellerlo. Questo metallo tossico non ha alcuno scopo biologico, per cui meno se ne ingerisce, meglio è.


Una volta nel corpo, si muove attraverso di esso con facilità, senza ostacoli, cavalcando il sistema di trasporto del ferro. Esso attraversa le barriere biologiche che normalmente tengono fuori altri tipi di tossine, come la barriera emato-encefalica. Nel tempo, l’alluminio può accumularsi nel cervello e provocare gr


Come disintossicarsi dall’alluminio


Ci sono una serie di chelanti potenti che è possibile utilizzare per disintossicarsi dall’alluminio. Chiaramente il primo passo sarebbe evitare l’ulteriore esposizione all’alluminio. Questo significa evitare prodotti quali:
Dentifricio contenente ossi-idrossido di alluminio.
Antitraspiranti contenenti cloruro di alluminio, cloridrato di alluminio, o composti di alluminio-zirconio.
Contenitori di bevande laminati di alluminio.
Pentole di alluminio
Macchine caffè espresso in alluminio


Per l’Alzheimer avanzato possono essere utili i seguenti agenti chelanti:


Acqua ricca di silicio, come l’acqua Fiji, che contiene 83 mg di silicio per litro. Una ricerca pubblicata nel 2013 ha dimostrato che bere fino ad un litro di acqua minerale ricca di silicio al giorno per 12 settimane elimina efficacemente l’alluminio per via urinaria, senza effetti nocivi sui metalli essenziali come ferro e rame. Secondo gli autori: “Abbiamo fornito prove preliminari che oltre 12 settimane di terapia di acqua minerale ricca di silicio fanno scendere il carico corporeo di alluminio nei soggetti con Alzheimer, e ci sono stati anche miglioramenti clinicamente rilevanti nella prestazione cognitiva di almeno 3 individui su 15”.
Melatonina: Le ricerche dimostrano che la melatonina ha un ruolo nel vincolare i metalli ed è un integratore utile nel trattamento dei disturbi neurologici in cui è coinvolto lo stress ossidativo, compreso quindi l’Alzheimer. La melatonina può viaggiare liberamente attraverso tutte le barriere cellulari, facilitando la rimozione di metalli tossici come l’alluminio. Sembra anche capace di sopprimere l’attività ossidativa dell’alluminio nel cervello.
Qualsiasi cosa che aumenta il glutatione. Il corpo sintetizza il glutatione da tre aminoacidi: cisteina, glutammato e glicina. Frutta e verdura crude (soprattutto avocado, asparagi, pompelmo, fragole, arancia, pomodoro, melone, broccoli, okra, pesche, zucchine, e spinaci) sono ricchi di precursori glutammato e glicina. Fonti alimentari di cisteina includono uova, carne, peperoni rossi, aglio, cipolle, cavoli di Bruxelles, proteine del siero del latte e germe di grano. Altri trattamenti utili per il miglioramento del metabolismo del glutatione includono:
Esercizio fisico: l’esercizio influisce sui livelli di trifosfato adenosina (ATP) necessari per aiutare a produrre glutatione.
Ottimizzare i livelli di vitamina D attraverso l’esposizione al sole; ci sono alcune prove che la vitamina D aumenta i livelli intracellulari di glutatione.
Bagni di sale inglese («Epsom salt»)
Integrazione con metilsulfonilmetano (MSM)
L’integratore N-acetil L-cisteina (NAC) può anche essere utile. Il NAC è il nutriente per la formazione del glutatione antiossidante intracellulare.
La curcumina: La ricerca suggerisce che la curcumina ha un effetto protettivo dai danni indotti dall’alluminio, modulando la portata dello stress ossidativo. Essa riduce anche le placche di beta-amiloide associate con l’Alzheimer, ritarda il degrado dei neuroni, chela i metalli, diminuisce la formazione di microglia, e ha un effetto anti-infiammatorio e antiossidante complessivo. Gli studi hanno dimostrato che la curcumina può aiutare a migliorare la memoria dei pazienti di Alzheimer. Vi sono alcune controindicazioni all’uso della curcumina in caso di ostruzione delle vie biliari (in quanto stimola la secrezione biliare), calcoli biliari, ittero ostruttivo, o colica biliare acuta.




In sintesi


Non si può più sostenere che l’alluminio non abbia un ruolo nelle malattie neurodegenerative come Alzheimer; l’evidenza è molto chiara e crescente. In realtà non dovrebbe sorprendere che le persone con tossicità da alluminio mostrino molti degli stessi sintomi di quelli con demenza, Parkinson, ADHD, autismo e altre malattie neurologiche, perché l’alluminio punta esattamente queste aree del cervello e del sistema nervoso.


Il modo migliore per proteggersi è essere attenti alle scelte alimentari e ai prodotti della cura personale, e ridurre al minimo l’uso di vaccini e altri farmaci che vengono spesso contaminati con l’alluminio.


Anche ottimizzare il tenore di zolfo nella dieta è essenziale, perchè il corpo ha bisogno di zolfo per produrre la sua arma numero uno contro il sovraccarico di alluminio: il glutatione. Facendo queste poche cose per proteggersi, si minimizza l’esposizione e si massimizza la capacità del corpo di liberarsi di questo metallo tossico, che ci porterà ad una vita lunga e sana e agli anni d’argento.


Ecco un breve riassunto delle 7 osservazioni indipendenti, che dimostrano la relazione fra tossicità dell’alluminio e disturbi neurologici:
– alluminio provoca un’infiammazione nel cervello, aumentando la pro-in fl molecola infiammatoria chiamato nucleare di beta fattore-kappa (NF-kB), una caratteristica importante nel cervello dei malati di Alzheimer.


– Stimola placche di beta-amiloide nel cervello a livelli corrispondenti a quelli attualmente si trovano in esseri umani.


– Si porta a lo stesso tipo di deficit energetici cellulari che sono collegati alla malattia di Alzheimer, come la segnalazione alterata che coinvolgono l’ATP e l’utilizzo di energia.


– Una serie di studi hanno rivelato un legame tra i livelli di alluminio in acqua di rubinetto e l’incidenza del morbo di Alzheimer. (È una pratica comune per l’alluminio da aggiungere all’acqua potabile in tutto il mondo, con l’obiettivo di chiarire o “fine” di esso.)


– Tra le molte migliaia di geni del cervello RNA messaggero molecole (molecole che trasmettono l’informazione genetica dal DNA di causare l’espressione genica), in alluminio aumenta gli stessi che sono aumentati nella malattia di Alzheimer.


– Gli animali affetti da morbo di Alzheimer, che in alluminio aveva aggiunto alle loro diete avevano cambiamenti cerebrali aggiuntivi legati alla malattia di Alzheimer, come la morte programmata delle cellule, stress ossidativo, e deficit di espressione genica.


– La terapia più efficace di Alzheimer finora è chelazione, che fa uso di un chelante di alluminio.


E ‘ancora presto per conclusioni definitive perché non è possibile testare queste teorie sugli esseri umani, ma i ricercatori cercano di ottenere alcune idee circa l’effetto di alluminio sul sistema neurologico da loro test su animali. Sono riusciti finora a dimostrare con certezza che l’alluminio, anche nelle dosi più piccole, provoca disturbi di apprendimento, problemi comportamentali e il morbo di Alzheimer, come problemi di memoria negli animali. Inoltre, hanno scoperto che i ratti che consumano di alluminio attraverso il cibo nelle stesse quantità come gli americani in genere fanno, esperienza grave deterioramento cognitivo in età avanzata, molto simile al morbo di Alzheimer. I loro cervelli mostrano anche prova definitiva di questa malattia grave oltre a sperimentare tutti i sintomi di accompagnamento.


Uno dei motivi principali per cui questo accade è perché l’alluminio viene accumulato nelle regioni specifiche del cervello che sono più sensibili ai danni nella malattia di Alzheimer. Molti studi hanno inoltre dimostrato che l’alluminio porta alla formazione anormale di placche beta-amiloide nel cervello dell’animale. Queste placche vengono creati non appena beta-amiloide, o le parti di proteine adesive, si raggruppano e ostacolano cellula-cellula segnalazione alle sinapsi. Inoltre, attivano le cellule del sistema immunitario che stimolano l’infiammazione e divorano cellule disabili. Questo processo avviene nelle stesse regioni del cervello in entrambi gli animali e le persone.


esposizione alluminio provoca l’ennesimo cambiamento neurologico che è tipico per i pazienti affetti da morbo di Alzheimer. Essa provoca la formazione di grovigli neurofibrillari – collezioni anormali di fili ritorti proteine nelle cellule nervose che sono principalmente fatti di una proteina.Questi grovigli anche ostruiscono i neuroni di comunicare tra loro, che è una manifestazione tipica del morbo di Alzheimer.


http://www.healthyteam.com/
http://www.alzheimer-riese.it/index.php/contributi-dal-mondo/denuncia-a-advocacy/4401-il-legame-alzheimer-alluminio-non-puo-piu-essere-essere-ignorato
http://www.younetspiegalevele.info/

LA COSTELLAZIONE DELLA BILANCIA E LE CONNESSIONI TRA ANUBI,THOT,HORUS E SAN MICHELE ARCANGELO

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La Bilancia (in latino Libra) è una costellazione dello zodiaco
Si trova tra la VERGINE AD OVEST E LO SCORPIONE AD EST


La Bilancia era una delle costellazioni preferite dai Romani. Si diceva che la Luna fosse stata in Bilancia all'epoca della fondazione di Roma. «L'Italia appartiene alla Bilancia, il segno che più le si addice. Sotto di lei sia Roma che la sua sovranità sul mondo furono fondate», disse lo scrittore latino Manilio. Egli descrisse la Bilancia come «il segno nel quale le stagioni sono in equilibrio, e le ore del giorno e della notte combaciano». È questo un indizio del fatto che i Romani raffiguravano la costellazione come una bilancia perché il Sole si trovava in quella posizione all'equinozio d'autunno, quando il giorno e la notte hanno la stessa durata.
Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Bilancia_(costellazione)


La bilancia come simbolo di giustizia si ritrova anche nelle rappresentazioni rinascimentali che mostrano l’Arcangelo Michele scacciare dal Paradiso Lucifero, l’angelo ribelle, e i suoi accoliti. Spesso S. Michele mostra in primo piano la bilancia mentre brandisce la spada contro Lucifero. E’ consistente l’ipotesi che il dio egizio Thot, identificato con Hermes nel periodo greco-romano, si sia più tardi trasformato in S. Michele. Nel volume Amours et fureurs de la Lointaine, Edition Stock-Pernoud, Paris 1997, alle pagg. 184-185, Desroches Noblecourt presenta alcune illustrazioni per dimostrare che S. Michele è l’evoluzione cristiana del dio Horus. In un volume successivo, Le fabuleux héritage de l’Egypte, Editions Télemaque, Paris 2004, nelle pagine 98-103, Deroches Noblecourt presenta le stesse illustrazioni del volume precedente per dimostrare, correttamente, che è S.Giorgio l’esito della trasformazione cristiana del dio Horus.
20 Grenier, op. cit., pag. 16.
21 Willems, Anubis as a judge, in Egyptian Religion. The Last Thousand Years, op. cit., pagg. 719-744: l’autore cita ben 25 documenti in cui Anubi agisce come giudice.

Dietrich Klinghardt: Se volessi mettere in ginocchio l’umanità spruzzerei glifosato su tutto il cibo,alluminio nell’aria e alluminio nei vaccini.

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Il dott. Dietrich Klinghardt: Se volessi mettere in ginocchio l’umanità spruzzerei glifosato su tutto il cibo, spruzzerei alluminio nell’aria e aggiungerei un po’ di alluminio nei vaccini. In breve renderei tutti stupidi e nell’arco di due o tre generazioni l’umanità sarebbe estinta…



“Se io volessi essere malvagio, se volessi mettere in ginocchio l’umanità, spruzzerei su tutto il suo cibo del glifosato, poi spruzzerei nell’aria dell’alluminio, e se questo ancora non basta, aggiungerei ancora un po’ di alluminio nei vaccini. In questo modo posso riuscire a rendervi tutti quanti stupidi, e nell’arco di due o tre generazioni vi porterei all’estinzione. Quello che mi occorrerebbe ancora per ottenere questo sono determinate frequenze elettromagnetiche, delle quali mi servo per bloccare i vostri enzimi responsabili della disintossicazione. E sono proprio esattamente queste frequenze quelle che provengono dai ripetitori della telefonia mobile. Se io fossi maligno, direi che dietro tutto questo dev’esserci un gruppo intelligente di scienziati molto, molto malvagi, e di politici. Ma siccome non sono cattivo, ritengo che si tratti solo di coincidenze casuali! ” D. Klinghardt

AVVELENAMENTO E DISINTOSSICAZIONE

Conferenza del medico dott. Dietrich Klinghardt, tenuta nel mese di novembre 2015 nel corso delle Giornate Internazionali “Hellinger Tage International “

A chi non conoscesse il dott. Klinghardt e questa recente conferenza tenuta in Germania, consigliamo vivamente di ascoltare/leggere le sconvolgenti rivelazioni. Klinghardt espone nella prima parte della conferenza un quadro davvero agghiacciante. Mediante dati, fatti ed esperienze personali, vediamo il profilarsi di un panorama di avvelenamento planetario senza precedenti. Lo scienziato tedesco, nonostante le prospettive catastrofiche, non perde né il sorriso né la convinzione che l’umanità sappia uscire da una situazione che pare pressoché senza speranze. Insieme ai suoi colleghi sta portando avanti ricerche sulla disintossicazione da metalli pesanti. In trent’anni di lavoro sono stati sviluppati metodi di cura molto efficaci. Sono state individuate migliaia di sostanze tossiche, ma due sono gli agenti che destano maggiormente preoccupazioni a causa dei loro effetti particolarmente gravi: il glifosato e l’alluminio. Molte malattie nuove sono emerse gli ultimi anni: stanchezza cronica disabilitante, insufficienza immunitaria, autismo in aumento spaventoso ed altro, e Klinghardt considera l’intossicazione da metalli pesanti un fattore rilevante. Ha sviluppato strumenti di cura e di disintossicazione a vari livelli, uno dei quali consiste in un approccio psicoterapeutico, la costellazione familiare creata da Bert Hellinger (vedi QUI ) per un processo di risanamento sistemico.

Klinghardt è convinto che una delle cause principali dell’aumento vertiginoso di intossicazioni da metalli pesanti riscontrata nei suoi pazienti sia il rilascio massiccio di particolati tossici in atmosfera (denunce arrivano anche da altri due scienziati statunitensi: Marvin Herndon Ph.D. e Dott.Russel Blaylock ). Klinghardt non ha dubbi che avvenga questa forma di avvelenamento, e su larga scala. Spiega di avere ‘la fortuna’ di ricevere conferme dirette da alcuni scienziati in cerca di cure da lui. La sua clinica è situata tra BOEING e MICROSOFT e diversi dei suoi pazienti arrivano proprio da loro. Ovviamente non può fare nomi. Secondo questi ‘informatori’, al giorno d’oggi 42 paesi sarebbero attivamente partecipi di queste operazioni di manipolazioni atmosferiche. Queste operazioni riguardano tre settori : militare – geoingegneria – controllo meteo. L’alluminio nanometrico è elemento onnipresente, non manca in nessuno dei settori.
CHI E’ DOTTOR KLINGHARDT?



Il dottor Dietrich Klinghardt ha studiato medicina (1969-1975) e psicologia (1975-1979) a Friburgo (Germania) e proseguito con un dottorato di ricerca sul coinvolgimento del sistema nervoso autonomo in malattie autoimmuni. Fin dall’inizio della sua carriera si è interessato agli esiti di tossicità cronica (soprattutto piombo, mercurio, inquinanti ambientali e campi elettromagnetici) in caso di malattia.

Ha potuto integrare la sua formazione occidentale lavorando in India da medico più giovane e venendo a conoscere i concetti orientali di eziologia della patologia. Questo ha gettato le basi per il suo sistema di Medicina Integrativa. La guarigione vera, dice Klinghardt, richiede un lavoro simultaneo su 5 livelli.

Dopo essere emigrato negli Stati Uniti, ha trascorso tre anni come medico di emergenza a tempo pieno prima di diventare Direttore del Pain Centre a Santa Fe. Dal 1970 ha contribuito significativamente alla comprensione della tossicità dei metalli e della sua connessione con la malattia, le infiammazioni croniche e il dolore. Egli è considerato un’autorità in questo campo ed è stato determinante nel progresso della medicina biologica, della gestione del dolore in forma non invasiva con varie tecniche, della medicina anti-invecchiamento, della tossicologia, della pediatria (disturbi dello sviluppo neurologico), della psicologia, dell’odontoiatria biologica, e altro. Ha inoltre sviluppato un sistema diagnostico (Autonomic Response Test).

Klinghardt è fondatore dell’Accademia Klinghardt (USA), dell’American Academy of Neural Therapy, direttore medico dell’Istituto di Neurobiologia con sede a Woodinville, Washington. Egli è anche fondatore e presidente dell’Istituto di Neurobiologia (Germania e Svizzera). Ha tenuto conferenze presso le università di Illinois, Utah, Friburgo, Adelaide, Capital University (Washington DC) e altre, e le scuole di medicina di Ginevra e Zurigo. Tra il 1996 e il 2005 è stato Professore Associato presso il Dipartimento di Neurobiologia Applicata presso Capital University. È regolarmente invitato a tenere seminari e conferenze durante il Medicine Week a Baden-Baden (Germania) e presso il Lyme internazionale e malattie associate (ILADS). Molti dei suoi insegnamenti sono disponibili grazie al suo sito www.klinghardtacademy.com . La Klinghardt Academy (USA) fornisce insegnamenti in lingua inglese.

Klinghardt ha ricevuto come medico il premio dell’anno dalla Global Foundation of Integrative Medicine nel maggio 2007, e nel 2011 premio dell’ anno dall’Accademia Internazionale di Odontoiatria Biologica e Medicina ( Physician of the Year Award for the International Academy of Biological Dentistry and Medicine).
VIDEO
(cliccare sull’immagine)




COSA HA DETTO IL DOTT.KLINGHARDT?

Estratti della conferenza e versione integrale (PDF)

Traduzione a cura di Nogeoingegneria

..In questo momento ci sono 3 grandi “esperimenti” fatti con l’intenzione di ridurre la popolazione mondiale: la cosiddetta “Agenda 21”, (35.49) che è ufficiale presso l’ONU, e che è fatta allo scopo di proteggere la popolazione mondiale dall’auto-annientamento: [secondo loro], questa popolazione deve essere ridotta! E non basta che questo proposito venga adottato per il futuro, ma invece la popolazione vivente va ridotta ora. Io ho questa pubblicazione, se a qualcuno dovesse interessare, ce l’ho – è un’ idea mia. E per raggiungere questo obiettivo, si adottano diversi approcci. (36.47) Una cosa importante è l’avvelenamento del feto nel corpo della madre. Sappiamo che quasi tutti i veleni ambientali…Io alla facoltà di medicina avevo imparato che i veleni ambientali presenti nel corpo della madre non passano al feto, poiché il feto è difeso dalla placenta. (37.12)Oggi sappiamo che non è vero. Il primogenito riceve i due terzi dell’intero quantitativo di veleni della madre…..

Dal momento che avveleniamo la Terra, veniamo avvelenati noi stessi. E tramite i meccanismi epigenetici diventiamo sempre più sensibili a quantità sempre inferiori di veleni, fino al punto che non li sopportiamo più. La cosa bella in questo è che quando assolutamente non ce la facciamo più a reggere, allora ci sarà una volontà politica di cambiare qualcosa, e io sono saldamente fiducioso nel fatto che noi come razza sopravviveremo e che andrà avanti bene.

Se conosciamo coloro che sono responsabili di aver causato le guerre, i responsabili delle pratiche agricole che ci avvelenano i suoli,(45.30) coloro che stanno nell’industria delle comunicazioni e scelgono fasce di frequenze [elettromagnetiche] che sono dannose per noi,[vediamo che] sono sempre gli stessi piccoli gruppi che stanno dietro [tutto questo]. Io credo che noi come esseri umani – la maggior parte di noi – siamo buoni, ma la resistenza deve venire da noi. (46.16) I nostri politici sono troppo stupidi o troppo corrotti per comprendere che razza di sciagura stanno lavorando a produrre, ora come ora.

Bene, ora vorrei [mostra un testo] – un momento… Ora vorrei mostrare qualcosa sugli influssi ambientali. Il motivo è, per me… che… il maggior numero possibile di noi devono risvegliarsi. Molti di voi provengono da altri Paesi, in cui le conoscenze sui danni enormi causati da questi veleni non sono ancora così avanzate (47.53). Io ho avuto la sfortuna (devo dire) che molti scienziati sono miei pazienti, i quali mi portano queste conoscenze. E vorrei richiamare l’attenzione su una cosa. Esistono tre stadi di evoluzione: il primo è [quello in cui diciamo]: noi siamo candidi e innocenti e abbiamo fiducia che il mondo sia buono, in linea di principio. Poi viene il secondo stadio, nel quale vediamo la corruzione e il male nel mondo (48.41) e rispondiamo assumendo lo stesso grado (o ampiezza) di cattiveria, oppure diventiamo furiosi, oppure ci sentiamo impotenti, oppure semplicemente ci rifiutiamo di guardare. E questa è la reazione più frequente: “Klinghardt, vattene!” [volta le spalle, e sorride]. E poi arriva lo stadio successivo, [che è] quello nel quale guardiamo negli occhi ciò che va male, ciò che c’è da cambiare, (49.22) senza coinvolgimento emozionale: ed è questa la fase in cui possiamo agire.

Bene. E ora vi mostro ancora alcune cose che mi stanno molto a cuore. Vi faccio vedere subito… ci siamo imbattuti in questo… Di tutta la massa complessiva che sta profondamente nel corpo… Io ho speso di sicuro oltre mezzo milione di dollari in test di laboratorio per trovare queste cifre. (50.24) Sappiamo oggi che nel corpo troviamo più di 82.000 sostanze tossiche. Ma l’80 per cento della tossicità complessiva, della capacità di far ammalare, è data solo da due sostanze: una è l’alluminio, l’altra è il glifosato. Il glifosato è un erbicida. Che viene prodotto da miei amici negli USA e da 50 anni è commercializzato in quasi tutti i Paesi occidentali. È il veleno principale che viene spruzzato sui terreni, ma noi possiamo un po’ proteggerci se lo sappiamo. E c’è un altro veleno, che è l’alluminio, dal quale non possiamo più difenderci. (51.57) Vi mostro brevemente il perché. Qui c’è la correlazione – che oggi è chiara dal punto di vista medico – che l’autismo nei bambini oggi è causato principalmente dall’alluminio che (52.25) dal corpo della madre viene trasferito nel corpo del figlio, e poi dall’alluminio che viene somministrato in aggiunta con i vaccini. Prima avevo fatto vedere che c’è un enorme aumento delle patologie neurologiche [mostra un testo di un articolo] e questo articolo mostra che l’alluminio gioca un ruolo particolare nell’aumento di queste malattie neurologiche. Il primo e principale sintomo è la perdita di memoria, e io oserei dire che tutti voi qui ne siete colpiti. Appena lo sai, puoi fare qualcosa per contrastarla! Ma fintanto che non lo sai…

Ora dico un po’ qualcosa sull’alluminio nei vaccini [mostra un testo]. In Europa e negli USA, il mercurio dei vaccini è stato in gran parte sostituito dall’alluminio, nell’anno 2000. L’Organizzazione Bill Gates [Fondazione, n.d.t.] ha comprato in blocco tutti gli stock di vaccini contenenti mercurio e li ha venduti alla Cina, con la conseguenza che i cinesi oggi sono gravemente colpiti da questo; inoltre ha raddoppiato nei vaccini la quantità di mercurio, che notoriamente aveva causato molti danni neurologici nei bambini, e li ha imposti nei Paesi africani. (55.10) Ora qui [vi mostro] alcuni dei valori di alluminio presenti nei vaccini oggi in uso. Per uno scienziato, si tratta di cifre spaventose!

Qui si può vedere [mostra un diagramma]… Oggi nei vaccini sono contenute ancora piccole quantità di mercurio; nel vaccino anti-influenzale, ancora moltissimo. E da questo studio si vede che prima, quando ancora si vaccinava col mercurio, si vede… La sopravvivenza [delle cellule] del cervello… [indica la parte sinistra del diagramma] e questo è il tempo trascorso [indica la parte inferiore del diagramma] dalla somministrazione delle sostanze tossiche contenute nei vaccini. Ecco, quando nel vaccino è contenuto mercurio, restano in vita ancora il 35 per cento delle cellule cerebrali. Se si lega il mercurio con l’alluminio – così come si fa oggi – dopo 24 ore tutte le cellule sono morte. (56.53) E se si aggiunge anche del testosterone (come quando a essere vaccinato è un maschietto), secondo questi studi pubblicati, le cellule cerebrali sono morte già dopo 4 ore. A questo punto vorrei dire che io non sono un oppositore delle vaccinazioni (57.13). Sono invece favorevole all’uso di vaccini ragionevoli. Questi sono già stati sviluppati da tempo, ma per [pausa]…oscuri motivi non vengono utilizzati.

Ok – ora salto un po’… Qui l’articolo in cui c’è scritto che l’alluminio nei vaccini danneggia il cervello in modo cronico; qui sotto l’altro articolo mostra che la sindrome da affaticamento cronico è causata dall’alluminio nei vaccini. Bene, ora salto… Qui c’è lo studio di un professore dell’Inghilterra sul perché l’alluminio viene messo dentro i vaccini, su quali tipi di studi sono stati fatti per stabilirne la sicurezza. La sua risposta è stata: [non hanno fatto] nessuno studio.

Bene. E ora in breve…vi parlo del metodo dell’aferesi che vi ho anche mostrato [rivolgendosi a B. e S. Hellinger] Si prende del sangue(59.05) da un braccio, lo si filtra, e poi lo si inietta nell’altro braccio. Nel materiale che il filtro ha trattenuto si addensano le sostanze tossiche che si trovano nel sangue, così è possibile individuarle facilmente. C’è un sacchettino che contiene tutti i veleni: quando lo si apre, ha lo stesso odore di quella cosa [putrefatta] che il cane ha portato a casa.

Bene. Ciò che noi abbiamo potuto stabilire tramite questo metodo: [mostra una tabella] qui si vedono i valori di alluminio e qui i valori del piombo. Il contenuto dell’alluminio è 140 volte più alto di quello di piombo. Ora, noi abbiamo fatto il calcolo su circa 200 pazienti: la quantità dell’alluminio dentro di noi è più alta di un fattore 94 di quella della sostanza tossica successiva. Perché questo fatto non è noto? [Mostra una foto di un aereo in volo che rilascia scie visibili dalla parte posteriore delle ali.] Dei laboratori americani che fanno dei test sull’alluminio (1.01.01) hanno ricevuto una lettera dal governo, [che diceva]: “Se non interrompete subito questi studi, vi chiudiamo il laboratorio”. Io non so come stiano le cose qui in Germania, ma di sicuro la situazione è simile. Gli americani non hanno mai firmato un trattato di pace con la Germania e ogni legge, ogni provvedimento della Germania può essere sottoposto a veto da parte del governo americano. La maggior parte di voi questo non lo sa. L’abbiamo scoperto grazie a un nostro collega americano. Una cosa importante che ne consegue è che lo spazio aereo sopra la Germania è territorio soggetto alla sovranità americana.

Ok: qui si vede… con questo aereo arriviamo a parlare di quale sia la provenienza di questo alluminio in coloro di noi che non sono vaccinati (1.02.21) [mostra una foto di un aereo con scie posteriori] Si tratta della formazione di strisce, non dietro i motori dell’aereo, non dietro le turbine, ma che fuoriescono dalle parti laterali [delle ali], e il normale gas che esce dalle turbine evapora dopo 30 secondi. Quello che noi oggi quasi sempre vediamo è che le strisce sono persistenti, si espandono lentamente e formano come una cappa grigia(1.03.27) [mostra foto di strisce e velature innaturali in cielo]. Qui è il cielo sopra Berlino. Dei miei pazienti che operano nei servizi segreti americani mi hanno rivelato che non sarebbe stato possibile spiare il telefono di Angela Merkel senza questa [roba] qui. Sono composti di alluminio e in cielo si forma come una cappa di metallo… L’idea originaria sarebbe quella di fare una specie di schermatura per riflettere i raggi del Sole, cioè il Sole viene riflesso, insomma una forma di controllo del clima (1.04.26) [mostra altre foto di cieli rigati da strisce]; questa foto è stata ripresa da qualche parte sopra il Danubio; qui si vede molto nettamente che deve trattarsi di aerei di linea [mostra una foto con strisce curvilinee e svolte a 90°]… Qui vediamo una strana formazione di nuvole, del tutto innaturale. Queste [sono] onde pulsate. Anche i cinesi lo stanno facendo. Questo è da qualche parte sopra la Francia. E qui è da noi, dietro l’angolo: il ponte Golden Gate. (1.05.09) Queste qui sono foto che abbiamo ricevuto da Boeing. Loro installano su questi giganteschi aerei dei serbatoi che vengono allestiti dalla stessa azienda che produce gli erbicidi – purtroppo non posso dire il nome… Questa tecnologia nel suo insieme viene chiamata geo-ingegneria. Per i tedeschi, si trova un’ottima pagina Internet di informazione nel sito Sauberer Himmel. (1.06.29)…..

Allora ci siamo messi a pensare e ci siamo chiesti: se è vero che effettivamente l’alluminio da lassù viene fatto piovere in giro…? E così abbiamo finanziato misurazioni [di laboratorio] sulla pioggia… ecco, qui sopra si vede il valore [soglia] adottato negli Stati Uniti, 0,5 microgrammi per litro [mostra una tabella]. L’agenzia americana responsabile per la salute dice: se nell’aria ci sono valori superiori a questo, la popolazione deve essere allertata. (1.07.17) La pioggia dopo queste irrorazioni del cielo: il valore è di oltre 2.000 volte quello di 0,5 microgrammi per litro. Nessuna allerta della popolazione. Qui il valore è di 7.000 volte tanto quello di 0,5 microgrammi. Mi è capitato di imbattermi in questo cinque anni fa; eravamo andati a sciare nella Foresta Nera [in Germania], in una zona in cui avevo lavorato come medico da giovane, sul Feldberg, come medico sciistico [sorride] e sapevo esattamente com’era il clima lì per 40 anni. Siamo andati a sciare la mattina, c’era un bel cielo azzurro, poi sono arrivati questi grossi aerei tanker che hanno disegnato queste linee in cielo, e poi si è formata la coltre biancastra, e a causa delle condizioni meteo la cappa si è abbassata (1.09.02) e tutti abbiamo cominciato a tossire, ci è venuto mal di testa e ci siamo ritirati nel nostro albergo e ci siamo accorti che anche molta altra gente aveva lasciato le piste, sebbene la neve fosse buona. Poi si è messo a nevicare e io ho raccolto un po’ di neve [per portarla ad analizzare] e dentro la neve c’era più alluminio che neve. [Questo] nella Foresta Nera. Poi abbiamo fatto delle misurazioni al suolo e abbiamo visto che al momento c’erano enormi quantità di alluminio nel terreno, nella terra, e perciò anche nell’erba (1.10.08), poi abbiamo fatto queste misurazioni in Norvegia, dove le mucche stanno lì in piedi davanti ai pascoli pieni d’erba, senza brucare! E muoiono di fame nel pascolo pieno d’erba – al punto che gli allevatori norvegesi devono importare l’erba.

Bene. E ora un po’ di letteratura [scientifica]. Non è mia intenzione annoiarvi. La cosa più importante è che l’alluminio provoca infiammazioni in tutti i vasi sanguigni del nostro corpo. Questi depositi di alluminio in nanoparticelle diventa terreno di coltura per molte patologie da infezione (compresa la borreliosi o morbo di Lyme). Per me era interessante il fatto che questi studi sul nano-particolato di alluminio [mostra studi] sono finanziati dalla stessa azienda che produce questa miscela per gli aerei. Finora sono noti i nomi di 42 Paesi che prendono parte [a questa attività], mentre in Cina e in Russia viene impiegata una minore quantità di miscela tossica. L’intera Europa viene irrorata. (1.12.24) Se ci fate caso, se prestate attenzione… oggi c’era un bel cielo, quindi è un buon momento per vedere quando ricominciano a irrorare. Qui, ancora: il danno ai mitocondri secondo gli esperti di medicina. L’alluminio è reperibile fin dentro ai mitocondri di ognuno di noi. E poi, qui vediamo la correlazione fra l’alluminio e tutte queste patologie neurologiche, e qui un articolo sul tema che è stato pubblicato in una buona rivista medico-scientifica accademica. [Evidenzia alcuni vocaboli.] (1.13.33) Qui si legge il termine “tanker-jets”, qui il termine “geoengineering”, “modificazioni meteorologiche” e “modificazioni climatiche”, e qui c’è “alluminio”. Purtroppo sono contemplate anche altre sostanze, per esempio metalli radioattivi, uranio impoverito… e sono stati trovati perfino germi che erano stati intenzionalmente aggiunti alla miscela. (1.14.25) Ancora: un’immagine per spiegare perché viene fatto questo, e che cosa viene spruzzato. La cosa più importante per noi, oppure [diciamo], la cosa che per noi umani è più dannosa, per tutte queste patologie neurologiche, sono le minuscole, microscopiche sferette di fibra di vetro imbottite di alluminio che noi respiriamo, inaliamo. [Mostra immagini.] E ancora: chi di voi sa dire qual è il tipo di cancro più frequente nelle donne? La maggior parte delle persone direbbe “cancro al seno”. Le recenti statistiche indicano che è il cancro polmonare. (1.15.37) Da quando [in generale] abbiamo smesso di fumare, la quota di cancro polmonare è aumentata, non calata. Ora, guardo ancora brevemente cosa viene adesso, per la detossificazione… L’alluminio si smaltisce mediante l’acido silicico (Silica) e ci sono diversi prodotti. Il prodotto più importante viene dalla Russia, non è costoso, e si chiama in inglese Enterosgel. Quanti di voi vengono dalla Russia?

Ok, solo pochi di voi. Enterosgel: un cucchiaio da tè tre volte al giorno lontano dai pasti. Cosa interessante: quando si è saputo che è possibile eliminare l’alluminio dal cervello, negli Stati Uniti questo prodotto è stato immediatamente vietato. (1.17.19) Io dico: c’è un motivo se Edward Snowden è andato in Russia. Al momento molti di noi ripongono le proprie speranze nella Russia, nel fatto che assuma un ruolo di leader, per una reale idea di libertà, e non quella pseudo-libertà che in Occidente ci viene fatta passare per libertà.

Bene. Vorrei molto brevemente inquadrare ancora un tema simile, poi fare qualcosa che serve piuttosto alla guarigione. Quanti di voi vengono dal Messico? Il migliore studio sull’inquinamento ambientale l’ha fatto una donna medico messicana, e in questa immagine è contenuto tutto quello che c’è da sapere. Lei ha visitato una scuola fuori Città del Messico (1.18.59), in una zona rurale, dove i contadini avevano venduto la terra alla stessa azienda americana che produce la miscela irrorata che provoca l’inquinamento dell’aria, e questa azienda irrora tutti i campi di mais con il proprio prodotto che ho il permesso di menzionare [ridacchia]: è il glifosato, e il marchio commerciale più noto è il Roundup. Poi, la dottoressa ha confrontato questi bambini con quelli di un’altra scuola (1.20.05) in una zona rurale dove i contadini hanno praticato la resistenza e non hanno permesso che sui loro campi venissero spruzzate sostanze chimiche. [Mostra due disegni infantili di cui uno strutturato normalmente, e uno senza struttura e incomprensibile.] Nella parte sinistra, vedete una figura disegnata da una bambina di 4 anni che sta nella zona sana. Accanto, il disegno di una persona [una bambina] della scuola che sta nella zona dove i campi erano stati spruzzati. Non conosco nessuno studio in cui risulti così immediatamente evidente che cosa è successo al cervello. Sulla parte destra, nelle stesse scuole i maschietti di 5 anni: la figura a sinistra viene dalla zona sana; nella figura a destra, il disegno proveniente dalla zona irrorata con prodotti chimici [come sopra, mostra un disegno ben strutturato accanto a segni incomprensibili]. (1.21.22) (Si potrebbe addirittura dare un’interpretazione simbolica del disegno a destra, e vederci uno spermatozoo morente.) In breve. Qui, dove qualcuno all’Università ha ricercato su quali sono le principali cause di autismo. Qui, si parla di fitofarmaci, alluminio, e l’erbicida glifosato. Si tratta sempre di nuovo delle stesse sostanze. Vi faccio vedere ancora un bello studio al quale io stesso ho preso parte. Ok. Qui c’è un altro studio sul glifosato che indica che il glifosato distrugge tutto ciò che c’è di sano dentro di noi. Qui ancora c’è la combinazione tra il glifosato e l’alluminio: interagiscono fra loro “magicamente” (1.23.04) e sono una reale causa di depressione, di demenza, comportamenti ansiosi, malattia di Parkinson, e naturalmente dell’autismo.

Volendo essere maligni, si potrebbe… Se io volessi essere malvagio, se volessi mettere in ginocchio l’umanità, spruzzerei su tutto il suo cibo del glifosato, poi spruzzerei nell’aria dell’alluminio, e se questo ancora non basta, aggiungerei ancora un po’ di alluminio nei vaccini. In questo modo posso riuscire a rendervi tutti quanti stupidi, e nell’arco di due o tre generazioni vi porterei all’estinzione.(1.24.10) Quello che mi occorrere ancora per ottenere questo sono determinate frequenze elettromagnetiche, delle quali mi servo per bloccare i vostri enzimi responsabili della disintossicazione. E sono proprio esattamente queste frequenze quelle che provengono dai ripetitori della telefonia mobile. Se io fossi maligno, direi che dietro tutto questo dev’esserci un gruppo intelligente di scienziati molto, molto malvagi; e di politici. Ma siccome non sono cattivo, ritengo che si tratti solo di coincidenze casuali! (1.25.21)

Bene. Ora vediamo… sì, molto interessante! Come fanno ricerca gli americani? Io a questo punto vorrei dire una cosa: io vivo in America e [vi dico che] il 99,99 per cento degli americani sono persone fantastiche, che vivono nel cuore, ma sono anche facilmente soggette ad abusi. Forse sono la popolazione, le persone più facilmente soggette ad abusi del mondo: in questo momento da parte di alcune aziende che fanno esperimenti sugli americani stessi. E i politici vengono pagati per tenere la bocca chiusa. Ora però vi mostro uno studio bellissimo in cui per una volta gli americani hanno fatto sperimentazione non sulla propria popolazione. Conosciamo lo sfondo. Due politici di punta in Ecuador sono stati pagati (1.26.55) – relativamente poco – per dare il permesso di irrorare dall’alto tutto il territorio urbano in Ecuador con questi prodotti. Poi sono stati fatti dei campionamenti nella popolazione per vedere se in questo modo si possono provocare danni genetici permanenti nella popolazione. E la risposta è stata: sì. Qual è stato allora il passo successivo? È stato che noi negli Stati Uniti nelle grandi concentrazioni urbane abbiamo trovato (1.27.44) chiare evidenze bio-chimiche che lì questa miscela è stata spruzzata dal cielo, che il glifosato era stato aggiunto alla miscela. Così prima c’è stato il piccolo esperimento in Ecuador, e poi di seguito l’applicazione alla propria popolazione negli USA. Gli USA oggi hanno la percentuale più alta al mondo di patologie neurologiche.

Qui vengono brevemente presentati i sintomi che vengono provocati tramite queste sostanze: ipertensione, ictus, diabete, obesità, colesterolo alto, Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla, autismo, e dall’altra parte [della tabella]: diversi tipi di cancro… L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) quest’anno ha classificato questa sostanza come cancerogena e il governo tedesco ha deciso… di non reagire affatto. Così, che il 90% dei campi in Germania vengono irrorati con questo prodotto, che ognuno può andarselo a comprare in qualsiasi negozio di giardinaggio; sappiamo che in Sudamerica vengono spruzzati moltissimi campi con questo (1.30.00)e che questa classificazione come cancerogeno lì non è tuttora trapelata dalla stampa [e dai media]….

Ecco, qui ora c’è un’altra cosa che volevo mostrare… Dobbiamo fare una pausa? Oppure posso continuare? (1.31. )Perché volevo fare ancora una cosa bella…adesso viene il bello! Questo è uno studio pubblicato che è stato fatto da noi a Seattle [mostra un grafico] e ognuna di queste colonne blu del grafico rappresenta il [livello di] contenuto di una determinata sostanza tossica nel latte materno di una specifica madre. Sulla linea inferiore ci sono delle sigle che sono le abbreviazioni dei nomi delle singole donne. Quattro di queste donne erano mie pazienti e abbiamo misurato i valori di PBDE (che sono fitofarmaci) che arrivano nel latte materno dal corpo della madre. (1.31.38) Di questi fitofarmaci si sa che possono modificare sostanzialmente l’orientamento sessuale del neonato; noi sappiamo che oggi…

Dunque, in questo latte materno c’era solo poca di questa sostanza che modifica gli ormoni; nel latte di quest’altra madre di PBDE ce n’era moltissimo; di queste sostanze si sa che provocano il cancro, tumori al cervello nell’infanzia (1.36.24) oppure tumori collegati agli ormoni nell’età adulta, gravi disturbi del comportamento nei bambini, iperattività, aggressività e così via.

E adesso viene una cosa particolare, uno dei miei studi, vedete questa linea più scura delle altre linee? L’agenzia USA per la salute, l’EPA, Environmental Protection Agency, ha dichiarato: “Quando un liquido contiene una quantità di questo veleno che supera questa soglia [mostra una linea sotto la metà del grafico], è fatto divieto di smaltire questo liquido attraverso la toilette.” È considerato un atto criminale negli Stati Uniti buttare questo liquido nella toilette, e tuttavia il latte di sei di queste madri ha oltrepassato questi limiti!(1.38.00)

…Dunque, in questo latte materno c’era solo poca di questa sostanza che modifica gli ormoni; nel latte di quest’altra madre di PBDE ce n’era moltissimo; di queste sostanze si sa che provocano il cancro, tumori al cervello nell’infanzia (1.36.24) oppure tumori collegati agli ormoni nell’età adulta, gravi disturbi del comportamento nei bambini, iperattività, aggressività e così via.

E adesso viene una cosa particolare, uno dei miei studi, vedete questa linea più scura delle altre linee? L’agenzia USA per la salute, l’EPA, Environmental Protection Agency, ha dichiarato: “Quando un liquido contiene una quantità di questo veleno che supera questa soglia [mostra una linea sotto la metà del grafico], è fatto divieto di smaltire questo liquido attraverso la toilette.” È considerato un atto criminale negli Stati Uniti buttare questo liquido nella toilette, e tuttavia il latte di sei di queste madri ha oltrepassato questi limiti! (1.38.00)….

Mi è stato chiesto di riassumere ancora brevemente. Tramite quello che sappiamo dall’epigenetica, il danno che soffriamo nella nostra vita non ha un effetto solo su di noi, ma su tutte le future generazioni. Prima nella medicina si pensava che solo la radioattività causasse dei danni genetici che poi vengono trasmessi alla discendenza. Oggi sappiamo che le microonde che vengono usate per le comunicazioni dei ripetitori dei cellulari (2.27.37) provocano gravi danni epigenetici, gli erbicidi, i pesticidi, gli insetticidi fanno massicci danni alla nostra epigenetica e ogni generazione che è esposta a questi fattori tossici accumula danni che vengono completamente trasmessi alla generazione successiva. E questa generazione subisce ulteriori danni e ci sono poche sostanze che sono responsabili della maggior parte di tutti questi danni. In cima a tutto oggi ci sono: alluminio in forma di nano-particolato, che viene spruzzato intenzionalmente nel cielo, (2.29.05) in Germania quasi ogni giorno quasi ovunque, molto pesantemente in Norvegia, Svezia, Gran Bretagna, ma anche in Italia, Spagna, ecc. La seconda sostanza [per importanza] è il glifosato, la componente del mezzo di annientamento delle erbe infestanti più usato: la combinazione di entrambi [cioè alluminio e glifosato] distrugge il nostro cervello. Noi possiamo proteggerci da questo annientamento. L’alluminio viene espulso mediante prodotti a base di acido silicico. Il glifosato: dobbiamo nutrirci con alimenti biologici [“organic food”] e la terapia della sauna ha un ruolo importante. Dovremmo sudare ogni giorno per dieci minuti. Altri semplici passi per detossificarsi ve li comunicherò sulla mia pagina Internet. (2.31.04) E la terza parte – per cui non ho avuto tempo – è come ci si protegge dalle microonde.

E per me è importante che voi vi abituiate a questo pensiero: che se voi guardate dal vostro punto di vista il resto del mondo, è molto probabile che vedrete molti molti bambini che si ammalano in numero rapidamente crescente; e voi sappiate che questa è un conseguenza di queste condizioni ed è evitabile, si può proteggersi interamente. Ci occorre una agricoltura completamente diversa. Sappiamo che esistono metodi naturali (2.32.23) per coltivare cereali e per coltivare verdure senza l’uso di sostanze tossiche, oppure perfino per far arricchire il suolo sempre di più, raccolto dopo raccolto. Ma coloro che rappresentano questi metodi vengono oppressi; i media attualmente cooperano totalmente con coloro che detengono il potere in queste industrie che operano nascoste nel buio. Nella mia generazione, quando ero studente di medicina, eravamo tutti socialisti. Il 90 per cento dei miei colleghi di allora oggi cooperano con queste cose oscure, compresi coloro che “ce l’hanno fatta” ad andare a lavorare allo Stern o a Der Spiegel [due importanti settimanali tedeschi], oppure coloro che sono diventati moderatori alla TV. Forse vi dico ancora una piccola cosa che può rendere più chiaro il tutto. Un mio paziente è un produttore di Hollywood. Due anni fa ha ricevuto un incarico da Disney per rielaborare tutte le vecchie pellicole (2.34.26) di Disney in modo da inserire nei cieli quelle strisce, così la gente quando vede questi film al giorno d’oggi, dice: “Tu Klinghardt dici che queste strisce [in cielo] sono peggiorate solo negli ultimi anni: ma guarda qui, c’è un film del 1954, guarda il cielo, lo vedi che c’erano già allora le stesse strisce. Le strisce sono un fenomeno naturale!” Il mio paziente per questo [lavoro] ha ricevuto 60 milioni di dollari. Io ho guadagnato da questo paziente 700 dollari [ride di gusto]……….
Conferenza Klinghardt – Testo Integrale 

 
fonte: http://www.nogeoingegneria.com/effetti/salute/se-volessi-mettere-in-ginocchio-lumanita/

http://curiosity2015.altervista.org/il-dott-dietrich-klinghardt-se-volessi-mettere-in-ginocchio-lumanita-spruzzerei-glifosato-su-tutto-il-cibo-spruzzerei-alluminio-nellaria-e-aggiungerei-un-po-di-alluminio/

Iwen: i Colori dell'antico Egitto

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L'importanza del Colore





Nell'antico Egitto, il colore (Iwen) era parte integrante di ogni aspetto della vita quotidiana.
Era, infatti, un indizio della sostanza di ogni cosa o del significato di una questione.

Quando si diceva che non era possibile vedere il colore degli dei, significava che non si potevano conoscere o comprendere completamente.

Nell'arte, i colori erano indizi sulla natura degli esseri raffigurati. Per esempio, quando Amon veniva ritratto con la pelle blu, era in riferimento al suo aspetto cosmico. La pelle verde di Osiride, invece, era un riferimento al suo potere sulla vegetazione e alla sua resurrezione.



Amon













                                              Osiride



Naturalmente, nell'arte egiziana, il colore non aveva sempre un significato simbolico. Quando, ad esempio, gli oggetti si sovrappongono, come in una mandria di buoi, i colori di ogni animale si alternano in modo da differenziare ogni singolo animale (vedi immagine a fianco).
A parte queste considerazioni pratiche, però, l'uso del colore nell'arte era in gran parte simbolico.

L'artista egiziano aveva a disposizione sei colori oltre al bianco e nero. Venivano ricavati in gran parte da composti minerali e quindi molti hanno mantenuto la loro vitalità nel corso dei millenni. Ogni pigmento aveva un significato intrinseco simbolico, e alcuni avevano anche un senso ambivalente.
I bovini di Nebamun, frammento di una scena, Tebe, Egitto fine della 18° dinastia, intorno al 1350 aC, British Museum.

La tecnica

Per dipingere si usava la campitura: il colore veniva steso in maniera uniforme dentro una forma delimitata da un contorno.

I colori erano preparati con una miscelazione di pigmenti ottenuti dalla macinazione di terre colorate, agglutinate da una sostanza collosa formata da acqua, lattice di gomma e albume d'uovo.
I pennelli erano ricavati dalle fibre di palma.


Questo tipo di pittura si chiamava tempera (dal latino temperare, mescolare) e veniva eseguita su superfici perfettamente asciutte e al riparo dalle piogge, in quanto solubile con l'acqua.






Pittura murale raffigurante una scena di banchetto:


Provenienza: un tempio di Tebe
Epoca: Nuovo Regno. Da notare le figure umane e gli oggetti disposti tutti su un unico piano, parallelo a chi guarda.

In alto: Giardino di una ricca dimora egizia, rilievo ottocentesco di un dipinto tombale del 1410 aC. a Tebe.

Notare i lati del giardino che sono ribaltati all'esterno per consentire una visione completa dell'ambiente.


Il colore della pelle era significativo: più scuro (rosso) rappresentava i maschi, più chiaro le femmine (spesso giallo).



Due uomini (a sinistra con la pelle più scura) mentre mietono, due volti femminili (a destra, più chiari) da una tomba di Tebe (1430 aC. c.)



Proporzioni perfette



Gli artigiani egiziani solitamente prima scolpivano la roccia poi dipingevano la scena sulla superficie lavorata.









Le raffigurazioni delle persone erano molto coerenti nelle loro proporzioni, in quanto veniva utilizzata una formula specifica: per realizzare una figura umana in piedi dividevano un foglio di papiro in diciotto sezioni, quindi disegnavano le figure usando le prime tre righe per l'area tra fronte e collo, i successivi dieci quadrati per la zona tra spalla e ginocchio, gli ultimi cinque, infine, per gli arti inferiori.
In questo modo i dipinti di artisti diversi, nel corso del tempo, hanno lo stesso aspetto.





Le rigide norme della pittura egizia



- L'immagine spesso è identificata da un'iscrizione.

- La somiglianza con il soggetto non è necessaria, infermità e vecchiaia erano poco diffuse. La maggior parte delle immagini sono esempi luminosi di prosperità della gioventù e buona salute.
- La testa del personaggio è sempre disegnata di profilo, mentre il corpo viene visto di fronte.
- Anche se il volto è di lato, l'occhio era disegnato in pieno.
- Le gambe sono rivolte verso lo stesso lato della testa, con un piede di fronte l'altro.


- La testa è ad angolo retto rispetto al corpo.
- Ogni figura si trova con una postura formale, rigida. La posizione del corpo è solenne, ma i volti sono calmi e sereni.
- Gli schiavi e gli animali sono dipinti con stile più naturale e rilassato, con una dimensione ridotta per mostrare la loro importanza limitata.
- C'era poca ricerca di plasticità o di illusionismo spaziale, senza alcun tentativo di prospettiva lineare.
- Gli artisti traevano i pigmenti dalle materie prime che li circondavano, quindi lavoravano con un numero limitato di colori.
- Il colore veniva applicato con toni piatti.



Il colore dei geroglifici



Venivano usate due modlità di colore, una con gli oggetti dipinti con le stesse tonalità che avevano in natura, la seconda con colori secondo un significato simbolico.


Qualche differenza di colore veniva usata per distinguere due segni identici.
Il colore non veniva usato nelle scritture di tutti i giorni per risparmiare tempo e denaro.
Nei casi in cui i segni non erano dipinti di nero o rosso, ogni segno aveva un suo colore di base o una combinazione di colori.

Geroglifici colorati sulla tomba di Seti I ad Abydos.
I colori assegnati ai vari segni sono in molti casi semplicemente i colori degli oggetti stessi.
Altri oggetti avevano invece una connotazione simbolica, come ad esempio il metallo del coltello di un macellaio che era rosso, la falce verde, mentre una pagnotta di pane era blu.



Iwen

Gli antichi Egizi consideravano il colore di un oggetto parte integrante della sua natura o del suo essere.

La parola Iwen veniva usata per significare il concetto di colore, ma poteva anche indicare l'aspetto esteriore, la natura, l'essenza, il carattere o persino la disposizione.

Purtroppo, a causa dell'usura del tempo e del deperimento dei materiali, molti dei reperti visibili oggi nei musei e sulle pareti di templi e tombe in Egitto, ormai hanno ben poco delle tinte originarie.


Nell'immagine a fianco le colorazioni tradizionali delle pitture dell'antico Egitto.


Il verde (wadhj) era il colore della vegetazione e della nuova vita.
Nel linguaggio quotidiano fare "cose verdi" indicava un comportamento positivo. Come già accennato, Osiride era raffigurato spesso con la pelle verde ed era anche denominato Grande verde.
La malachite verde era un simbolo di gioia e la terra dei morti fu descritta come il "campo di malachite". Nel libro dei morti si legge che il defunto diventerà un falco "le cui ali sono di pietra verde". Sembra impossibile, naturalmente, è ovvio che il colore della vita nuova e ri-nascita è ciò che è importante.
L'occhio di Horus era un amuleto di pietra verde (immagine a fianco).

Questo colore è stato anche associato con la divinità Hathor, Wadjet e Osiride.

Il pigmento verde probabilmente veniva preparato come una pasta ricavata da ossidi di rame e di ferro mescolati con silice e calcio. Poteva anche essere estratto dalla malachite, un minerale naturale di rame.





Horus, con la testa di falco, insieme ad Anubis (a destra) e al Faraone
(al centro). Qui il verde è usato per decorare alcuni geroglifici.




Rosso (deshr) era il colore della vita e della vittoria. Durante le celebrazioni, gli antichi egizi si dipingevano il corpo con ocra rossa, indossando amuleti in corniola, una pietra rosso scuro. Seth, il dio che stava alla prua della barca del Sole e ucciso il serpente Apep, aveva occhi e capelli rossi.

Rosso era anche un simbolo di collera e di fuoco. Una persona che agiva "con cuore rosso" era piena di rabbia. "Arrossire" significava "morire". Seth, il dio della vittoria su Apep, era stato anche l'assassino del fratello Osiride. La sua colorazione rossa potrebbe quindi assumere il significato di male o di vittoria, a seconda del contesto in cui è interpretato.

                                                                         Seth

Il rosso era comunemente usato per simboleggiare la natura ardente del sole raggiante e gli amuleti col serpente che rappresenta l'"Occhio del Re" (fuoco, protezione e l'aspetto forse malevolo del sole) venivano fatti con mattoni rossi.



Questo colore è stato collegato con la rigenerazione e con le forze pericolose che minacciavano l'ordine cosmico (Maat). Ad esempio il deserto, minaccia per la vita, era chiamato "Terre rosse".
Pericolo, distruzione e morte erano le idee connesse con il rosso: gli Scribi usavano l'inchiostro rosso quando volevano scrivere la parola "male".

Il fatto che la pelle degli uomini egiziani venisse raffigurata con il rosso, non ha alcuna connotazione negativa.

La vernice rossa veniva creata dagli artigiani egiziani utilizzando ferro ossidato naturalmente e ocra rossa.



                                                       Raffigurazione del dio Horus






Il bianco (hedj e shesep) suggeriva l'onnipotenza e la purezza. Considerato come privo di colore, era usato per le cose semplici e sacre.

Il nome della città santa di Menfi significava "Bianche mura".
Sandali bianchi venivano indossati durante le cerimonie sacre.
Gli oggetti rituali più comunemente utilizzati nei cerimoniali, come piccole ciotole e vasi canopi, erano privi di colore.
Anche il tavolo per l'imbalsamazione del Bue Api di Memfi era bianco alabastro.
Bianco era anche il colore araldico dell'Alto Egitto: "Nefer", la corona dell'Alto Egitto era bianca, anche se in origine probabilmente veniva fatta con canne verdi.

Il colore bianco puro utilizzato in questo tipo di arte egizia era quello naturale del gesso.

Vasi canopi provenienti dalla tomba di Nsikhonsou, moglie di Pinedjem II (990-969 a.C., British Museum)

Thot, lo scriba, registra il risultato della pesatura del cuore di Ani. Dal papiro di Ani.


Nell'antico Egitto, il nero (kem) era simbolo di morte e della notte. Osiride, il re dell'aldilà era anche chiamato "il nero". Una delle poche persone della vita reale ad essere divinizzate, la regina Ahmose Nefertari fu la patrona della necropoli. Era solitamente raffigurata con la pelle nera. Anubi, il dio dell'imbalsamazione era raffigurato come uno sciacallo o un cane nero.



                                                                  Ahmose Nefertari

Così come il nero simboleggiava la morte era anche un simbolo naturale del mondo sotterraneo e quindi della resurrezione. Probabilmente era anche simbolo di fecondità e persino della vita. Questa associazione era dovuta all'abbondanza generata dal limo nero delle annuali inondazioni del Nilo. Il colore del limo divenne emblematico dello stesso Egitto: il paese infatti era chiamato "Kemet" (Terra nera).

Pigmenti neri erano ricavati da composti del carbonio come fuliggine, carbone di legna o di terra oppure ossa di animali bruciate.



Osiride il "nero": i colori nero e verde con i quali è raffigurato il dio rappresenterebbero la morte e la rinascita della vegetazione







Il giallo (khenet, kenit) era creato dagli artigiani egiziani con ocre naturali oppure ossidi. Durante l'ultima parte del nuovo Regno, venne sviluppato un nuovo metodo, che derivava il colore dall'orpimento (trisolfuro di arsenico).

Sia il sole che l'oro giallo condividevano le qualità di immortalità, eternità e indistruttibilità. Quindi l'uso del giallo, nell'arte egizia, generalmente denotava queste connotazioni. Si credeva che la pelle e le ossa degli dei fossero d'oro. Così statue di divinità e maschere di mummie di Faraoni erano spesso costruite o placcate in oro. Quando il faraone moriva diventava il nuovo Osiride e quindi un Dio. Nell'immagine della Cerimonia di Apertura della bocca (a destra),notate i toni della pelle della mummia e di Anubi. Entrambi sono esseri divini ed entrambi hanno la pelle dorata, mentre il sacerdote e le donne in lutto hanno il classico rosso-marrone e giallo, tonalità della pelle usate solitamente per gli esseri umani.

"Oro bianco" una lega di oro e argento era visto come l'equivalente dell'oro e qualche volta veniva utilizzato in contesti dove solitamente veniva usato il giallo.











Sovente le divinità femminili venivano raffigurate con la carnagione gialla


Blu (irtiu, sbedj) era preparato con ferro, ossidi di rame, silice e calcio. Questo prodotto aveva un colore ricco, che però era instabile e, a volte, si è scurito o si è modificato nel corso degli anni.

Simboleggiava il cielo e l'acqua. In un certo senso cosmico estendeva il suo simbolismo ai cieli e alle inondazioni primordiali. In entrambi i casi il blu ha assunto il significato della vita e della rinascita.

Era anche un simbolo del Nilo, delle sue colture e della fertilità. La fenice, che era un simbolo del diluvio primordiale, è stata modellata sull'airone che ha un piumaggio grigio-blu. Tuttavia di solito erano raffigurati con brillanti penne blu per sottolineare la loro associazione con le acque della creazione.

Amon fu spesso raffigurato con il viso blu (vedi immagine a fianco) per simboleggiare il suo ruolo nella creazione del mondo. Per estensione i Faraoni erano talvolta indicati con facce blu, proprio per identificarli con Amon.
I babbuini, che in natura non sono certo blu, sono stati dipinti con questo colore, ma non se ne conosce il motivo.

L'ibis, un uccello blu era un simbolo di Thoth, proprio come il babbuino. Può essere quindi che i babbuini fossero raffigurati in blu per sottolineare la loro connessione a Thoth.

Gli dei spesso erano raffigurati con capelli fatti di lapislazzuli, una pietra azzurra.





Amuleto:Thoth raffigurato come un Ibis con Maat. 
Porcellana, 664-332 aC , Dimensione: 2.5cm.

 http://www.cultorweb.com/Egitto/EC.html

A Monsampolo del Tronto svelati in anteprima i veri codici di Leonardo!

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Monsampolo del Tronto | La piece teatrale "Della Rosa Fronzuta saro' Pellegrino"di Princess Yasmin svela che sulla Tovaglia del Cenacolo Leonardo dipinse la Sindone!



La principessa Yasmin von Hohenstaufen, in relazione alle dichiarazioni dell'Assessore alla cultura di Mi.Prof Sgarbi che sollecita la disponibilita' del Cenacolo ai visitatori, in quanto l'opera e' da considerarsi della medesima valenza artistica di una sindone, ha replicato che " il Cenacolo non e' solo importante come una sindone", ma che "l'originale fattura, riporta la Sindone vera e propria" ,sulla tovaglia imbandita e parzialmente su pareti e porte del dipinto. A svelarlo, la Principessa Archeologa ,Storico e Critico d' Arte ,Yasmin von Hohenstaufen , pronipote di Federico II che ha gia' scoperto la Sindone presso Federico II , individuando le Bende in una Cappella di Famiglia.La notizia ha anche un fondamento documentale negli archivi del Castello d'Amboise, dove visse Leonardo. Il Castello apparteneva infatti ai Duchi Principi Avril ou Aubry d'Amboise , antenati della Principessa Yasmin.

La Principessa Yasmin svela il vero Segreto del Codice di Leonardo: Anche la GIOCONDA PORTA IL CODICE DELLA Sua tecnica pittorica che ricorre a velature cromatiche o giochi di onde (Gioconda) . La mano destra che poggia lievemente sul carpo della mano sinistra indica Dinastia della Carpa(Profezia di Stupor Mundi) Kar-significa Fortis o Boaz, nelle carte del Graal ,
I restauri al Cenacolo potrebbero aver cancellato chiaroscuri vibranti in un palinsesto di lettura da
criptare , che e' rimasto, tuttavia, nelle foto pregresse ai ritocchi.

Il cenacolo di Leonardo cela sul bordo della Tovaglia da Tavola , partendo dalla sinistra di chi guarda, le Bende di Cristo, custodite dai discendenti di Federico II ed Isabella d'Anjou:Avril de Saint Genis, Burey d'Anjou Hohenstaufen D'Imavrincourt de Masquinaud , ovvero i Ghibellini nascosti:conferma negli Archivi della Santa Colomba a Saint Genis e ad Angoumois.
E' possibile che Leonardo fosse un figlio naturale di tale dinastia ,di cui conosceva la vera ascendenza graalica, nei Priorati di Sion, in quanto il padre Ser Pietro fu notaio in Francia di tale Famiglia.

Princessa Yasmin von Hohenstaufen Avril de Burey d' Anjou Puoti svela il mistero del Cenacolo di Leonardo da Vinci : Sulla Tavola imbandita c'e' il Sudarium o Bende di Cristo custodite dalla Dinastia di Giacomo il Giusto, di Pedaia o Fortis o della Carpa,Pietra d'Angolo:e' la Sancta propago
detta Gioconda (la Niphi Nero' ovvero della Signora dell'Acqua, dinastia Avril de Burey d'Anjou Hohenstaufen, ramo plantageneta di Stupor Mundi). L'opera e' intimamente collegata ai misteri della Gioconda. Leonardo quindi seppe che la Sindone o Bende erano custodite da tale Dinastia.
Conferme esoteriche in tutta l'opera di Leonardo che senza dubbio vide le preziose reliquie. Leonardo protestava la sua stessa discendenza dalla Dinastia di Avril de Burey Anjou de la Roche de Saint Genis Niphi Nero' ossia Imavrincourt de Masquinaud , i ghibellini Nascosti. E' possibile, dichiara la Principessa nel saggio Pellegrini della Rosa che Leonardo abbia prestato il suo volto per una copia della Sindone, in quanto dinastia della Carpa , ossia Ichtius , ovvero Kar , Fortis -Boaz , ma perche' vide la vera presso Gli Hohenstaufen Plantagenets, nell'Ordine della Sacra Colomba a Saint Genis.

La stessa principessa autrice della scoperta che la sindone , le bende di Cristo erano custodite da Federico II, nella pièce svela inoltre:

"La sindone e le bende di Cristo furono custodite a Parma , da un'ignaro ladrone di nome Cortopasso, e sottratte a Federico II, insieme al tesoro imperiale a Vittoria, durante la sconfitta di Parma il 12 febbraio 1248". Emerge dagli archivi inediti della Hohenstaufen house Avril de Burey Anjou Plantagenet Puoti Canmore Comneno,e cronache inedite di Padre Elia , generale dei monaci francescani, il quale dopo il recupero delle preziose reliquie, a Parma, (inviando in missione Frate
Guglielmo ,che attraverso un lavoro sottile di intelligençe durato sei mesi, riusci' a individuare dove le aveva buttate Cortopasso, ritenendoli stracci inutili e senza valore,dopo aver venduto gran parte dei tesori) le custodi' fino alla morte di Federico II a Castelfiorentino.Federico , come tutti sanno , quella mattina ando' A CACCIA CON IL DILETTO FIGLIO Manfredi .I messaggeri legati del Papa ne approfittarono per incitare i parmensi ad assalire Victoria, la cittadella che Federico II aveva costruito nei dintorni di Parma assediata. Victoria fu devastata e il tesoro imperiale derubato. Federico II fu costretto a rifugiarsi a Borgo San Donnino. I terribili giorni di Parma sono evocati in una pièce della pronipote Princess Yasmin von Hohenstaufen ad Arles, unitamente agli ultimi momenti di vita dell'imperatore, in quanto i piedi ostinatamenti gelati lo ricondussero ai giorni di Parma quando si congelarono i calzari e fu privato di ogni condimento di silfio di cirenaica, della corona, dei tesori e delle danzatrici d'oriente.

La convolgente notizia emerge dalla pièce teatrale "della rosa fronzuta saro' Pellegrino" di Princess Yasmin von Hohenstaufen ad Arles, in Francia.In Italia la pièce ha debuttato il 20 luglio 06 al Chiostro di San Francesco di Monsampolo del Tronto Regista attore Vincenzo di Bonaventura che ne ha dato una interpretazione sublime.L'opera, dichiarata Patrimonio dell'umanita' dall'unesco e' stata definita la "Divina Commedia del terzo millennio". Il titolo dell'opera evoca la rosa fronzuta , che non e' semplice manifesto della scuola poetica siciliana, bensi' va letta in codice." La Rosa fronzuta "sono le bende di Cristo di cui e' stato derubato l'imperatore che non riesce a darsi pace e va pellegrino per il mondo a cercarle, poiche' Tale Rosa fronzuta in quanto e' tagliate a fasce, come le bende di Cristo ha su ogni cosa al mondo e su tutte le donne piu' valore!"

Pubblicato su :
http://www.ilquotidiano.it/articoli/2006/09/1/60815/a-monsampolo-del-tronto-svelati-in-anteprima-i-veri-codici-di-leonardo

COME IN ALTO COSÌ IN BASSO: INFLUENZE ASTRALI SULLE REGIONI DELLA TERRA

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renatosantoro2015 / 6 dicembre 2015

La Tabula Smaragdina attribuita ad Ermete Trismegisto, summa del sentire esoterico tardo-antico alessandrino, in cui confluiscono come rivoli carsici le suggestioni sapienziali egizie, greche e giudaiche, ha come sigillo quell’incipit lapidario che suona

“quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius: ad perpetranda miracula rei unius”.



La Tavola Smeraldina (incisione da H. Khunrath, Amphiteatrum Sapientiae Aeternae, 1610)

Con la secchezza di un epigrafe incisa con la punta di diamante su una lastra di smeraldo il sapiente del Nilo ammonisce: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto; ciò che è in alto è come ciò che è in basso: per compiere i miracoli della cosa Una”. Come in cielo così in terra direbbe un Maestro Esseno.

Da Alessandria, centro culturale del mondo ellenistico-latino allora conosciuto, l’oikoumene come lo chiamavano, contempla il cielo e la terra Claudio Tolomeo e raccoglie le sue osservazioni da astrologo e geografo in un’opera poderosa, cui è ancora possibile attingere, redatta in lingua greca dal titolo Τῶν ἀποτελεσματικῶν (vale a dire Delle previsioni astrologiche) ma conosciuta anche come Tetrabiblos o Opus Quadripartitum perché composta da quattro libri.



IN ALTO: cartografia fiorentina del XV sec. riproducente l’oikoumene tolemaico

Nel secondo libro, giunto al terzo capitolo, il dotto scienziato di Pelusio si sofferma ad analizzare interferenze ed influenze che esistono tra il quadro astrale fissato nello zodiaco e le regioni dell’orbe terracqueo.


IN ALTO: part. da La scuola di Atene di Raffaello Sanzio. Claudio Tolomeo, di spalle, regge il mondo; dinanzi a lui Zoroastro con la sfera celeste (Roma, Palazzi Vaticani). A destra: autoritratto di Raffaello

Per la redazione delle presenti note si è fatto ricorso al seguente testo in lingua inglese:

Ptolemy, Tetrabiblos or Quadripartite: being Four Books of the Influence of the Stars, newly translated from the greek paraphrase of Proclus, Davis and Dickson, London 1822, new reprinted as a Supplement to “Coming Events”, H. Nisbet & Co., Glasgow 1896, pp. 66-79).

Si tratta della traduzione della versione latina del XVII secolo dovuta all’erudito greco Leone Allacci (Proclo Diadoco, Paraphrasis in Ptolemaei Libros IV. De Siderum effectionibus, A Leone Allatio e Graeco in Latinum conversa, Lugduni Batavorum, Ex Officina Francisci Moyardi, 1654, pp. 85-109).

La mappa geografica che Claudio Tolomeo ha davanti a sé è suddivisa in quattro opposti quadranti incrociati a chiasmo: quello di Nord-Ovest corrispondente alla terna di fuoco rappresentata da Ariete, Leone, Sagittario, sotto il dominio di Giove e di Marte; quello di Sud-Est corrispondente alla terna di terra rappresentata da Toro, Vergine, Gemelli sotto il dominio di Venere e Saturno; quello di Nord-Est rappresentato dalla terna d’aria rappresentato da Gemelli, Bilancia, Acquario e sotto il dominio di Giove e di Saturno; quello di Sud-Ovest corrispondente alla terna d’acqua di Cancro, Scorpione, Pesci, sotto il dominio di Venere e di Marte.

Per ottenere questi quadranti egli traccia un allineamento latitudinale lungo il Mar Mediterraneo che va dalle Colonne d’Ercole – ossia lo Stretto di Gibilterra – sino al Golfo di Isso (in Cilicia, l’odierno Golfo di Alessandretta) e ripartisce il settore settentrionale da quello meridionale; traccia poi un asse longitudinale che parte dal Golfo Arabico, passa per il Mar Egeo, il Ponto Eusino (o Mar Nero), sino a raggiungere la Palude Maeotide (o Mar d’Azov), ottenendo il versante occidentale e quello orientale.



IN ALTO: L’Oriente ellenizzato (da Atlante storico illustrato, De Agostini, Novara 1974)



IN ALTO: L’Occidente romanizzato (da Grande atlante storico del mondo, TCI, Roma 1997)

PRIMO QUADRANTE

“La porzione Nord-occidentale del primo quadrante, cioè quello dell’Europa, è sotto l’influenza del trinomio di fuoco: Ariete, Leone, Sagittario e governati dai signori di questo trigono: Giove e Marte, in aspetto vespertino … Britannia, Galatia (Celtica) [1], Germania e Bastarnia [2] sono sotto dominio dell’Ariete e di Marte e i loro abitanti sono per questo più selvatici, coraggiosi e feroci. L’Italia, l’Apulia, la Sicilia e la Gallia presentano affinità con il Leone ed il Sole e i nati in queste terre sono più imperiosi, gentili, magnanimi e disposti al bene comune. L’Etruria, la Celtica, la Spagna sono collegati al Sagittario e a Giove e i loro abitanti sono amanti della libertà, della semplicità e dell’eleganza.” (Op. cit. pp. 67-69).

“La porzione Sud-orientale del primo quadrante, che è collocata all’incirca al centro della terra, ossia Tracia, Macedonia, Illiria, Grecia, Acaia e Creta nonché le Isole Cicladi e le coste dell’Asia Minore e Cipro presentano un legame con il trigono Sud-orientale rappresentato da Toro, Vergine, Capricorno e governato da Venere e Saturno; in conseguenza della vicinanza di queste regioni alla demarcazione centrale della Terra, Mercurio ne tempera il dominio. Di conseguenza i loro abitanti, essendo soggetti agli influssi di entrambe i trigoni, godono di un temperamento in equilibrio fra mente e corpo…

Gli abitanti delle Isole Cicladi e delle coste dell’Asia Minore e di Cipro si travano sotto l’influenza del Toro e di Venere e sono perciò voluttuosi, maestri di eleganza ed attenti alla cura del corpo. Le genti di Grecia, Acaia e Creta hanno una maggiore affinità con la Vergine e con Mercurio, per questo sono inclini allo studio e alle scienze, preferendo la cura dell’intelletto a quella del fisico. Le popolazioni di Macedonia, Tracia e Illiria sono principalmente influenzati dal Capricorno e da Saturno sicché sono avidi, meno civilizzati e privi di ordinamenti politici” (Op. cit. pp. 60-70).

SECONDO QUADRANTE

“Il secondo quadrante consiste nella porzione meridionale della Grande Asia…India, Ariana, Gedrosia, Parthia, Media, Persia, Babilonia e Assiria sono situate a Sud-Est del mondo ed hanno affinità con il trigono costituito da Toro, Vergine, Capricorno e di conseguenza con Venere, Mercurio e Saturno, in aspetto diurno. Essi sono devoti a Venere con il nome di Iside e a Saturno con il nome di Mithranhelios” (Op. cit. p. 70).

“La restante parte di questo secondo quadrante, vale a dire Idumea, Celesiria [3], Fenicia, Caldea, Orchinia e Arabia Felix, è ubicata in prossimità della linea mediana terrestre e alla parte Nord-occidentale del quadrante, da qui le affinità con il trigono Nord-occidentale di fuoco (Ariete, Leone, Sagittario) sicché queste terre hanno come dominanti Giove e Marte, associati a Mercurio” (Op. cit. p. 71).

“Gli abitanti di Celesiria, Idumea, Giudea sono prevalentemente influenzati dall’Ariete e da Marte e sono in genere audaci, materialisti e sleali.

I Fenici, i Caldei e gli Orcinii [4] hanno affinità con il Leone ed il Sole pertanto sono più semplici e umani nella loro disposizione d’animo; sono cultori di astrologia e mostrano rispetto più di ogni altro popolo nei confronti del Sole. Le genti dell’Arabia Felix sono influenzati dal Sagittario e da Giove: la terra è fertile e produce grande abbondanza di spezie; i suoi abitanti sono ben proporzionati, aperti nelle loro abitudini e liberali nei rapporti interpersonali”(Op. cit. p. 72).

TERZO QUADRANTE

“Il terzo quadrante occupa il comparto settentrionale della Grande Asia. Quelle parte che si estende a Nord-Est della Terra e comprende Ircania [5], Armenia, Margiana, Battriana, regione del Caspio, Serica [6], Sarmatica, Oxiana e Sogdiana sono sotto l’influsso del trigono Nord-orientale rappresentato da Gemelli, Bilancia, Acquario e sono dominati da Saturno e Giove in aspetto diurno, perciò gli abitanti venerano Giove e il Sole. Sono caratterizzati dall’abbondanza: possiedono oro, sono raffinati e lussuriosi” (Op. cit. p. 72).

“Tra queste nazioni, comunque, Ircania, Armenia e Margiana hanno affinità con Gemelli e Mercurio, ne consegue che gli abitanti sono più acuti nell’apprendimento ma meno tenaci nella probità.

Le terre fra Battriana, la regione del Caspio e la città di Seres presentano affinità con Bilancia e Venere tanto che i nativi fanno sfoggio di lusso e sono versati nella poesia e nel canto. Le nazioni della regione Sarmatica dell’Oxiana e della Sogdiana sono influenzate dall’Acquario e da Saturno per questo sono meno manierati e piuttosto austeri e poco sofisticati” (Op. cit. p. 73)

“L’altra porzione di questo terzo quadrante è posta presso la parte centrale della Terra e comprende Bitinia, Frigia, Colchide, Licaonia, Siria, Commagene [7], Cappadocia, Lidia, Licia, Cilicia e Panfilia. Situata in prossimità del quadrante Sud-occidentale hanno familiarità con il trigono d’acqua di Cancro, Scorpione e Pesci e sono sotto la guida di Marte e Venere e con l’ausilio di Mercurio” (Op. cit. p. 73)

QUARTO QUADRANTE

“L’ultimo quadrante è il vasto continente conosciuto con il nome generico di Libia. Le sue diverse parti, distinte in Numidia, Cartagine, Africa [8], Fazania [9], Nasamonitis [10], Garamantica [11], Mauritania, Getulia, Metagonite [12], sono situate nella porzione Sud-occidentale e sono sotto gli influssi del trigono d’acqua di Cancro, Scorpione e Pesci, pertanto sono sotto il dominio di Marte e Venere.

Numidia, Cartagine e Africa sono sotto il Cancro e la Luna, sicché gli abitanti sono dediti alla marineria e godono di una natura fertile” (Op. cit., p. 75).

“Le altre regioni di questo quadrante che si estende in prossimità del centro della Terra sono: Cirenaica, Marmarica [13], Egitto, Tebaide, Oasi, Trogloditica, Arabia, Azania [14] ed Etiopia centrale. Essendo situate a Nord-Est del quadrante, presentano affinità con il trigono d’aria di Nord-Est (Gemelli, Bilancia, Acquario) e sono governate da Saturno e Giove con il concorso di Mercurio. Gli abitanti di queste lande sono perciò influenzati da tutti e cinque i pianeti in aspetto vespertino, hanno inclinazione naturale ad adorare gli dei e si dedicano ai riti”(Op. cit. p. 76).



IN ALTO: Claudio Tolomeo e l’Astronomia (incisione, 1504), dalla seconda edizione di Margarita Pholosphica, pubblicata a Strasburgo da G. Reisch

Di seguito si riassume la ripartizione tolemaica del mondo antico con i rispettivi segni zodiacali posti a dominio di ciascuna regione.

Quadrante di Nord-Ovest

Trigono di fuoco: Britannia, Galazia Celtica, Germania, Bastarnia sotto il segno dell’Ariete; Italia, Apulia, Sicilia, Gallia sotto il segno del Leone; Etruria, Celtica, Spagna sotto il segno del Sagittario.

Affinità con il quadrante opposto di Sud-Est ed il trigono di terra: Cicladi, Cipro, Asia Minore sotto il segno del Toro; Grecia, Acaia, Creta sotto il segno della Vergine; Tracia, Macedonia, Illiria sotto il segno del Capricorno.

Quadrante di Sud-Est

Trigono di terra: Parthia, Media, Persia sotto il segno del Toro; Mesopotamia, Babilonia, Assiria sotto il segno della Vergine; India, Ariana, Gedrosia sotto il segno del Capricorno.

Affinità con il quadrante opposto di Nord-Ovest ed il trigono di fuoco: Idumea, Giudea, Celesiria sotto il segno dell’Ariete; Fenicia, Caldea, Orchinia sotto il segno del Leone; Arabia Felix sotto il segno del Sagittario.

Quadrante di Nord-Est

Trigono d’acqua: Bitinia, Frigia, Colchide sotto il segno del Cancro; Siria, Cappadocia, Commagene sotto il segno dello Scorpione; Lidia, Cilicia, Panfilia sotto il segno dei Pesci.

Affinità con il quadrante opposto di Sud-Ovest e con il trigono d’aria: Ircania, Armenia, Margiana sotto il segno dei Gemelli; Battriana, Caspio, Seres sotto il segno della Bilancia; Sarmatica, Oxiana, Sogdiana sotto il segno dell’Acquario.

Quadrante di Sud-Ovest

Trigono d’aria: Cirenaica, Marmarica, Basso Egitto sotto il segno dei Gemelli; Tebaide, Oasis Maior, Trogloditica sotto il segno della Bilancia; Arabia, Azania, Etiopia centrale sotto il segno dell’Acquario.

Affinità con il quadrante opposto di Nord-Est e con il trigono d’aria: Numidia, Cartagine, Africa sotto il segno del Cancro; Metagonite, Mauritania, Getulia sotto il segno dello Scorpione; Fazania, Nesamonitis, Garamantica.





IN ALTO: dal testo greco-latino del XVII sec. redatto da Leone Allacci (pp. 107 e 108)

Corrispondenza storica tra i segni zodiacali e le regioni dell’Oikoumene ellenistico:

Ariete: Britannia, Galatia Celtica, Germania, Bastarnia, Celesiria, Idumea, Giudea.

Toro: Parthia, Media, Persia, Cicladi, Cipro, Asia Minore.

Gemelli: Ircania, Armenia, Margiana, Cirenaica, Marmarica, Basso Egitto.

Cancro: Numidia, Cartagine, Africa, Bitinia, Frigia, Colchide.

Leone: Italia, Apulia, Sicilia, Gallia, Fenicia, Caldea, Orchinia.

Vergine: Mesopotamia, Babilonia, Assiria, Grecia, Acaia, Creta.

Bilancia: Battriana, Caspio, Seres, Tebaide, Oasis Maior, Trogloditica.

Scorpione: Metagonitis, Mauritania, Getulia, Siria, Commagene, Cappadocia.

Sagittario: Etruria, Celtica, Spagna, Arabia Felix.

Capricorno: India, Ariana, Gedrosia, Tracia, Macedonia, Illiria.

Acquario: Sarmatica, Oxiana, Sogdiana, Arabia, Azania, Etiopia Centrale.

Pesci: Fezzan, Nasamonitis, Garamantica, Lidia, Cilicia, Panfilia.



arch. Renato Santoro – Roma, 6 dicembre 2015

NOTE

[1] Vista l’ubicazione nel settore occidentale, Tolomeo qui indica la Celto-Galatia, cioè la regione francese abitata dello stesso ceppo di quei Galati celtici che migrarono nel cuore dell’Anatolia dando vita alla Galatia del vicino Oriente. I Galati anatolici, conquistati dai Romani, sono detti anche Gallo-greci

[2] La regione dei Bastarni, popolazione di radice germanica stanziata fra le sorgenti della Vistola e le foci del Danubio (corrispondente alla Galizia-Ucraina)

[3] Landa tra le catene montuose del Libano e dell’Antilibano, ovvero l’attuale valle della Beqa’

[4] Stando a Plutarco si tratta di una popolazione della Cappadocia (Plutarco, Eumenes, 9)

[5] Regione a Sud del Mar Caspio

[6] Regione della città di Seres, nell’Asia Centrale (da cui proveniva la seta, da cui l’aggettivo “serico”)

[7] Regione anatolica fra il Tauro e l’Eufrate

[8] Tunisia mediterranea

[9] Fezzan

[10] A Sud della Cirenaica

[11] Interno della Libia

[12] Dal nome di un promontorio della Mauritania tingitana

[13] Regione costiera tra Libia ed Egitto

[14] Regione costiera del Corno d’Africa


 https://archipendolo.wordpress.com/2015/12/06/come-in-alto-cosi-in-basso-influenze-astrali-sulle-regioni-della-terra/#_ftnref1

La scienza dell'Ottava e L'Architettura del suono.

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Foto;http://www.discover-your-sound.net/wp-content/uploads/2010/09/Cerchio-di-Skrjabin.png

La scienza dell'Ottava e L'Architettura del suono.
Castel del Monte,le correlazioni tra le note musicali,lo spettro dei colori,lo Zodiaco,i Rosoni delle Chiese,la Precessione degli Equinozi e lo Zodiaco Di Dendera.


Si prende la bibbia al capitolo “Libro dei Re”, la si apre e con calma, si legge.http://www.maranatha.it/Bibbia/2-LibriStorici/11-1RePage.htm
Poi, senza fretta, (si ricordi sempre “Festina Lente”, affrettati lentamente) mi raccomando, si sottolineano tutte le parti numeriche della descrizione del Tempio del Re Salomone e, dando un valore intorno ai 56 cm al cubito, come Lui fece, si inizia a ricostruirne la pianta, facendo attenzione a tutte le sue parti costitutive.
Ciò che si vede è solo una parte della planimetria costruttiva, dato che è la rappresentazione della zona centrale.
A questo punto sarebbe giusto aggiungere un fatto decisivo - perché di fatti stiamo parlando - secondo il quale il Tempio, come tutti i templi che a quello Salomonico si ispirarono, essendo stato direttamente suggerito da Dio, aveva come compito quello di “rappresentare”… Dio stesso.
Un Dio, che era completamente fuso con la natura e confuso con le sue leggi.
Ora, so che per noi “moderni”, tutto ciò potrebbe essere piuttosto assurdo, ma proviamo ad immaginare che sia vero, anche perché Lui, grazie a questa planimetria ebbe la possibilità di ottenere alcune conferme decisive per il suo illustrissimo lavoro scientifico.
Mettiamo per il momento da parte, uno dei fondatori della scienza ufficiale e torniamo al Tempio per alcune considerazioni; anzi, per unirvi al mio modo di procedere, suggerisco di fare un piccolo sforzo numerico così da poter condividere alcune considerazioni che da mesi allietano il mio cuore e la mia mente. Vi esorto quindi a contare!
Iniziamo ad osservare attentamente soprattutto i gruppi di “cerchiolini” caratterizzati dalla lettera I.
Sono esattamente sei gruppi di 12 che, nella descrizione biblica, rappresentano le colonne erette a sostegno del tetto della parte centrale del Tempio.
Salomone ordinò di erigere 72 colonne.
Osserviamo ora le 2 colonne caratterizzate dalla lettera M.
Sono famosissime sapete, e da quel momento - stiamo parlando di quasi tremila anni fa - non lasciarono mai più l’immaginario simbolico di un certo mondo conoscitivo.
Ebbene quelle 2 colonne, secondo la bibbia, erano alte 18 cubiti l’una.
Non è necessario essere così pignoli come Lui nello stabilire il valore del Cubito, anche perché, nonostante l’enorme bibliografia disponibile in merito alla sua reale lunghezza, una parola decisiva in merito non è mai stata detta o scritta.
In ogni caso possiamo affermare che le 2 colonne da 18 cubiti poste all’entrata del Sancta Sanctorum del Tempio, danno una somma pari a 36 cubiti.
In conclusione: un presunto costrutto biblico riporta 2 riferimenti numerici pari a 72 unità e 36 cubiti e non voglio tediarvi oltre, parlando di come la matrice numerica qui presente sia la stessa della Precessione degli Equinozi http://www.esonet.it/News-file-article-sid-1458.html
La Sacra Bibbia - 1 Re - www.maranatha.it

Decisi di scegliere il cuore della cristianità per capire come e quanto, l'Ottava e le geometrie ad essa ispirate, facessero parte anche della "nostra" storia religiosa e le sorprese non tardarono, anzi…. In Internet riuscii a trovare delle foto riguardanti San Pietro e le sorprese lasciarono il posto allo "stupore", infatti, tramite alcune immagini e, contrariamente ad ogni mia aspettativa, già dall'esterno della basilica cristiana appariva palese e lampante come l'Ottava, questa volta trasformata in 8 Direzioni, fosse perfettamente rispettata ed inserita. http://www.esonet.it/News-file-article-sid-993.html

L'OTTAVA E LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI
http://www.progettofahrenheit.it/doc/mazzanti/FILOSOFIA/F54/40_zodiaco.pdf


https://casteldelmonte.azureedge.net/media/castel_del_monte_aerea.jpg
 CASTELDELMONTE.AZUREEDGE.NET
https://casteldelmonte.azureedge.net/media/castel_del_monte_aerea.jpg
http://digilander.libero.it/eradimezzo/helmofawe.jpg
simbolismo nella mitologia nordica.
http://digilander.libero.it/eradimezzo/simbolismo.html#Helm of Awe (ægishjálmr) [

Ariel Sharon a Peres; "Noi controlliamo l'America"

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On October 3, 2001, I.A.P. News reported that according to Israel Radio (in Hebrew) Kol Yisrael an acrimonious argument erupted during the Israeli cabinet weekly session last week between Israeli Prime Minister Ariel Sharon and his foreign Minister Shimon Peres. Peres warned Sharon that refusing to heed incessant American requests for a cease-fire with the Palestinians would endanger Israeli interests and "turn the US against us. "Sharon reportedly yelled at Peres, saying "don't worry about American pressure, we the Jewish people control America."
http://mediamonitors.net/khodr49.html 

Ariel Sharon a Peres; "Noi controlliamo l'America"

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Foto web;https://scontent-amt2-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/13882114_10209463100121968_3538988145570909138_n.jpg?oh=e5e12850a5dbe10686e99343c725a52d&oe=585A93DC

On October 3, 2001, I.A.P. News reported that according to Israel Radio (in Hebrew) Kol Yisrael an acrimonious argument erupted during the Israeli cabinet weekly session last week between Israeli Prime Minister Ariel Sharon and his foreign Minister Shimon Peres. Peres warned Sharon that refusing to heed incessant American requests for a cease-fire with the Palestinians would endanger Israeli interests and "turn the US against us. "Sharon reportedly yelled at Peres, saying "don't worry about American pressure, we the Jewish people control America."
http://mediamonitors.net/khodr49.html 


According to the BBC, a furious Sharon turned toward Peres, saying:
“Every time we do something you tell me Americans will do this and will do that. I want to tell you something very clear, don’t worry about American pressure on Israel. We, the Jewish people, control America, and the Americans know it.”
http://www.veteranstoday.com/2014/01/11/burying-sharon/


DANTE E LA SCIENZA (Ipersfera e Galassia)

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Non altrimenti il trïunfo che lude
sempre dintorno al punto che mi vinse,
parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude,

a poco a poco al mio veder si stinse...

(Par. XXX, 10-13)




Abbiamo visto nei capitoli precedenti quanto sia importante per Dante l'osservazione delle stelle. Ma, se leggiamo con attenzione un passo del Paradiso, ci accorgeremo che egli ha spinto il suo sguardo ancora più addentro nelle profondità del cosmo. Ecco i versi a cui mi riferisco:

« Come distinta da minori e maggi
lumi biancheggia tra' poli del mondo
Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;
sì costellati facean nel profondo
Marte quei raggi il venerabil segno
che fan giunture di quadranti in tondo. » (Par. XIV, 99-104)

La protagonista di questi versi è la Via Lattea, che ai tempi di Dante era considerata la "Galassia" per antonomasia (e l'unica conosciuta), dal greco Γαλαξίας, "lattea". Come essa si distende fra i due poli celesti, apparendo all'osservazione come una striscia biancheggiante, e mantiene nel dubbio i più saggi circa la sua vera natura, cos' dentro il corpo del pianeta Marte due raggi uniti a mo' di costellazione formano il venerabile segno della croce, costruito dall'intersezione ad angolo retto delle linee di congiunzione dei diametri di un cerchio (cioè una croce greca, a bracci uguali). I "ben saggi" cui Dante accenna sono Aristotele (nei "Meteorologica"), Alberto Magno ed altri. Dante espone nel Convivio alcune delle loro opinioni:

« È da sapere che di quella Galassia li filosofi hanno avute diverse oppinioni. Chè li Pittagorici dissero che 'l Sole alcuna fiata errò ne la sua via e, passando per altre parti non convenienti al suo fervore, arse lo luogo per lo quale passò, e rimasevi quella apparenza de l'arsura: e credo che si mossero da la favola di Fetonte, la quale narra Ovidio nel principio del secondo di Metamorfoseos. Altri dissero, sì come fu Anassagora e Democrito, che ciò era lume di sole ripercusso in quella parte, e queste oppinioni con ragioni dimostrative riprovaro. Quello che Aristotile si dicesse non si può bene sapere di ciò, però che la sua sentenza non si truova cotale ne l'una translazione come ne l'altra. E credo che fosse lo errore de li translatori; chè ne la Nuova pare dicere che ciò sia uno ragunamento di vapori sotto le stelle di quella parte, che sempre traggono quelli: e questo non pare avere ragione vera. Ne la Vecchia dice che la Galassia non è altro che moltitudine di stelle fisse in quella parte, tanto picciole che distinguere di qua giù non le potemo, ma di loro apparisce quello albore, lo quale noi chiamiamo Galassia: e puote essere, chè lo cielo in quella parte è più spesso e però ritiene e ripresenta quello lume. E questa oppinione pare avere, con Aristotile, Avicenna e Tolomeo. Onde, con ciò sia cosa che la Galassia sia uno effetto di quelle stelle le quali non potemo vedere, se non per lo effetto loro intendiamo quelle cose, e la Metafisica tratti de le prime sustanzie, le quali noi non potemo simigliantemente intendere se non per li loro effetti, manifesto è che 'l Cielo stellato ha grande similitudine con la Metafisica » (Convivio II, XIV, 5-8)

Sorprendentemente, qui Dante anticipa con grande acutezza proprio ciò che noi impariamo fin da bambini, e cioè che la Via Lattea altro non è se non un immenso agglomerato di stelle, troppo dense e lontane per essere risolte una per una! Ma nel passato le opinioni erano ben diverse e molto varie. Fin dall'antichità ci si era accorti che nel cielo notturno, tra le altre stelle, si distingueva un alone biancastro in movimento insieme alle stelle fisse. Anassagoraed Arato parlarono della "ruota risplendente che gli uomini chiamano Latte", presumibilmente per il suo colore. Eratostene di Cirene la chiamò "il circolo della Galassia"; presso i Greci fu nota anche come "Eridanus", il fiume celeste. A Roma era conosciuta come "ghirlanda celeste" ("coeli cingulum"), e Plinio la definì il "Circolo Latteo". Il poeta latino Marco Manilio (I sec. d.C.) così ne parla, fornendo un chiaro spunto alla similitudine dantesca:

« Namque in caeruleo candens nitet orbita mundo
ceu missura diem subito caelumque recludens. (...)
utque suos arcus per nubila circinat Iris,
sic superincumbit signato culmine limes
candidus et resupina facit mortalibus ora,
dum nova per caecam mirantur lumina noctem
inquiruntque sacras humano pectore causas »
[Splende infatti il lattiginoso fulgore del suo cerchio nel firmamento ceruleo
quasi stesse per inviare il giorno dal cielo dischiuso (...)
E come il suo arco Iride incurva lungo le nuvole,
così sovrasta il costellato tetto questo percorso
di candido bagliore, spingendo i mortali a levare il viso
per ammirarne nella cieca notte la stupefacente luminescenza
e a interrogarsi nei loro cuori degli uomini sulla sua origine divina]
(Astronomica I, 703-704.713-717)

I Turchi la battezzarono "Via degli uccelli". In Asia prevale l'immagine di un fiume celeste: gli Arabi la chiamarono il "Fiume di Luce", in Cina, Corea e Giappone è detta "il Fiume d'Argento", mentre in India si utilizza il termine sanscrito Akasha Ganga, "il Gange celeste". Anche per gli Incas essa era ilGrande Fiume del Cielo, da cui il dio del tuono traeva le piogge da inviare sulla Terra. In svedese è chiamata "Vintergatan", la "Strada dell'Inverno", poiché le stelle nella sua fascia sono usate per predire il tempo che farà nell'inverno successivo. In molte tradizioni infine la Via Lattea era interpretata come "il cammino dei morti", cioè la strada che le anime dovevano percorrere per raggiungere la loro eterna dimora: questo mito lo ritroviamo ad esempio presso i Celti, tra i Pawnee e i Cherokee dell'America del Nord, nonché tra i popoli Polinesiani. Del resto all'idea di una "via" tracciata nel cielo dagli déi per i defunti si atteneva anche Cicerone, come abbiamo avuto modo di leggere a suo tempo nel "Somnum Scipionis".



La Via Lattea fotografata da Alex Cherney (clic per ingrandire)

Inizialmente questo biancore venne interpretato in senso mitologico: due in proposito sono le principali interpretazioni della Galassia secondo i poeti e i mitografi greci. Esiodo racconta che Zeus, figlio di Crono e di Rea, nacque a Creta, dove fu nascosto in una grotta sul monte Ida, per nasconderlo al padre, che divorava tutti i suoi figli dopo che un Oracolo gli aveva predetto che uno di essi lo avrebbe detronizzato. Infatti Dante registra questo mito con i seguenti versi, messi in bocca a Virgilio:

« "In mezzo mar siede un paese guasto",
diss'elli allora, "che s'appella Creta,
sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto.
Una montagna v'è che già fu lieta
d'acqua e di fronde, che si chiamò Ida;
or è diserta come cosa vieta.
Rëa la scelse già per cuna fida
del suo figliuolo, e per celarlo meglio,
quando piangea, vi facea far le grida."» (Inf. XIV, 94-102)

Creta è qui definito "paese guasto" a causa della decadenza seguita al glorioso regno di Minosse (« Centum urbes habitant magnas, uberrima regna », dice Eneide III, 106: "Cento città vi sono, e floridissimi regni"). Rea aveva dato ordine ai Coribanti, un popolo dell'isola di Creta, di mettersi a cantare a squarciagola e di fare musica a più non posso ogni volta che il piccolo Zeus si metteva a piangere, così da impedire che il padre udisse i suoi vagiti. Zeus era nutrito dalla capra Amaltea, con la cui pelle egli avrebbe forgiato il suo scudo, da cui deriva il suo appellativo di Egioco ("dallo scudo di pelle di capra"). Un giorno però una poppata di latte gli scappò dalla bocca e finì in cielo, e da qui sarebbe nata la Via Lattea.

Un'altra versione ricollega la Via Lattea al mito di Fetonte, figlio del Sole e della ninfa Climene. Questi ottenne dal padre il permesso di guidare per una volta il carro del sole attraverso il cielo, ma, a causa della sua inesperienza, non riuscì a trattenere la foga dei cavalli (« il temo / che mal guidò Fetonte » dice Par. XXXI, 124-125) e, uscendo dal cammino consueto, rischiò di incendiare tutta la natura, tanto che la Madre Terra dovette pregare Zeus di intervenire, e il Padre degli Dei non poté far altro che fulminare l'incauto auriga:

« Quel del Sol che, svïando, fu combusto
per l'orazion de la Terra devota,
quando fu Giove arcanamente giusto. » (Purg. XXIX, 118-120)

Ora, il carro del Sole, uscito dalla sua via diurna (« la strada / che mal non seppe carreggiar Fetòn... » in Purg. IV, 71-72), lasciò anche una bruciatura nel cielo, come riporta lo stesso Dante:

« Maggior paura non credo che fosse
quando Fetonte abbandonò li freni,
per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse » (Inf. XVII, 106-108)

La Via Lattea, visibile ancor oggi a tutti noi, mostrerebbe chiaramente la cicatrice di quella millenaria bruciatura. Da notare come anche gli indiani Nuxalk, che vivono nella provincia canadese della British Columbia, abbiano un mito incredibilmente simile a questo. Naturalmente, come abbiamo visto, accanto a questo mito eziologico già presso gli antichi esistevano già dei tentativi di spiegazione razionale. Tra gli altri, Anassagora (500–428 a.C.) pensava che essa riflettesse la luce del sole, mentre per Aristotele la Galassia si sarebbe formata dalla condensazione di vapori attorno alle stelle di quella parte del cielo.Platone suppose che essa fosse il risaltato di un'immane catastrofe celeste avvenuta nella notte dei tempi (presunto tentativo di razionalizzare il mito di Fetonte). Il primo a fare centro fu però Democrito di Abdera (450–370 a.C.), il quale ipotizzò che il biancore della Galassia fosse dovuto ad una maggior densità di stelle che, troppo lontane per essere distinte, davano l'effetto globale di una fascia maggiormente luminosa. L'ipotesi fu in seguito respinta perché prevedeva un universo infinito con le stelle distribuite in modo non omogeneo, in contrasto con la concezione aristotelica di un universo finito, sferico e omogeneo in ogni direzione. Pur essendo un aristotelico di ferro, come abbiamo già visto ampiamente in quel che precede, Dante Alighieri sposa proprio quest'ultima tesi. Ciò testimonia da una parte l'enorme cultura scientifica di Dante, dall'altra quel profondo ripensamento del pensiero aristotelico che fu proprio delle università medievali: ad esempio, l'ipotesi della natura stellare della Via Lattea era già stata fatta proprio dall'astronomo persiano Abu Rayhan al-Biruni (973-1048).

Fu però solo con l'invenzione del cannocchiale, avvenuta nel 1609, che Galileo poté confermare la veridicità di questa ipotesi. Così egli scrive infatti nel"Sidereus Nuncius" (1610):

« Quello che osservammo è l'essenza o materia della Via Lattea, la quale attraverso il cannocchiale si può vedere in modo così palmare che tutte le discussioni, per tanti secoli cruccio dei filosofi, si dissipano con la certezza della sensata esperienza, e noi siamo liberati da sterili dispute. La Galassia infatti non è altro che un ammasso di innumerabili stelle disseminate a mucchi; ché in qualunque parte di essa si diriga il cannocchiale, subito si offre alla vista un grandissimo numero di stelle, parecchie delle quali si vedono abbastanza grandi e molto distinte, mentre la moltitudine delle più piccole è affatto inesplorabile. »

Nel 1755 Immanuel Kant (1724-1804) ipotizzò che la Via Lattea fosse in realtà un corpo in rotazione formato da un numero enorme di stelle, legate insieme dalla forza di gravità in modo simile a quanto avviene nel sistema solare, ma di dimensioni assai maggiori; il disco di stelle viene visto dall'interno come una lunga scia chiara solo per un effetto prospettico. Fu anche il primo ad ipotizzare che alcune delle nebulose visibili nel cielo notturno non fossero altro che "galassie" esse stesse, simili alla nostra, ma molto più lontane. Il primo tentativo di descrivere la forma della Via Lattea lo dobbiamo invece a William Herschel (1738-1822), il quale nel 1785 contò il numero di stelle in seicento regioni differenti del cielo boreale, ed ipotizzò che la Galassia avesse una forma ellissoidale. Egli notò che la densità stellare aumentava man mano che ci si avvicinava ad una determinata zona del cielo, nella costellazione del Sagittario, che oggi sappiamo coincidere con il centro della Via Lattea. Al giorno d'oggi inoltre sappiamo che la Galassia ha una forma a spirale, o a spirale barrata, con un diametro di circa 100.000 anni luce e uno spessore di circa 1000 anni luce: se il sistema solare misurasse un millimetro, la nostra Galassia supererebbe i 60 Km. Il Sole si trova a 26.000 anni luce dal centro galattico, nel cosiddetto Braccio di Orione. Controverso è il numero di stelle che la compongono: secondo alcuni sarebbero circa 100 miliardi, secondo altri addirittura 400 miliardi. All'esterno della Via Lattea esistono il cosiddetto alone galattico ed alcune galassie satelliti, le maggiori delle quali sono la Grande e la Piccola Nube di Magellano, di cui abbiamo già parlato nella lezione precedente. E al di là?

Oltre alla Via Lattea, ad occhio nudo sono visibili solo le due Nubi di Magellano (ma soltanto dalle basse latitudini e nell'emisfero australe) e la galassia M31 di Andromeda, una "gemella" della nostra in scala maggiore. L0invenzione del telescopio portò tuttavia alla scoperta delle cosiddette "nebulose", oggetti che all'osservazione appaiono effettivamente come delle nuvolette luminose. Il primo tentativo di classificazione di questi oggetti ancora misteriosi lo dobbiamo al siciliano Giovan Battista Odierna (1597-1660), autore del catalogo "De Admirandis Coeli Characteribus" (1654); in esso tuttavia nebulose planetarie, resti di supernova e galassie erano mescolate tra di loro senza comprendere la loro diversa natura. Nel 1771 l'astronomo francese Charles Messier (1730-1817) compilò un catalogo delle 109 nebulose più luminose, indicate da allora con la M maiuscola che è l'iniziale di Messier. William Herschel compilò un altro catalogo degli oggetti del cielo profondo, e fu il primo ad usare il termine "nebulosa a spirale". Nel 1917 Heber Curtis (1872-1942) osservò la supernova S Andromedae all'interno della grande Nebulosa di Andromeda; avendo misurato la magnitudine apparente di questo oggetto, stimò che esso era 10 volte inferiore a quella raggiunta dalle supernove all'interno della Via Lattea, e quindi doveva essere estremamente lontano ed extragalattico. Curtis rispolverò così l'ipotesi di Kant, formulando la teoria degli "universi isola", secondo cui le nebulose a spirale erano in realtà galassie separate dalla nostra e simili ad essa. Nel 1920 Curtis misurò l'effetto Doppler nella luce delle nebulose, verificando che il loro spostamento verso il rosso era assai maggiore di quello delle stelle della Via Lattea. Fu Edwin Hubble (1889-1953) che il 30 dicembre 1924, grazie all'uso del potente telescopio Hooker, presso l'osservatorio di Monte Wilson in California, riuscì a risolvere le parti esterne di alcune nebulose a spirale, dimostrando definitivamente che si tratta di insiemi di stelle, troppo distanti per essere parte della Via Lattea.

Oggi si pensa che nell'universo osservabile siano presenti più di 100 miliardi di galassie, separate da distanze dell'ordine di milioni di anni luce, mentre lo spazio intergalattico è così vuoto, da contenere meno di un atomo per metro cubo. Le odierne osservazioni dello spazio profondo mostrano che le galassie si trovano spesso in associazioni relativamente strette con altre galassie, detti ammassi e superammassi. I più recenti censimenti galattici, unitamente alle misure delle loro distanze, fanno pensare che gli "universi isola" non siano distribuiti uniformemente nell'universo, ma formino una strana struttura a forma di spugna, ricca di lunghissimi filamenti e di immensi spazi assolutamente vuoti: una struttura cui nessun astrofisico è finora riuscito a fornire una spiegazione ragionevole.



Il discorso da noi avviato a proposito delle galassie ci porta direttamente a discutere della struttura dell'universo secondo Dante, cioè della cosmologia dantesca. Ma attenzione: non stiamo parlando del sistema geocentrico tolemaico, da noi sviluppato ampiamente in un'altra lezione, perchè quest'ultimo rappresenta la struttura del Sistema Solare. Stiamo riferendoci invece all'idea stessa che Dante aveva di spazio.

Appare più che legittimo domandarsi cosa vi è al di là delle stelle, considerate a buon diritto l'orizzonte dello sguardo che l'uomo può gettare sul cosmo. Secondo il poeta romanesco Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863), proprio questo fu il motivo per cui gli uomini avrebbero deciso la costruzione della Torre di Babele:

« "Pe vede' cosa c'e' ssopra le stelle
Che sse po' ffà?" diceveno le gente.
Fece uno: "E che ce vò? Nun ce vò gnente:
frabbichiamo la torre di Babbelle"»

All'epoca di Dante le stelle erano ritenute tutte equidistanti dalla superficie terrestre, ed incastonate su di una sfera, il firmamento appunto. Ispirandosi alla dottrina di Aristotele, al di là di esso era stato posto il Primo Mobile, che non conteneva alcun astro visibile, ma originava il movimento degli altri cieli, come visto parlando della planetologia dantesca. Ma al di là del Primo Mobile vi era ancora qualcosa? Evidentemente sì. I teologi introdussero allora il cielo Empireo (dal greco "empyros", "infuocato"), il più alto dei cieli, luogo della presenza fisica di Dio, dove risiedevano gli angeli e le anime beate: in pratica, esso coincideva con il Paradiso. Ed infatti più volte Beatrice ricorda che esso è la sede naturale dei Beati, i quali si mostrano a Dante lungo i diversi Cieli dei Pianeti solo per dargli modo di constatare i diversi gradi di beatitudine. Secondo alcuni, le stelle altro non erano che fori nella sfera del firmamento, attraverso cui filtrava la luce eterna dell'Empireo posto al di là di esso. La sua origine va ricercata nella Bibbia, dove è usata l'espressione semitica "Cieli dei Cieli" per indicare il più alto degli spazi, dove risiede il Signore Dio in persona:

« O regni della terra, cantate a Dio,
salmeggiate al Signore,
a Colui che cavalca sui cieli dei cieli eterni!
Ecco, egli fa risuonare la sua voce,
la sua voce potente » (Salmo 68, 32-33)

« Lodatelo, cieli dei cieli,
e voi acque al di sopra dei cieli! » (Salmo 148, 4)

Dante parla di questo Cielo Supremo già nel Convivio:

« E quieto e pacifico è lo luogo di quella somma Deitade che sola [sè] compiutamente vede. Questo loco è di spiriti beati, secondo che la Santa Chiesa vuole, che non può dire menzogna; e Aristotile pare ciò sentire, a chi bene lo 'ntende, nel primo De Celo et Mundo. Questo è lo soprano edificio del mondo, nel quale tutto lo mondo s'inchiude, e di fuori dal quale nulla è; ed esso non è in luogo ma formato fu solo ne la prima Mente, la quale li Greci dicono Protonoè. Questa è quella magnificenza de la quale parlò il Salmista quando dice a Dio: Levata è la magnificenza tua sopra li cieli » (Convivio II, III, 10-11)



Dante e Beatrice contemplano l'Empireo dal Primo Mobile, visti da Doré

L'Empireo era dunque concepito infinito ed illimitato, anzi privo affatto di dimensioni fisiche, e non costituito da materia, neppure dalla purissima quintessenza, come si credeva fossero gli altri cieli: era una realtà di puro spirito, fuori dal tempo e dallo spazio, e mentre i nove cieli erano in perpetuo movimento, come una sorta di orologio cosmicoe, l'Empireo era eternamente immobile ed immutabile. Dante viaggia attraverso di esso negli ultimi quattro canti della Divina Commedia, e quando vi entra Beatrice così glielo descrive:

« Noi siamo usciti fore
del maggior corpo al ciel ch'è pura luce:
luce intellettüal, piena d'amore;
amor di vero ben, pien di letizia;
letizia che trascende ogne dolzore.
Qui vederai l'una e l'altra milizia
di paradiso, e l'una in quelli aspetti
che tu vedrai a l'ultima giustizia. » (Paradiso XXX, 38-45)

Nell'Empireo insomma Dante vedrà entrambe le schiere del Paradiso, quella degli Angeli e quella dei Santi, e quest'ultima ha modo di vederla come essa apparirà nel giorno del Giudizio Finale, quando ogni anima « ripiglierà sua carne e sua figura » (Inf. VI, 98). Le tribune su cui siedono i Beati appaiono a dante disposte lungo una "candida rosa". Nell'Empireo inoltre il nostro poeta ha modo di contemplare le gerarchie degli angeli, disposte su nove cerchi concentrici, ad immagine dei nove cieli; e al centro di questi nove cerchi, un punto luminosissimo che rappresenta la Divinità, in cui Dante arriva a scorgere i misteri della Trinità e dell'Incarnazione. In pratica, quando l'Alighieri comprende « me sormontar di sopr'a mia virtute » (Par. XXX, 57), cioè che le sue facoltà percettive sono accresciute più di quanto egli stesso non credeva possibile, si rende conto che sta guardando una sorta di secondo universo, simmetrico rispetto al primo, costituito dal mondo sensibile! Quest'ultimo infatti è composto da nove cieli materiali che circondano la Terra; l'Empireo a sua volta è formato da nove cieli, stavolta spirituali, che convergono loro pure in in un punto.

A complicare la questione della "cosmologia su larga scala" di Dante viene il fatto che in alcuni passaggi l'Empireo sembra circondare il Primo Mobile e quindi il mondo sensibile, così come vediamo raffigurato su tutte le nostre edizioni della Divina Commedia (ed anche noi ne abbiamo visto un esempio):

« Luce e Amor d'un cerchio lui comprende,
sì come questo li altri; e quel precinto
Colui che 'l cinge solamente intende. » (Par. XXVII, 112- 114)

Cioè: il cerchio di luce e d'amore che è l'Empireo contiene il Primo Mobile, così come quest'ultimo comprende tutti i cieli precedenti; e solo Colui che lo avvolge, cioé Dio, intende cosa sia e in che modo operi. Appena un canto dopo, invece, l'Empireo sembra piuttosto "richiudersi su se stesso", come se esso non fosse lo spazio esterno ad una sfera (il Primo Mobile), ma piuttosto lo spazio interno ad essa!

« Distante intorno al punto un cerchio d'igne
si girava sì ratto, ch'avria vinto
quel moto che più tosto il mondo cigne;
e questo era d'un altro circumcinto,
e quel dal terzo, e 'l terzo poi dal quarto,
dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto.
Sopra seguiva il settimo sì sparto
già di larghezza, che 'l messo di Iuno
intero a contenerlo sarebbe arto.
Così l'ottavo e 'l nono; e chiascheduno
più tardo si movea, secondo ch'era
in numero distante più da l'uno;
e quello avea la fiamma più sincera
cui men distava la favilla pura,
credo, però che più di lei s'invera.
La donna mia, che mi vedëa in cura
forte sospeso, disse: "Da quel punto
depende il cielo e tutta la natura."» (Par. XXVIII, 25-42)

Dante Alighieri sta osservando il punto luminosissimo nel quale riconoscerà l'Unità e Trinità di Dio, e vicino ad esso vede girare un cerchio di fuoco ("d'igne"), tanto veloce da superare anche il moto di quel cielo (il Primo Mobile) che più rapidamente si volge intorno alla Terra. Questo primo alone è circondato ("circumcinto", latinismo) da un secondo, e questo da un terzo, e via seguitando. Il settimo è così esteso che persino "il messo di Iuno", cioè l'arcobaleno, se anche fosse un circolo intero e non un arco, quale noi lo vediamo (vedi la lezione dedicata all'Ottica), sarebbe troppo stretto ("arto") per contenerlo. Ed ognuno si muove con velocità decrescente, in proporzione del numero d'ordine di ciascuno in rapporto all'unità: il secondo ha velocità angolare pari alla metà del primo, il terzo la ha pari a un terzo del primo, e così via, proprio come il Cielo della Lunaè più veloce di quello di Mercurio, questo di quello di Venere, e così via, potenziando la simmetria tra mondo materiale ed Empireo. E risplende più limpida ("sincera") la fiamma di quel cerchio che ruota più vicino alla "favilla pura", cioè a Dio, perchè, essendo più prossimo alla perfetta Verità che Egli è, maggiormente si compenetra in essa. Il commento di Beatrice ("Da quel punto / depende il cielo e tutta la natura") riflette quasi letteralmente la formula aristotelica « Ex tali igitur principio dependet coelum et natura » (Metafisica XII, 7), ripresa da San Tommaso nella Summa Theologica; ma Dante sostituisce all'astratto "principio" il concetto di "punto geometrico" (del quale riparleremo in seguito)

Se dunque nel Canto XXVII il Primo Mobile appariva come un cielo la cui struttura fisica non è dissimile da quella degli altri cieli, cioè una sfera esterna e concentrica a quelle planetarie e stellari, immersa nell'infinità dell'Empireo, che delimita l'intero Universo visibile, appena un centinaio di versi dopo lo stesso Empireo viene raffigurato come un'altra serie di sfere concentriche, costituite dai vari ordini di angeli che ruotano a loro volta attorno ad un punto centrale che è Dio stesso. Guardando dal Primo Mobile verso l'esterno, cioè verso l'Empireo, è come se ci trovassimo a contemplare un... secondo universo, simmetrico rispetto al mondo sensibile, con nove cieli intorno a un fulcro di rotazione che resta immobile!! Nessuno ha rappresentato artisticamente questa situazione meglio di Sandro Botticelli (1445-1510), il celebre autore della "Primavera" cui Lorenzo il Magnifico nel 1490 commissionò le illustrazioni per una nuova edizione della Divina Commedia:



Curiosamente, il nostro Autore si sofferma a sottolineare con forza come non vi sia alcuna indicazione che si debba scegliere un punto particolare sul Primo Mobile per avere questa visione; anzi, Dante ci ha già avvisati che il Primo Mobile è così omogeneo ed isotropo (cioè sempre uguale a se stesso in ogni punto e in ogni direzione, che non riesce a stabilire con certezza neppure da che parte vi è entrato:

« Le parti sue vivissime ed eccelse
sì uniforme son, ch'i' non so dire
qual Bëatrice per loco mi scelse. » (Par. XXVII, 100-102)

Con questa terzina, il Ghibellin Fuggiasco vuole dirci che avremmo la stessa visione dell'interno dell'Empireo guardando "fuori" da qualsiasi punto del Primo Mobile. In altri termini, se posso dir così, l'Empireo è un Cielo che circonda l'universo sensibile, e allo stesso tempo è a sua volta richiuso a mo' di sfera intorno ad un punto. Apparentemente siamo davanti ad una contraddizione, che comunque nella geometria euclidea è impossibile da spiegare. E allora?

E allora, l'unica spiegazione possibile è quella proposta per la prima volta nel 1925 dal matematico tedesco Andreas Speiser (1885-1970) nel suo "Klassische Stücke der Mathematik": lo spazio del Paradiso Dantesco è basato su una geometria non euclidea!!!

L'ipotesi non è così peregrina come potrebbe parere a prima vista, dato che l'Alighieri aveva probabilmente più familiarità con la geometria sferica, legata alle osservazioni astronomiche, che con la geometria euclidea: forse fu questo a favorire la sua arditissima intuizione di una geometria "diversa". Ma cosa vuol dire, esattamente, "geometria non euclidea"?



Nel capitolo dedicato alla Geometria Euclidea abbiamo parlato con ampiezza del Quinto Postulato di Euclide. Fin dal tempo del suo autore, questo assioma fu oggetto di dibattiti a non finire. Se infatti i primi quattro appaiono praticamente evidenti nella loro chiara semplicità:

I) Per due punti passa una retta ed una sola
II) Un segmento che congiunge due punti può essere prolungato indefinitamente
III) Dato un punto e un segmento vi è un solo cerchio che ha l'uno come centro e il secondo come raggio
IV) Tutti gli angoli retti sono uguali tra loro

altrettanto non si può dire per il quinto, del quale si conoscono differenti enunciati, tutti equivalenti fra di loro (come è possibile dimostrare), ma nessuno dei quali appare evidente a prima vista:


Se una retta taglia altre due rette determinando dallo stesso lato angoli interni la cui somma è minore di quella di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove la somma dei due angoli è minore di due angoli retti (enunciato originale di Euclide)


Date due rette parallele tagliate da una trasversale, la somma dei due angoli coniugati interni è pari ad un angolo piatto


Data una retta qualsiasi r ed un punto P non appartenente ad essa, è possibile tracciare per P una ed una sola retta parallela alla retta r data (il cosiddetto enunciato di Playfair)


In un quadrilatero ABCD avente due angoli e retti e i lati uguali, anche gli altri due angoli sono retti (enunciato di Saccheri)


In un triangolo la somma degli angoli interni è pari ad un angolo piatto (l'enunciato da noi visto a proposito del triangolo con due angoli ottusi)

Non tutti i matematici dunque accettarono a cuor leggero l'indimostrabilità di questo postulato, e cercarono per secoli di dedurlo dai primi quattro. Tra questi vi fu Padre Gerolamo Saccheri (1667-1733), il quale nella sua opera "Euclides ab omni nævo vindicatus" ("Euclide ripulito da ogni difetto", 1733) tentò di negarlo, nella speranza di poterlo dimostrare per assurdo. Egli credette di esserci riuscito, ma in realtà aveva dedotto nient'altro che una nuova geometria, che obbediva a teoremi completamente diversi da quelle della geometria euclidea, e perciò detta geometria non euclidea. Dopo la morte di Saccheri la sua opera fu dimenticata, poiché nessuno se la sentiva di mettere in dubbio la geometria di Euclide, confortata dall'evidenza. Tuttavia il tedescoCarl Friedrich Gauss (1777-1855), uno dei più grandi matematici di ogni tempo, la riscoprì, la rivalutò e tentò di costruire ex novo una geometria non euclidea, ma non pubblicò mai i suoi risultati. A giungere per primi ad una geometria non euclidea compiuta, indipendentemente l'uno dall'altro, furono il russo Nikolaj Lobacevskij (1793-1856) nel 1829 e l'ungherese Janos Bolyai (1802-1860) nel 1832. Essi fondarono il lavoro su un postulato completamente diverso dal Quinto di Euclide:

Per un punto fuori di una retta passano infinite rette parallele ad una retta data.

Come realizzare in pratica questa strampalata geometria? In realtà è meno difficile di quanto sembri: basta chiamare "piano" quello che per Euclide è uncerchio, e "retta" ogni corda dello stesso cerchio (estremi esclusi). È facile verificare che i primi quattro postulati di Euclide valgono anche in questa geometria. Tuttavia, non vale più il famoso Quinto Postulato se definisco "rette parallele" due corde del cerchio che non si intersecano mai. Si consideri infatti la seguente figura:



Il punto P non appartiene alla "retta" AB, ma come si vede ci sono infinite "rette" passanti per P (ad esempio r1, r2, r3) che non intersecano AB, e quindi ad esse "parallele"! Questa nuova geometria viene chiamata iperbolica. Si può dimostrare che in essa valgono ancora molti teoremi della geometria euclidea: ad esempio gli angoli opposti al vertice sono congruenti, ma non è più vero che la somma degli angoli interni di un triangolo è pari a 180° (questo infatti è uno degli enunciati alternativi del Quinto Postulato): è invece sempre minore di 180°. Un'ottima rappresentazione di una geometria iperbolica di questo tipo è stata fornita dal pittore olandese Maurits Cornelis Escher (1898-1971) nella sua straordinaria opera "Limite del cerchio III" (1959): ponendoci al centro del disegno e smuovendoci verso il bordo di esso, ci restringiamo sempre di più, e per raggiungere il bordo ci occorrerà percorrere una distanza infinita, proprio come se volessimo raggiungere il "bordo" di un piano euclideo. Questa rappresentazione dell'infinito anticipa di qualche decennio la formulazione matematica del concetto di frattale ad opera di Benoit B. Mandelbrot (1924-1910).



Successivamente, sempre negando il Quinto Postulato, Bernhard Riemann (1826-1866) nel 1854 costruì un'altra geometria non euclidea, stavolta dettaellittica, in cui vale il seguente postulato alternativo:

Per un punto fuori di una retta non si può condurre alcuna retta ad essa parallela.

Come riuscire in questa impresa? Basta chiamare "piano" quella che per Euclide è la superficie di una sfera S, e "rette" i suoi cerchi massimi, ad esempio T1e T2, mentre "punti" sono le coppie di punti euclidei antipodi sulla sfera, come ad esempio E ed F nella figura seguente:



Come si vede, nessun cerchio massimo può evitare di intersecarne un altro, e dunque le rette parallele non esistono più, in accordo con il "nuovo" postulato di Riemann! Non è difficile dimostrare che in questa geometria non esistono triangoli simili, salvo quando sono anche congruenti; che da un punto ad una "retta" si possono condurre infinite perpendicolari; che due "rette" perpendicolari ad una stessa "retta" non sono parallele tra loro; e soprattutto che la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre maggiore di 180°. Infatti si consideri la superficie terrestre e si prendano il suo equatore e due meridiani separati da 90° di longitudine. Come si vede qui sotto, il triangolo ABN formato dall'intersezione di questi tre cerchi ha ben tre angoli retti, e quindi la somma dei suoi angoli interni è pari a 270°! La geometria costruita sulla superficie di una sfera è una geometria non euclidea!



Come si vede, mentre la geometria iperbolica di Lobacevskij e Bolyai sfrutta pur sempre figure piane come il cerchio che si sostituiscono al piano, invece la geometria ellittica di Riemann abbandona il piano, costruendo la sua geometria su di una superficie curva. In questo caso si tratta in effetti della superficie tridimensionale di una sfera, ma il tutto può essere generalizzato ad una "superficie ad n dimensioni", che prende il nome di varietà riemanniana n-dimensionale. Viene introdotto in tale modo il concetto di curvatura dello spazio, giacché la varietà di Riemann è manifestamente una superficie curva. In particolare, la sfera viene chiamata una "varietà di Riemann a curvatura positiva", in quanto la somma degli angoli interni di un triangolo risulta maggiore di un angolo piatto. Allora la geometria euclidea, che è costruita dentro un piano, è una geometria a curvatura nulla, mentre la geometria iperbolica prima descritta è una "varietà di Riemann a curvatura negativa", in quanto la somma degli angoli interni di un triangolo risulta minore di un angolo piatto. In pratica, la geometria costruita su una superficie sferica è sicuramente ellittica, mentre quella costruita su di un piano è inevitabilmente euclidea, e quella realizzata su di una superficie "a sella"è certamente iperbolica, come mostra lo schema seguente:



La grande intuizione di Andreas Speiser è stata proprio questa: l'universo di Dante non è uno spazio euclideo, bensì una varietà di Riemann! Ecco come si esprime egli stesso:

« Dante possiede una chiara visione globale della complessa struttura spaziale nella sua totalità. Per le nove sfere del cielo, Dante recupera la rappresentazione di Aristotele, apportando un cambiamento fondamentale che riguarda la fine dello spazio: come può essere che la sfera più distante, che appare la più grande, abbia in realtà le più piccole dimensioni? [...] Lo spazio di Dante è una varietà di Riemann con una fonte di energia che imprime ad esso la metrica » ("Klassiche stücke der Mathematik", 1925)

La forma dell'Universo di Dante secondo Speiser è quella che i matematici chiamano ipersfera, cioè una sfera avente più di tre dimensioni: nel nostro caso quattro. Il nostro cervello è incapace di figurarsi oggetti con più di tre dimensioni, ma possiamo avere un'idea del modello di Speiser se procediamo per analogia con quanto avviene nello spazio euclideo ordinario. Se consideriamo una comune sfera tridimensionale, la quale secondo i matematici ha la topologia di una due-sfera (perché sulla sua superficie si può camminare in due direzioni, nord-sud ed est-ovest), partendo dal polo sud verso l'equatore notiamo che i paralleli su di essa si allargano sempre più fino all'equatore; poi, man mano che procediamo verso il polo nord, rimpiccioliscono di nuovo fino a ridursi ad un punto. Tutti i paralleli presi globalmente costituiscono la due-sfera. Analogamente, se a partire da un punto prendiamo una serie disfere di raggio crescente, fino ad arrivare ad un valore massimo dopo il quale esse cominciano a ridursi sino a ridursi nuovamente un punto, potremo dire che tutte queste sfere hanno costruito una tre-sfera, cioè una sfera quadridimensionale con una superficie a tre dimensioni, di cui il punto iniziale rappresenta il polo sud, il punto final rappresenta il polo nord, e la sfera di raggio massimo rappresenta l'equatore. Ci accorgiamo così di avere fra le maniuna bizzarra sfera quadridimensionale, la cui superficie è costituita da una successione di infinite sfere tridimensionali! Il punto da cui partiamo è la Terra (anzi, il centro della Terra); le sfere di dimensione crescente sono le sfere dei quattro elementi e poi le sfere celesti fatte di etere, cioè il mondo sensibile; l'equatore della tre-sfera è costituita dal Primo Mobile; le successive sfere decrescenti sono i cori angelici, puramente spirituali, che costituiscono l'Empireo; il punto di arrivo è Dio.

Se ancora non siete riusciti a figurarvi una geometria di questo genere, ricorriamo ad un'altra immagine, elaborata dal giornalista Carlo Rovelli. Consideriamo la superficie della nostra Terra: una tecnica molto semplice per disegnarla su una carta geografica piana, quindi bidimensionale, consiste nel disegnare due dischi, uno comprendente i continenti dell'emisfero boreale e con il polo nord al centro, e l'altro con l'emisfero australe centrato sul polo sud. L'equatore risulterà disegnato due volte, rappresentando il bordo di entrambi i dischi. Se partiamo dal polo sud e ci muoviamo verso nord, a un certo punto attraverseremo l'equatore, e saremo costretti a "saltare" da un disco all'altro. Nella realtà non facciamo alcun salto, perché noi sappiamo bene che l'emisfero boreale, visto da chi proviene dal polo sud, "circonda" l'emisfero australe, così come l'emisfero australe "circonda" quello boreale, per chi guarda da nord. L'ipersfera può essere rappresentata in maniera del tutto analoga, disegnando due serie di sfere, una delle quali di raggio crescente rappresenta "l'emisfero australe" della tre-sfera, l'altra di raggio decrescente simboleggia "l'emisfero boreale". La sfera "equatoriale" che al tempo stesso separa e connette i due emisferi costituisce il termine della prima serie e l'inizio della seconda. Un viaggiatore che, come Dante, partirà dal centro della prima serie e salirà "di sfera in sfera" fino a questo equatore, vedrà sotto di sé un insieme di sfere concentriche, che si richiudono intorno ad un punto. Quest'altro emisfero allo stesso tempo "circonderà" e "sarà circondato" dalla prima serie!



Un'indiscutibile conferma di questa straordinaria visione quadridimensionale dell'universo ci è offerta dallo stesso Dante quando, appena entrato nell'Empireo oltrepassando il Primo Mobile, l'ultima frontiera dell'universo materiale, afferma:

« Non altrimenti il trïunfo che lude
sempre dintorno al punto che mi vinse,
parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude,
a poco a poco al mio veder si stinse » (Par. XXX, 10-13)

Il punto di luce e le sfere di angeli circondano l'Universo sensibile, e insieme sono circondati dall'Universo stesso! Nessuna altra spiegazione è possibile, se non quella che ne ha dato Speiser, e che oggi è condivisa da molti matematici e fisici. Tra questi vi è lo scienziato romeno Roman Patapievici (1957-), direttore dell'Istituto di Cultura della Romania, il quale ha fatto notare come Dante colga per un attimo l'accecante visione di Dio circondato dai cori angelici, usando gli occhi di Beatrice come uno specchio. Ma l'immagine allo specchio è simile a quella reale, solo che è invertita. Il mondo invisibile diventa allora un « calco rovesciato del mondo visibile »: l'Empireo è Teocentrico mentre il nostro Universo è Geocentrico; i cori angelici orbitano intorno a Dio a velocità sempre più alta via via che ci si avvicina a Dio, mentre i cieli accelerano via via che ci si allontana dalla Terra; l'invisibile obbedisce a norme opposte rispetto al visibile. Dalla circonferenza massima di una sfera è possibile vedere ogni suo punto, sia in direzione del polo nord che del polo sud; analogamente, dalla sfera del Primo Mobile è possibile vedere tutti i cieli planetari e la Terra guardando da una parte, tutti i cori angelici e la Trinità Divina guardando dall'altra!



Ma quanto vi ho detto fin qui non esaurisce affatto l'argomento. Se infatti Dante è stato geniale nel descrivere l'ipersfera con tanta chiarezza, oltre 500 anni prima che venissero sistematizzate le prime geometrie non euclidee, nel concepire il suo "universo a specchio", per metà avvolto intorno alla Terra e per metà attorno al punto da cui « depende il cielo e tutta la natura » (Par. XXVIII, 42), egli andò addirittura al di là, anticipando le intuizioni cosmologiche dello stesso Albert Einstein. Per scoprire insieme a me come ciò fu possibile, passate alla lezione successiva cliccando qui.

http://www.fmboschetto.it/didattica/Dante_e_la_scienza/eccelse.htm

Israele: supremo rabbino, i non-ebrei sono asini, creati per servire gli ebrei

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TEL AVIV – Nuove esternazioni del rabbino sionista Ovadia Yosef che questa volta si è veramente superato paragonando i non-ebrei agli asini e a bestie da soma, dicendo che il motivo principale della loro esistenza è “servire gli ebrei”.
Il rabbino Ovadia Yosef, la guida spirituale di Shas, un partito fondamentalista religioso che rappresenta i sionisti in Israele, la scorsa settimana ha detto durante un’omelia del Sabbath che “l’unico scopo dei non-ebrei è di servire gli ebrei”. Yosef viene considerato come un importante leader religioso in Israele, e gode della fedeltà di centinaia di migliaia di seguaci. Shas è un’importante coalizione nell’attuale governo israeliano.Yosef, che è anche un ex Capo Rabbino di Israele, è stato citato dal giornale di destra Jerusalem Post, sostenendo che la funzione base di un goy, termine derogatorio usato per descrivere un gentile, è di servire gli ebrei. “I non-ebrei sono nati solo per servire noi. Senza questa funzione, non hanno motivo di essere al mondo – esistono solo per servire il Popolo di Israele”, ha detto Yosef nel suo settimanale sermone il Sabato sera, che era dedicato alle leggi riguardanti le azioni che i non-ebrei possono fare durante il Sabbath. Secondo quanto riferisce il sito italiano Saigon2k, Yosef ha anche detto che le vite dei non-ebrei in Israele sono preservate da Dio per evitare perdite agli ebrei. Yosef, ampiamente considerato come un importante conoscitore della Torah e un’autorità nell’interpretazione del Talmud, un fondamentale testo sacro ebraico, ha fatto il paragone fra gli animali da soma e i non-ebrei. “In Israele, la morte non ha potere su di loro… Con i gentili, sarà come con ogni altra persona. Devono morire, ma Dio da loro una lunga vita. Perchè ? Immaginate se l’asino di una persona morisse, questa perderebbe i suoi soldi.” “Questo è il suo servo… Ecco perchè vive una lunga vita, per lavorare bene per questo ebreo.” Yosef ha poi spiegato meglio le sue idee sulla servitù dei gentili verso gli ebrei, chiedendo “perchè c’è bisogno dei gentili ? Questi lavoreranno, areranno la terra, mieteranno; e noi staremo seduti come dei signori e mangeremo”.“Ecco perchè sono stati creati i gentili”. Il concetto secondo cui i gentili sarebbero esseri infra-umani o quasi-animali è ben radicato nel sionismo, un qualcosa di completamente differente dalla pura ed autentica fede ebraica che non tollera simili supposizioni.
Yosef comunque non è l’unico a pensarla così. Ad esempio, i rabbini affiliati con il movimento Chabad, una setta ebraica suprematista ma nonostante ciò influente, insegna apertamente che a livello spirituale, i non-ebrei hanno lo status delle bestie.

Abraham Kook, la guida religiosa del movimento dei coloni, disse una volta che la differenza fra un ebreo e un gentile è più grande e più profonda rispetto a quella che esiste tra gli umani e gli animali.

“La differenza fra un’anima ebraica e l’anima dei non-ebrei -tutti loro ad ogni livello- è più grande e profonda della differenza che c’è fra un’anima umana e le anime del bestiame”.

Alcune delle esplicite idee razziste di Kook vengono insegnate nel college Talmudico Markaz H’arav, a Gerusalemme. Al college è stato dato il nome di Kook.

Nel suo libro, la “Storia Ebraica, la Religione Ebraica: Il Peso di Tremila Anni”, il defunto scrittore e intellettuale Israeliano Israel Shahak sostiene che ogni volta che dei rabbini ortodossi usano la parola “umano”, normalmente non si riferiscono a tutti gli umani, ma solo agli ebrei, dato che i non-ebrei non vengono considerati umani secondo la Halacha della Legge ebraica.



I terremoti si possono provocare, Nikola Tesla ci spiega come

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"L'uomo può riuscire a dividere in due i continenti,
senza esplosioni o guerre".

Nikola Tesla


È quello che disse Nikola Tesla, elaborando la teoria dellla "telegeodinamica" dopo aver scoperto le onde terrestri stazionarie.

Nel 1896, infatti, Tesla accidentalmente provocò un terremoto nella Città di New York usando un piccolo oscillatore meccanico, dal suo laboratorio di Houston Street.

Quando l'oscillatore ricevette il segnale di ritorno di un sisma longitudinale o un'onda di energia sonora, aggiunse nuova forza al ritorno, e dopo alcuni minuti questa onda era cresciuta ad livello tale che le forze oscillatorie crearono dei piccoli terremoti locali.

In quell'occasione il più grande scienziato al mondo dichiarò:

"Stavo sperimentando con le vibrazioni.
Avevo con me una delle mie macchine e volevo vedere
se riuscivo a farla sintonizzare con le vibrazioni della materia
del palazzo in cui mi trovavo.

Ho aumentato la potenza dell'oscillatore tacca per tacca.
Ci fu un suono peculiare ad un certo punto, così chiesi ai miei collaboratori la provenienza di quel suono, ma non sapevano.

Ho aumentato di un paio di tacche ancora la potenza della mia macchina. Ci fu uno scricchiolio più forte, a quel punto sapevo che mi stavo avvicinando alla vibrazione dell'acciaio
utilizzato per la costruzione del palazzo.
Spinsi la macchina ancora un pò' più in alto.

Improvvisamente tutti i macchinari pesanti che si trovavano
nelle vicinanze hanno iniziato a muoversi pericolosamente.
Ho afferrato un martello e ho rotto la macchina.
L'edificio sarebbe crollato sulle nostre teste in un paio di minuti.

Fuori, in strada c'era un pandemonio.
La polizia e le ambulanze sono arrivate.arrivarono di tutta corsa. Abbiamo detto alla polizia che dev'essere stato un terremoto... "

La Terra poteva essere dunque usata come un conduttore che risponde a vibrazioni elettriche, e questa scoperta può essere applicata nello studio della prevenzione dei terremoti e maremoti, o per provocarli e dunque come un'arma catastrofica.


«La guerra ambientale è già in atto.
Il sistema per provocare terremoti e tsunami
non è una novità per la ricerca militare»
Generale Fabio Mini

Infatti nel 2002 il Segretario americano alla difesa ammise che esistono tecnologie per alterare il clima e scatenare terremoti e eruzioni vulcaniche utilizzando delleonde elettromagnetiche.





Il messaggio che volle dare era chiaro, ossia che i mezzi tecnologici per far questoesistono e si servono dell'energia nucleare, mediante la quale poter creare la sufficiente energia per l'onda d'urto.

Foto: (Il cielo visto dal satellite il 23 agosto 2016, poche ore prima del terremoto di Amatrice)

Un colpo ben assestato ad una regione terrestre geologicamente predisposta, può generare un cataclisma. I terremoti sono legati allo scivolamento delle placche tettoniche che di trovano lungo faglie, per cui un'onda di energia che colpisce strati profondi del suolo, potrebbe sortire lo stesso effetto, creando, come fece un secolo fa Tesla, dei terremoti artificiali.


"Violentano il pianeta Terra nell’indifferenza generale.
Un’arma elettromagnetica a stelle e strisce (U.S.A)- tecnologicamente obsoleta rispetto ai sistemi di dominio e morte già inventati - capace comunque di scuotere la crosta terrestre
in punti vulnerabili ed alterare a piacimento il clima."


Ex giornalista Rai Gianni Lannes

Sono stati costruiti a tal fine negli anni settanta degli enormi generatori a compressione di flusso, cd. "Pamir", che potevano essere installati su un grosso camion.




Questo sistema "permetteva di trasmettere delle forti correnti elettriche nel suolo", e ufficialmente è stato presentato come un sistema di analisi, su grandi distanze ed a grande profondità, della conduttività elettrica del suolo. Considerando che una variazione di questa conduttività segnala l'imminenza di un terremoto, poteva essere un valido strumento per poterli provocare i terremoti. (Foto: Il cielo attraversato da onde elettromagnetiche in Veneto, il giorno dopo si avvertirono scosse di terremoto ovunque, per fortuna di lieve entità.)





I Pamir permettono di trasportare delle onde elettromagnetiche a grande profondità; viene azionato al suo centro un esplosivo chimico che interagisce con un potente solenoide ad alto potenziale magnetico. L'energia sprigionata dall'esplosione di partenza alimenta il generatore Pamir. Alcuni militare-geofisici possono così localizzare nel mondo, nei territori potenzialmente "ostili" o indisciplinati, delle "regioni sensibili" in cui un intervento mirato olosa potrebbe scatenare un sisma devastatore. (Foto: geometrie "innaturali")


Per scatenare il sisma basta allora modificare per riscaldamento la natura delcampo magnetico nel punto trattiene la faglia e ne impedisce lo scivolamento.È composto da quattro elementi identici, cd. Camere di combustione, affiancati per formare una batteria, da dei dispositivi circolari, che sono dei solenoidi, e da quattro razzi a combustibile solido, che formano il cd. "generatore di plasma." (Foto: apparecchi militari)


In meno di cinque secondi si raggiungono temperature di combustione elevatissime, superiori ai 3000°-3900°, e le camere di combustione lanciano un flusso non visibile direttamente nell'atmosfera.




I solenoidi sono dei veri e propri generatori elettrici, hanno delle resistenze circolari che prendono l'energia creata dall'esplosione, e producono un campo magnetico.

Vengono scavati , con sistemi di trivellamento installati sugli stessi camion, dei pozzi verticali sulle cui pareti vengono applicate dei cavi in ferro che faranno da elettrodi per scaricare la tensione elettrica.

La scarica viene trasmessa su una falda orizzontale in corrispondenza di uno strato di acqua. Il passaggio della corrente vaporizza l'acqua e produce un effetto di sollevamento dello strato, che va a sbloccare le placche unite da una fessura verticale.


Lo scivolamento delle placche
può allora propagarsi su grandi distanze,
con un'onda di taglio, e scatenare un sisma.


Lo stesso sistema viene utilizzato per smuovere il fondale marino, considerando che i razzi utilizzati a propellente solido funzionano molto bene nell'acqua e sotto pressione. Viene portata ad ebollizione l'acqua di un bacino acquifero, situato o sotto la superficie terrestre, o sotto il fondale oceanico, azionando un effetto "cric" , per poi far detonare al di sotto della faglia un ordigno nucleare.

Tali interventi sono molti ricorrenti nei pressi delle piattaforme petrolifere off shore o delel zone costiere, e vanno a creare una nuova forma di guerra in cui per indebolire un avversario vengono ricreati dei "fenomeni naturali" .


Infine, bersaglio di queste operazioni sono anche ivulcani attivi, che hanno un meccanismo interno analogo a quello di una geiser: raggiunta una temperatura soglia tale da innalzare la pressione, avviene l'esplosione e la colata di magma. Lemicroonde inviate su basse frequenze, capaci di portare dell'energia termica a grande profondità, scaldare il magma e di rendere il sistema instabile, se è vicino al suo punto critico.

Gravi tragedie hanno colpito l'umanità, eventi naturali che si traducono in catastrofe soprattutto perchè spesso i più colpiti sono i paesi in via di sviluppo, o i poveri della Terra: tsumani, terremoto in Iran, eruzioni inquietanto, potremmo nascondare qualcosa, ben più terribile del cambiamento climatico e dell'influsso della luna.


Fonte: http://etleboro.blogspot.it/2006/06/larma-sismica.html

Fonte 2: http://scienza-misteri.forumattivo.com/t404-la-macchina-dei-terremoti-di-nikola-tesla

http://ilnuovomondodanielereale.blogspot.it/2016/08/i-terremoti-si-possono-provocare-nikola.html

René Guénon, Il Re del Mondo. IX - L’«Omphalos» e i betili

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IX - L’«Omphalos» e i betili


Stando a quel che riferisce Ossendowski, il «Re del Mondo», in tempi lontani, apparve più volte in India e nel Siam «benedicendo il popolo con una mela d’oro sormontata da un agnello»; questo particolare assume tutta la sua importanza se lo si accosta a quanto dice Saint-Yves del «Ciclo dell’Agnello e dell’Ariete»[1]. D’altra parte, e questo è ancora più notevole, nella simbolica cristiana esistono innumerevoli rappresentazioni dell’Agnello su una montagna dalla quale scendono quattro fiumi che sono evidentemente identici ai quattro fiumi del Paradiso terrestre[2]. Abbiamo detto prima che l’Agarttha, anteriormente all’inizio del Kali-Yuga, portava un altro nome; tale nome era Paradêsha, che in sanscrito significa «Contrada suprema», e ciò si adatta bene al centro spirituale per eccellenza, designato anche come il «Cuore del Mondo»; da questa parola i Caldei hanno tratto Pardes e gli Occidentali Paradiso. Tale è il significato originario di quest’ultima parola, e questo deve permettere di capire pienamente perché dicevamo prima che si tratta sempre, in una forma o nell’altra, di ciò che la Cabbala ebraica chiama Pardes.

D’altra parte, riferendoci ancora a quanto abbiamo spiegato sul simbolismo del «Polo», è facile anche vedere che la montagna del Paradiso terrestre è identica alla «montagna polare» di cui si parla, sotto nomi diversi, in quasi tutte le tradizioni: abbiamo già menzionato il Mêru degli Indù e l’Alborj dei Persiani, come anche il Montsalvat della leggenda occidentale del Graal; citeremo ancora la montagna di Qâf degli Arabi[3] e anche l’Olimpo dei Greci che, per molti aspetti, ha lo stesso significato. Si tratta sempre di una regione che, come il Paradiso terrestre, è divenuta inaccessibile all’umanità comune e che è situata al di fuori della portata di tutti i cataclismi che sconvolgono il mondo umano alla fine di determinati periodi ciclici. Questa regione è veramente la «contrada suprema»; del resto, secondo certi testi vedici e avestici, la sua situazione sarebbe stata, in origine, polare, anche nel senso letterale della parola; e nonostante il variare della sua localizzazione attraverso le diverse fasi della storia dell’umanità terrestre, essa rimane sempre polare in senso simbolico poiché rappresenta essenzialmente l’asse fisso intorno al quale si compie la rivoluzione di tutte le cose.

La montagna, naturalmente, raffigura il «Centro del Mondo» prima del Kali-Yuga, quando cioè esso esisteva apertamente, in certo senso, e non era ancora sotterraneo; essa corrisponde dunque a quella che si potrebbe chiamare la sua situazione normale, al di fuori del periodo oscuro le cui condizioni particolari implicano una specie di rovesciamento dell’ordine stabilito. Bisogna aggiungere che, al di là di queste considerazioni in riferimento alle leggi cicliche, i simboli della montagna e della caverna hanno entrambi la loro ragion d’essere e che vi è tra di essi una vera complementarità[4]; quanto alla caverna, la si può considerare come situata all’interno della montagna stessa, o immediatamente al di sotto di essa.

Vi sono anche altri simboli che, nelle tradizioni antiche, rappresentano il «Centro del Mondo»; forse uno dei più importanti è quello dell’Omphalos, che si ritrova anch’esso presso quasi tutti i popoli[5]. La parola greca omphalos significa «ombelico», ma designa anche, in generale, tutto ciò che è centro, e in particolare il mozzo della ruota; in sanscrito, la parola nâhbi ha similmente queste diverse accezioni e lo stesso accade, nelle lingue celtiche e germaniche, per le parole derivate dalla medesima radice, che vi compare nelle forme nab e nav[6]. D’altra parte, in gallese, la parola nav o naf, che è evidentemente identica a queste ultime, ha il significato di «capo» e si applica anche a Dio; l’idea qui espressa è dunque quella del Principio centrale[7]. Il senso di «mozzo», del resto, ha un’importanza tutta particolare perché la ruota è dappertutto il simbolo del Mondo che compie la sua rotazione intorno a un punto fisso, il quale simbolo, perciò, deve essere avvicinato a quello dello swastika; ma, in quest’ultimo, la circonferenza che rappresenta la manifestazione non è tracciata, sicché il centro stesso è designato direttamente: lo swastika non è una figura del Mondo, ma piuttosto l’azione del Principio rispetto al Mondo.

Il simbolo dell’Omphalos poteva essere posto in un luogo che fosse semplicemente il centro di una determinata regione, centro spirituale, del resto, più che geografico, benché in particolari circostanze i due possano coincidere; ma, in tal caso, quel punto era veramente, per il popolo che abitava la regione considerata, l’immagine visibile del «Centro del Mondo», così come la tradizione propria di quel popolo non era che un adattamento della tradizione primordiale sotto la forma che meglio conveniva alla sua mentalità e alle sue condizioni di esistenza. Il più conosciuto, generalmente, è l’Omphalos del tempio di Delfi, il quale era davvero il centro spirituale della Grecia antica[8]; senza insistere su tutte le ragioni che potrebbero giustificare tale asserzione, faremo notare soltanto che proprio là si riuniva, due volte all’anno, il consiglio degli Anfizioni, composto dai rappresentanti di tutti i popoli ellenici, che costituiva, del resto, l’unico legame effettivo fra quei popoli, legame la cui forza risiedeva appunto nel suo carattere essenzialmente tradizionale.

L’Omphalos, di solito, era materialmente rappresentato da una pietra sacra, che spesso viene chiamata «betilo»; questa parola, probabilmente, non è altro che l’ebraico Beith-El, «casa di Dio», il nome che Giacobbe diede al luogo in cui il Signore gli si era manifestato in sogno: «E Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: Sicuramente il Signore è in questo luogo e non lo sapevo. E fu spaventato e disse: Questo luogo, come è terribile! esso è la casa di Dio e la porta dei Cieli.

E Giacobbe si levò presto al mattino, e prese la pietra che gli era servita da capezzale, la eresse come un pilastro, e versò olio sulla sua sommità (per consacrarla). E diede a quel luogo il nome di Beith-El; ma il primo nome di quella città era Luz»[9]. Abbiamo già spiegato il significato della parola Luz; si dice poi che Beith-El, «casa di Dio», divenne Beith-Lehem, «casa del pane», la città in cui nacque Cristo[10]; in ogni caso, la relazione simbolica esistente fra la pietra e il pane è degna di molta attenzione[11]. Bisogna notare inoltre che il nome di Beith-El non viene attribuito soltanto al luogo, bensì alla pietra stessa: «E questa pietra, che ho eretta come un pilastro, sarà la casa di Dio»[12]. È la pietra, dunque, che deve essere propriamente l’«abitacolo divino» (mishkan), secondo la designazione che sarà data più tardi al Tabernacolo, cioè alla sede della Shekinah; tutto ciò si ricollega naturalmente alla questione degli «influssi spirituali» (berakoth) e, quando si parla del «culto delle pietre», che fu comune a tanti popoli antichi, bisogna rendersi conto che tale culto era rivolto non alle pietre, ma alla Divinità che in esse risiedeva.

La pietra che rappresentava l’Omphalos poteva avere la forma di un pilastro, come la pietra di Giacobbe; ma è molto probabile che, presso i popoli celtici, certi menhir avessero questo significato; e gli oracoli venivano dati vicino a simili pietre, come a Delfi, il che si può spiegare col fatto che esse erano considerate la dimora della Divinità; la «casa di Dio», del resto, si identifica naturalmente col «Centro del Mondo». L’Omphalos poteva essere rappresentato anche da una pietra di forma conica, come la pietra nera di Cibele, oppure ovoidale; il cono ricordava la montagna sacra. simbolo del «Polo» o dell’«Asse del Mondo»; quanto alla forma ovoidale, essa si riferisce direttamente a un altro simbolo molto importante, quello dell’«Uovo del Mondo»[13]. L’Omphalos, di solito, era rappresentato dunque da una pietra; talvolta però era rappresentato da una montagnola, una specie di tumulo, altra immagine della montagna sacra; così in Cina, al centro di ogni regno o Stato feudale, si elevava un tempo una montagnola di forma quadrangolare, costituita dalla terra delle «cinque regioni»: le quattro facce corrispondevano ai quattro punti cardinali, e la cima al centro stesso[14]. Cosa singolare, queste «cinque regioni» le ritroveremo in Irlanda, dove similmente la «pietra eretta del capo» era innalzata al centro di ogni regno[15].

Fra i paesi celtici, l’Irlanda è quello che fornisce il maggior numero di dati relativi all’Omphalos; un tempo, essa era divisa in cinque regni di cui uno portava il nome di Mide (rimasto sotto la forma anglicizzata Meath), che è l’antica parola celtica medion, «mezzo», identica al latino medius[16]. Questo regno di Mide, originariamente formato da porzioni prelevate sui territori degli altri quattro, era divenuto l’appannaggio, particolare del re supremo d’Irlanda, al quale gli altri re erano subordinati[17]. A Ushnagh, che rappresenta abbastanza esattamente il centro del paese, si ergeva una pietra gigantesca chiamata «ombelico della Terra», e designata col nome di «pietra delle porzioni» (ailna-meeran), perché indicava il luogo di convergenza, all’interno del regno di Mide, delle linee di separazione dei quattro regni primitivi. Vi si teneva annualmente, il primo maggio, un’assemblea generale in tutto simile alla riunione annuale dei Druidi nel «luogo consacrato centrale» (medio-lanon o medio-nemeton) della Gallia, nel paese dei Carnuti; e parimenti si impone. l’accostamento con l’assemblea degli Anfizioni a Delfi.
La divisione dell’Irlanda in quattro regni più la regione centrale, residenza del capo supremo, si ricollega a tradizioni antichissime. In effetti l’Irlanda, per tale ragione, fu detta l’«isola dei quattro Signori»[18], ma questa denominazione, come del resto quella di «isola verde» (Erin), era attribuita, in tempi anteriori, a un’altra terra molto più settentrionale, oggi sconosciuta, e forse scomparsa, Ogigia o piuttosto Thule, che fu uno dei più importanti centri spirituali o addirittura il centro supremo, durante un certo periodo. Il ricordo di quell’«isola dei quattro Signori» si ritrova anche nella tradizione cinese, il che finora non sembra esser mai stato notato; citiamo un testo taoista che ne fa fede: «L’Imperatore Yao si diede molto da fare e pensò di aver regnato nel modo ideale. Dopo che ebbe visitato i quattro Signori, nella lontana isola di Kou-chee (abitata da "uomini veri", tchenn-jen, cioè uomini reintegrati nello "stato primordiale"), riconobbe di aver guastato tutto. L’ideale è l’indifferenza (o piuttosto il distacco, nell’attività "non agente") del super-uomo[19] il quale lascia che la ruota cosmica giri»[20]. D’altra parte i «quattro Signori» si identificano con i quattro Mahârâja o «grandi re» i quali, secondo le tradizioni dell’India e del Tibet, presiedono ai quattro punti cardinali[21]; essi corrispondono al tempo stesso agli elementi: il Signore supremo, il quinto, che risiede al centro, sulla montagna sacra, rappresenta allora l’Etere (Akâsha), la «quint’essenza» (quinta essentia) degli ermetici, l’elemento primordiale da cui procedono gli altri quattro[22]; tradizioni analoghe si ritrovano anche nell’America centrale.


[1] Ricordiamo che abbiamo già alluso altrove al rapporto esistente fra l’Agni vedico e il simbolo dell’Agnello (L’Ésotérisme de Dante, 1957, pp. 69-70; L’Homme et son devenir selon le Vêdânta, p. 43); l’ariete rappresenta, in India, il veicolo di Agni. ‑ D’altra parte Ossendowski indica a più riprese che il culto di Râma esiste ancora in Mongolia; dunque, contrariamente a quanto sostiene la maggior parte degli orientalisti, là troviamo qualcosa di diverso dal Buddismo. Da altra fonte ci sono state comunicate informazioni concernenti i ricordi del «Ciclo di Ram» che sussisterebbero in Cambogia; tali informazioni ci sono parse così straordinarie che abbiamo preferito non darne conto; menzioniamo il fatto solo per ricordarlo.
[2] Segnaliamo le rappresentazioni dell’Agnello sul libro sigillato con sette sigilli di cui si parla nell’Apocalisse; anche il Lamaismo tibetano possiede sette sigilli misteriosi e non pensiamo che tale accostamento sia puramente accidentale.
[3]È detto della montagna di Qâf che non si può raggiungerla «né per terra né per mare» (lâ bil-barr wa lâ bil-.bahr; si veda ciò che si è detto prima sul Montsalvat), e fra le altre designazioni essa ha quella di «Montagna dei Santi» (Jabal el-Aroliyâ), che va accostata alla «Montagna dei Profeti» di Anna Katharina Emmerich.
[4] Tale complementarità è quella dei due triangoli, disposti in senso inverso l’uno rispetto all’altro, che formano il «sigillo di Salomone»; è paragonabile anche a quella della lancia e della coppa, di cui abbiamo già parlato, e di molti altri simboli a essi equivalenti.
[5] W. H. Roscher, in un’opera intitolata Omphalos, pubblicata nel 1913, ha riunito una notevole quantità di documenti che attestano questo fatto presso i popoli più diversi; ma ha torto nel sostenere che tale simbolo sia legato all’idea che i vari popoli si facevano sulla forma della terra, perché immagina che si tratti della credenza in un centro della superficie terrestre nel senso più grossolanamente letterale; questa opinione implica un totale fraintendimento del significato profondo del simbolismo. ‑ Utilizzeremo, per quanto segue, alcune informazioni contenute in uno studio di J. Loth su L’Omphalos chez les Celtes, pubblicato nella «Revue des études anciennes» (luglio-settembre 1915).
[6] In tedesco, Nabe, mozzo della ruota, e Nabel, ombelico; parimenti in inglese nave e navel, parola che ha anche il significato generale di centro o mezzo. ‑ Il greco omphalos e il latino umbilicus provengono del resto da una semplice modificazione della stessa radice.
[7] Agni, nel Rig-Vêda, è detto «ombelico della Terra», il che si ricollega ancora una volta alla medesima idea; lo swastika è spesso, come abbiamo già detto, un simbolo di Agni.
[8] Vi erano, in Grecia, altri centri spirituali, ma più particolarmente riservati all’iniziazione ai Misteri, come Eleusi e Samotracia, mentre Delfi aveva un ruolo sociale che concerneva direttamente tutto l’insieme della collettività ellenica.
[9] Genesi, XXVIII, 16-19.
[10] Da notare la somiglianza fonetica di Beith-Lehem con la forma Beith-Elohim, che figura anch’essa nel testo del Genesi.
[11]«E il tentatore, avvicinandosi, disse a Gesù: Se sei il figlio di Dio, ordina che queste pietre divengano pane» (Matteo, IV, 3; si veda Luca, IV, 3). Tali parole hanno un senso misterioso, connesso con quanto segue: Cristo doveva sì compiere una simile trasformazione, ma spiritualmente e non materialmente come il tentatore richiedeva; ora, l’ordine spirituale è analogo all’ordine materiale, ma in senso inverso, ed è caratteristica del demonio prendere le cose a rovescio. È Cristo stesso che, come manifestazione del Verbo, è il «pane vivente disceso dal Cielo», dal che la risposta: «L’uomo non vive di solo pane, ma di qualsiasi parola che esca dalla bocca di Dio»; quel pane doveva, nella Nuova Alleanza, essere sostituito alla pietra come «Casa di Dio»; e, aggiungeremo noi, è per questo che gli oracoli sono cessati. Ancora a proposito del pane che si identifica con la «carne» del Verbo manifestato, può essere interessante notare che la parola araba lahm, che è la stessa dell’ebraico lehem, ha appunto il significato di «carne» invece di quello di «pane».
[12] Genesi, XXVIII, 22.
[13] Talvolta, e in particolare su certi omphaloi greci, la pietra era circondata da un serpente; se ne possono vedere arrotolati alla base o alla sommità delle pietre di confine caldee, le quali devono essere considerate come veri «betili». Del resto il simbolo della pietra, come quello dell’albero, altra raffigurazione dell’«Asse del Mondo», è in generale in stretto rapporto con quello del serpente; lo stesso vale per quello dell’uovo, soprattutto presso i Celti e gli Egizi. ‑ Un esempio ragguardevole di raffigurazione dell’Omphalos è il «betilo» di Kermaria, che ha la forma di un cono irregolare, arrotondato alla sommità, una faccia del quale porta il segno dello swastika. J. Loth, nello studio che abbiamo citato, ha fornito fotografie di questo «betilo» e di altre pietre del genere.
[14] Il numero 5, nella tradizione cinese, ha un’importanza simbolica particolare.
[15] Brehon Laws, citate da J. Loth.
[16] Si noti che la Cina è anch’essa designata col nome di «Impero del Mezzo».
[17] La capitale dei regno di Mide era Tara; in sanscrito la parola Târâ significa «stella» e, in particolare, designa la stella polare.
[18] Il nome di san Patrizio, conosciuto di solito solo nella forma latinizzata, era originariamente Cothraige, che significa il «servitore dei quattro».
[19] L’«uomo vero», essendo posto al centro, non partecipa più al movimento delle cose, ma in realtà lo dirige mediante la sua sola presenza, poiché in lui si riflette l’«Attività del Cielo».
[20] Tchoang-Tseu, cap. I; traduzione del Padre Wieger, p. 213. ‑ L’imperatore Yao regnava, si dice, nell’anno 2356 a.C.
[21] Qui si potrebbe fare anche un raffronto con i quattro Awtâd dell’esoterismo islamico.
[22] Nelle figure a croce, come lo swastika, questo elemento primordiale è parimenti rappresentato dal punto centrale, che è il Polo, gli altri quattro elementi, come pure i quattro punti cardinali, corrispondono ai quattro bracci della croce, che simboleggiano per altro il quaternario in tutte le sue applicazioni.

http://scienzasacra.blogspot.it/2014/04/rene-guenon-il-re-del-mondo-ix.html
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